Capitolo 5

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Ero davanti allo specchio in bagno, mi

stavo facendo la coda e mi mordevo a

sangue l'interno del labbro con i denti

quando mio padre mi chiamò, dal piano

di sotto. «Ho messo la valigia e lo

scatolone dei tuoi libri vicino alla porta.

Io vado un attimo in ferramenta.»

«E chi se ne frega?» mugugnai a

mezza voce.

«CeeCee, mi hai sentito?»

«Sì!» gridai di rimando. Sputai una

boccata di sangue e saliva nel lavandino

e aprii l'acqua per sciacquare. Lo

stomaco mi fece una serie di capriole

quando attraversai l'anticamera per

tornare in camera mia. Da una pila di

libri presi un vecchio atlante geografico,

mi sedetti sul pavimento e lo aprii alla

pagina con la mappa della Georgia.

Mentre cercavo di capire quanto fosse

lontana Savannah, sentii un clacson dal

vialetto davanti a casa. Mi alzai e andai

a guardare dalla finestra, mentre la

macchina della mia prozia si fermava.

La portiera si aprì e lei scivolò giù dal

sedile. La gonna dell'abito bianco e

verde, a pois, si mosse nella brezza

lieve e un cappellino di paglia se ne

stava appollaiato in cima alla testa.

Dopo aver dato una rapida tiratina ai

guanti bianchi, venne dritta verso la

casa. Il mio cuore cominciò a

martellarmi nel petto quando bussò alla

porta.

Adesso cosa faccio? Che cosa le

dico?

La prozia bussò ancora e disse

allegramente: «Iuhuuu... C'è qualcuno

in casa?».

Feci un respiro profondo, mi sforzai

di sollevare i piedi dal pavimento e

scesi le scale con le gambe molli.

Quando aprii la porta, il sorriso della

donna andava da un orecchio all'altro.

«Cecelia Rose, ma guardati! Sei una

meraviglia!»

Io mi feci da parte. «Prego.»

Lei entrò in casa e mi porse la mano.

«So che non puoi ricordarti di me:

quando ci siamo viste eri neonata. Sono

la tua prozia Tallulah Caldwell, ma tutti

mi chiamano Tootie e mi farebbe piacere

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