Capitolo 6

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Fui svegliata da un suono di voci di

bambini, fievoli come il tintinnio delle

campane a vento. Le voci si fecero più

forti ed esplosero in scoppi di risa.

Ascoltai finché le risate non si

esaurirono.

Le coperte erano umide di sonno e di

rugiada e sulla federa riconobbi un

profumo familiare: era identico a quello

dei sacchettini di lavanda che la signora

Odell preparava ogni anno per regalarli

a Natale. Mi fregai gli occhi e cercai di

mettermi seduta, ma ero sprofondata nel

materasso di piume, come un uccellino

nel nido. Dopo essermi liberata, mi

sedetti e mi guardai intorno. La mia

malconcia valigia marrone appariva

fuori posto in quella stanza, su quel bel

tappeto a fiori. E i miei logori mocassini

risultavano semplicemente inopportuni

lì, sotto la delicata poltroncina antica,

con il suo bel cuscino orlato da una

balza di sangallo.

Il pensiero della mamma riaffiorò

nella mia mente. Era come se fosse

morta tanto tempo prima, quasi si

trattasse di un avvenimento ormai

confuso e sfocato, e fossero passati anni

e non giorni. Un terribile dolore mi si

diffuse nel petto quando pensai alla

signora Odell. Mi domandai se anche lei

stesse pensando a me, e se anche a lei

facesse tanto male il petto. I miei

pensieri andarono alla deriva e si

spostarono sull'avventura del

lunghissimo viaggio che avevo fatto per

arrivare fin lì e sul fatto che soltanto

poche ore prima quel cartello era

apparso sul lato della strada e mi aveva

mostrato quelle tre parole... le parole

che, lo sapevo, avrebbero cambiato per

sempre la mia vita: "Benvenuta a

Savannah".

Tutti quei pensieri mi turbinarono in

testa come coriandoli in una bufera. Mi

sentivo davvero stordita e mi lasciai

ricadere all'indietro sul cuscino, poi

chiusi gli occhi. Dovevo essermi

appisolata, perché trasalii quando una

voce tonante esplose sopra di me.

«Ti stai dormendo la vita, quassù,

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