Ero davanti allo specchio in bagno, mi
stavo facendo la coda e mi mordevo a
sangue l'interno del labbro con i denti
quando mio padre mi chiamò, dal piano
di sotto. «Ho messo la valigia e lo
scatolone dei tuoi libri vicino alla porta.
Io vado un attimo in ferramenta.»
«E chi se ne frega?» mugugnai a
mezza voce.
«CeeCee, mi hai sentito?»
«Sì!» gridai di rimando. Sputai una
boccata di sangue e saliva nel lavandino
e aprii l'acqua per sciacquare. Lo
stomaco mi fece una serie di capriole
quando attraversai l'anticamera per
tornare in camera mia. Da una pila di
libri presi un vecchio atlante geografico,
mi sedetti sul pavimento e lo aprii alla
pagina con la mappa della Georgia.
Mentre cercavo di capire quanto fosse
lontana Savannah, sentii un clacson dal
vialetto davanti a casa. Mi alzai e andai
a guardare dalla finestra, mentre la
macchina della mia prozia si fermava.
La portiera si aprì e lei scivolò giù dal
sedile. La gonna dell'abito bianco e
verde, a pois, si mosse nella brezza
lieve e un cappellino di paglia se ne
stava appollaiato in cima alla testa.
Dopo aver dato una rapida tiratina ai
guanti bianchi, venne dritta verso la
casa. Il mio cuore cominciò a
martellarmi nel petto quando bussò alla
porta.
Adesso cosa faccio? Che cosa le
dico?
La prozia bussò ancora e disse
allegramente: «Iuhuuu... C'è qualcuno
in casa?».
Feci un respiro profondo, mi sforzai
di sollevare i piedi dal pavimento e
scesi le scale con le gambe molli.
Quando aprii la porta, il sorriso della
donna andava da un orecchio all'altro.
«Cecelia Rose, ma guardati! Sei una
meraviglia!»
Io mi feci da parte. «Prego.»
Lei entrò in casa e mi porse la mano.
«So che non puoi ricordarti di me:
quando ci siamo viste eri neonata. Sono
la tua prozia Tallulah Caldwell, ma tutti
mi chiamano Tootie e mi farebbe piacere