3

14 2 0
                                    

Segni di un pallido bluastro le cerchiavano gli occhi. Emilia sospirando cercò di nasconderli con una leggera spolverata di cipria. Era da notti che il suo sonno era disturbato da incubi ricorrenti. Si era bagnata il viso con l'acqua ghiacciata sperando che potesse scacciare la stanchezza. Il cinguettio degli uccellini era stato la sua sveglia. Poiché la finestra della sua camera dava direttamente sulla quercia in giardino li aveva potuti intravedere tra le fronde dell'albero. Passerotti perlopiù, in compagnia di due merli. La primavera non era una delle sue stagioni preferite, ma il conforto dei colori l'appagava sempre. Non era ancora in grado di catturare con i pennelli i diversi calibri della luce che tingevano il mondo nelle diverse stagioni, ma ne era pur sempre affascinata. I raggi solari a quell'ora del giorno faticavano ad entrare. La camera sarebbe rimasta nell'ombra per tutta la mattina. Emilia aveva progettato di andare a scrivere nella veranda del piccolo cortile interno alla villetta di città. Era uno spazio curato che germogliava di vita e sfumature. Calmo e pacifico era sempre caratterizzato dalla presenza di una brezza gentile che sfiorava la pelle rendendo il luogo sempre fresco, anche in estate. Scese le scale con il suo taccuino, ormai logoro per l'usura, e la penna stilografica che le era stata regalata il giorno del suo quindicesimo compleanno.
La scala scricchiolava lievemente sotto i suoi passi. Erano appena le sette e un quarto del mattino e la casa ferveva già delle attività della servitù: cameriere che spolveravano e sbattevano i tappeti, maggiordomi che cambiavano l'acqua ai vasi dei fiori appena colti.
Un profumo di caffè e paste l'avvolse non appena raggiunse il primo piano, il suo stomaco brontolò piano. In sala da pranzo trovò lo zio, la testa inabissata nelle pagine del giornale e una tazza di tè ormai freddo dinanzi a sé.
"Ah la politica" commentò quando si sedette. "Qualcosa la cui comprensione continuerà a sfuggirmi" aggiunse riponendo il giornale.
Come suo padre, lo zio era più incline a dibattiti scientifici che politici. A Emilia sarebbe piaciuto poter commentare anche lei di temi del genere. Esprimere liberamente la sua opinione a riguardo ma sapeva che non sarebbe stata ascoltata o che avrebbe ricevuto sorrisini di circostanza. Come se il suo cervello non fosse in grado di esprimersi correttamente a riguardo.
Non sarà così per sempre, si augurava, per poi rammaricarsi rendendosi conto che lei in primis non stava fornendo alcun contributo a tale causa. Aveva sentito dei movimenti che erano sorti in Inghilterra. Donne che lottavano per il diritto al voto, le suffragette. Schernite e derise. Acclamate e sostenute. Emilia sospirò e mise nel piatto una mela e una brioche alla marmellata. Si versò una tazza di caffè senza zucchero soffiandoci sopra per raffreddarlo. Fu tra le volute del fumo che salivano dal liquido bollente che le parve di intravedere una figura minuta vicina al tavolo. Ma dopo un battito di ciglia era già scomparsa. Rabbrividì piano mentre l'incubo avuto riaffiorava alla mente, nulla di quello che si stava immaginando era o era mai stato reale. Era solo stanca e dotata di una fervida immaginazione. L'unica sua preoccupazione era terminare, o almeno provare a giungere alla metà della storia che stava cercando di scrivere.
Comunicare: questa è l'intenzione che si ha nel momento in cui si apre bocca per parlare, si appoggia la mano sulla carta per scrivere o la punta del pennello sulla tela per dipingere. La comunicazione era sempre stata vista da Emilia come un ponte. Un ponte tra mondi e culture differenti che poteva far innalzare così come distruggere relazioni, opinioni o carriere.
Terminata la colazione salutò lo zio, ancora intento a leggiucchiare il giornale e a sbocconcellare una brioche alla marmellata, spinse indietro la sedia facendo perno sui bordi del tavolo e si alzò cercando di non inciampare nella gonna come le accadeva sovente quando tentava di sembrare aggraziata nei movimenti. Percorse brevemente il corridoio per poi svoltare nell'ampio soggiorno dei ricevimenti che dava direttamente sul giardino, accessibile da ampie portefinestre alte fino al soffitto. Una cosa che le piaceva della casa degli zii era che, per quanto fosse affiancata da altre e più importanti residenze, era stata costruita in modo tale da far entrare sempre luce naturale al suo interno. Uscì all'aperto e dopo aver respirato l'aria fresca mattutina si sedette su una sdraio poco distante, aprì il taccuino, svitò il tappo alla penna e rilesse le ultime due pagine che aveva scritto. Aveva appena appoggiato il pennino alla carta ruvida della pagina quando si bloccò.
Non aveva la minima idea di come proseguire.

La Carrozza dei SussurriDove le storie prendono vita. Scoprilo ora