Capitolo 12 (Emily)

505 9 23
                                    


Fisso il piatto di porcellana ormai vuoto davanti a me. È decorato con stile classico dell'aristocrazia ottocentesca, con una rappresentazione di tre damigelle in un momento conviviale al centro. Il bordo, invece, è impreziosito da un decoro in oro arricchito da uno strato di smalto con effetto madreperla. Costeranno migliaia di euro e li ha usati per farmici mangiare un toast. Molto buono e nulla contro eh, ma io questi oggetti me li sarei potuta solo sognare.

"Simon, perché hai deciso di affittare una stanza?" chiedo cercando di capire il motivo dietro la sua decisione. "Hai tutto questo... tutti questi soldi. Non ne hai bisogno di altri."

Si irrigidisce. I suoi occhi si accendono di una luce che conosco bene, quella di chi sta lottando contro una tempesta interiore. "Non è per i soldi" dice bruscamente.

Resto in silenzio, aspettando che continui. Ogni conversazione con lui è come camminare su un filo sottile. 

"Allora perché?" insisto piano per non farlo arrabbiare di più. La sua tensione è palpabile, e so che basta poco per farlo esplodere.

"Non posso spiegarlo" mormora, quasi parlando a se stesso. "Non capiresti."

"Prova, magari capirei più di quanto pensi."

Si ferma e mi guarda, i suoi occhi scuri sono pieni di emozioni colorate contrastanti. C'è il verde invidia. Il rosso della rabbia e della passione che gli divorano la sua anima cristallina. Ma soprattutto è presente anche il colore viola. Il colore prediletto da chi vive tentando costantemente di sfuggire dalla realtà, immergendosi nel loro mondo ideale.

"Non è così semplice" sbotta con voce carica di frustrazione. "Non puoi capire cosa significa essere me."

Lui sospira, passandosi una mano sul viso. "Hai idea di cosa significhi essere circondato da gente e sentirsi comunque solo? Di tornare a casa e sentire solo il vuoto?" dice con voce più calma.

Annuisco lentamente, mostrandogli che lo sto ascoltando davvero. "Sì, posso immaginarlo."

"Non è solo immaginare!" grida, la voce piena di dolore. "È... è vivere ogni giorno con questa sensazione di vuoto, di non appartenere a nessun posto. E le bravate con gli amici? Cosa sono? Sono solo un modo per riempire il tempo, per non pensare."

Mi fissa per un lungo momento in silenzio, poi si siede di nuovo. "Scusa non sono bravo a parlare di queste cose," ammette pacatamente. "Ma apprezzo che tu voglia ascoltare."

Sorrido leggermente. " Non scusarti, e comunque a volte ascoltare è la cosa più importante che possiamo fare."

C'è un attimo di silenzio carico di tensione, una tensione che sembra trasformarsi in qualcos'altro. Mi guarda con un'intensità che sembra essere capace di leggermi ogni pensiero. Sento il cuore battere più forte, e non riesco a distogliere lo sguardo da quegli occhi. La sua espressione si ammorbidisce leggermente, si avvicina a me, e le sue dita sfiorano le mie. Il contatto è elettrico e un brivido mi percorre la schiena. "Unicorno" sussurra, la sua voce è più bassa e roca. "C'è qualcosa che riesco a dire, qualcosa che non richiede l'uso delle parole."

Il mio respiro si fa più rapido mentre le sue mani si posano delicatamente sui miei fianchi, tirandomi verso di lui. 

La mia mente è un turbine di emozioni, confusa ma desiderosa. Avvicino il mio viso al suo, sentendo il calore che emana.

Le sue labbra sono a un soffio dalle mie, mentre i nostri respiri si mescolano. Chiudo gli occhi, aspettando quel bacio che sembra inevitabile. Ma all'ultimo momento, Simon si allontana bruscamente, lasciandomi con un vuoto improvviso.

IL CUSTODE DELLE STELLEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora