16. Solo te stessa

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Questo lunedì, noi del gruppo C, non siamo andati al Campo Base. Ci siamo ritrovati in piazza con le nostre biciclette personali e con esse abbiamo raggiunto l'inizio di una via di campagna, di quelle secondarie alla strada principale.

Abbiamo consegnato i nostri zaini a Camilla e Federica che li hanno sistemati nelle macchine e Matteo ci ha fornito caschi e ginocchiere di sicurezza.
Roberto invece ha consegnato le solite bandiere a me (che ho legato al polso) e a Daniele (che invece ha legato intorno alla testa).

La sfida consiste nel percorrere la via, circondata da alberi e sterpaglie, e arrivare alla meta prima degli altri.
La conosciamo bene tutti quella strada: dopo un lungo tratto dritto e piano, dobbiamo affrontare una salita. Una volta in cima, la strada procede con molte curve per poi diventare nuovamente dritta. Una discesa poco ripida finisce nel piazzale del Santuario Della Vergine, concludendo il percorso.
La squadra che, entro un determinato tempo, avrà concluso il percorso con più membri, vincerà.

"Non fatevi prendere dalla fretta, state attenti. Divertitevi e non prendetela troppo sul serio" ammonisce Matteo, guardando me e Daniele in particolare.
Fermi, in sella alle nostre biciclette, davanti alle nostre squadre, ci scambiamo uno sguardo senza sorridere.

"Ti farò mangiare la mia polvere" dice Daniele, mentre mi stritola la mano
"L' unica cosa che mangerò sarà il mio pranzo, servito da te" ribatto, ricambiando la stretta
"Perdente" insulta
"Rammollito" rispondo
"Incapace"
"Inetto"
"Zuccona"
"Babbeo"
"Cretina"
"Deficiente"

"Hem, hem..."
"Che c'è?" quasi urliamo, nello stesso momento, voltandoci verso Matteo che ci chiede "Avete finito?"

Tutti ridono e anche a me viene voglia di farlo, ma resisto con forza, stringendo le labbra e guardando altrove.
"Allora, pronti?" sorride Matteo
"Si" rispondiamo, lasciandoci le mani.

La prima parte è la piu facile da affrontare e, testa a testa, spingiamo sui pedali con forza scambiandoci occhiatacce. Ogni tanto ci superiamo a vicenda ma nel tratto in salita, ho più difficoltà e resta avanti sempre lui.

Devo dire che la vista dei suoi muscoli delle gambe, delle braccia e della schiena non mi dispiace affatto.
Rido per quello che sto pensando e lui si gira a guardarmi.
"Ché ridi?" mi chiede
"Niente. Mi piace il panorama" dico.
Quando sono agitata, in imbarazzo e insicura non riesco nemmeno a fare finta di mentire.
"Se ti piacciono le sterpaglie..." dice.

"Levatevi di mezzo, capitani!" giunge la voce di Marika.
Come una pazza scatenata, ci supera entrambi e dietro di lei Manuel la insegue, con la stessa furia "Non vincerai Marika!!" urla.

"Cavolo! E poi Matteo sgrida noi. Ma gli ha visti quei due?" ride Daniele.
Ci guardiamo, pedalando fianco a fianco ora e ridiamo.
Non riesco a staccare gli occhi dal suo sorriso, accidenti!
E lui che continua a guardarmi dritto negli occhi non mi aiuta.

La ruota davanti della mia bicicletta, incontra una piccola pietra e quel sobbalzo improvviso, mi destabilizza: mi faccio male al piede sinistro, alla caviglia.
Ma niente di grave: riesco ancora a pedalare.

Daniele ride "Arriverai al traguardo sana e salva?" commenta
"Certo! E tu mi vedrai bene perché sarò lì ad aspettarti" ribatto, aumentando il ritmo della pedalata e sorpassandolo
"Non credo proprio! Addios!" saluta con la mano e mi supera, distanziandomi di molto
"Si dice Adiós!" correggo, saccente.
Mi becco un dito medio.

Delle fitte fastidiose mi colpiscono il piede: il colpo che ho preso alla caviglia pare essere più serio di quello che credevo. Sbando verso la campagna e impanicata dalla sensazione di bruciore, non freno in tempo la mia veloce corsa ed esco fuori strada.
Sbatto con la spalla destra prima e con la testa un secondo dopo su un grosso albero; la caviglia subisce un altro colpo quando poggio il piede a terra.
Urlo appena il mio dolore triplo, seduta a terra, ad occhi chiusi.

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