Gocce d'acqua scorrevano sul suo volto come lacrime, i capelli umidi le ricadevano in ciocche scomposte davanti agli occhi come fiori appassiti. Le guance leggermente scavate insieme alle leggere occhiaie violacee sotto gli occhi le ricordavano uno di quei fantasmi illustrati in un libro che aveva letto da bambina e che l'aveva al contempo terrorizzata e incuriosita. Emilia rabbrividì stringendosi al corpo l'accappatoio morbido e profumato di bucato. Erano ormai le dieci di sera quando aveva deciso di fare un lungo bagno caldo. Il vapore alleggiava ancora nella stanza. Emilia avrebbe dovuto cambiarsi e scivolare nella camicia da notte per concedersi finalmente un po' di riposo, ma la sua mente non le dava tregua. Il groviglio di pensieri non si decideva a districarsi. La ragazza appoggiò la fronte contro la fredda superficie dello specchio, interrompendo il contatto visivo con se stessa. Non valeva nulla. Come poteva contare qualcosa se tutto quello che aveva fatto nella vita era stato rifugiarsi in biblioteca e rifuggire a qualsiasi possibilità di affermarsi in società? Come poteva dire di star facendo la differenza se non alzava mai la voce dinanzi a un'ingiustizia? Perché non riusciva a fare di più? Cosa le impediva di fare di meglio?
"Cosa ne sto facendo di me stessa?" mormorò a un tono di voce così basso che lei stessa a stento riuscì a percepirlo. I pensieri richiamavano altri pensieri a loro inanellati. L'acqua che sempre più la tirava giù. Non conti nulla, non vali nulla, non meriti affatto la posizione di privilegio che rivesti, chi sei tu? , chi sei tu?, chi sei tu?... "Basta, basta!". Perché non riusciva a zittirla? Una marea che si alzava e si abbassava un blu oceano che piano piano la circondava. Una verità che pesava come un macinio. Non era in grado di vivere. Si strinse ancora di più nell'accappatoio fino a sentire le cuciture stridere. La ragazza scivolò a terra tenendosi la testa sulle mani. Ignorando il contatto freddo delle piastrelle sulla pelle, si impose di guardare un punto fisso qualsiasi e di aspettare che la marea si calmasse.
Anna sapeva che la stava osservando. Lo faceva ogni notte dall'una alle due. Al rintocco esatto dell'orologio la sua presenza si faceva viva, i suoi occhi dorati si aprivano per scrutarla, vegliarla. Anna non ne era spaventata. Erano ormai passati quasi cinque anni dalla sua prima comparsa. All'inizio ne era rimasta turbata per poi pian piano abituarsi alla sua presenza rassicurante. Non faceva parte del Cerchio, ne tanto meno partecipava alle loro merende ma Loro sembravano conoscerlo. Svanivano in rivoli di fumo ogni volta che appariva all'ombra dell'imponente armadio, quasi a nascondersi.
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Il mondo sembrava ripulito dalla luce grigia che a volte lo avvolgeva. Il sole mattutina di aprile pareva rivestire di una patina scintillante e calma ogni oggetto, uomo, animale o vegetale che toccasse. Emilia sbocconcellava una mela mentre se ne stava seduta in veranda a leggere un libro. Poteva sentire Anna che ripeteva la lezione di storia al professor Masi. Non era più scomparsa dall'ultima volta, forse intimorita dalle 10 bacchettate sui dorsi delle mani che aveva ricevuto. Eppure lo zio insisteva che sarebbe accaduto di nuovo. Più volte episodi del genere si erano verificati e nonostante i castighi Anna era sempre rimasta fedele alla sua indole "ribelle e da povera orfana" come l'aveva definita lo zio.
Emilia era svuotata, persa. Sentiva che non stava facendo altro che tenersi le mani in mano. Non si stava applicando nello studio di alcuna materia, non stava proseguendo con il suo romanzo ed era una ragazza con una voce e dei privilegi che era però incapace di usare. Avrebbe voluto essere di più. Avrebbe dovuto impegnarsi di più.
Anna si stava annoiando. Il che non era una novità. Non comprendeva ancora il motivo per cui studiare fisica fosse così importante per la se del futuro. Si intratteneva guardando fuori dalla finestra aperta della biblioteca pensando a come si dovessero divertire i merli e i passerotti che si rincorrevano nel cielo. A quanta pace ci sarebbe stata sul ramo maestro della magnolia in giardino dove ora si era sistemato Lupo. Era uno dei suoi posti preferiti per rilassarsi, seppur Anna avesse potuto giurare che il suo sguardo non l'aveva persa neanche per un secondo da quando era entrata nella stanza. Sorrise a Lupo e lo salutò con la mano mentre il professor Masi era girato di spalle a scrivere formule su una lavagna a gesso blaterando di numeri e calcoli. Da storia erano ritornati alla lezione di fisica che Anna aveva interrotto con la sua piccola fuga alla ricerca di tè e biscotti. Era stato facile sgattaiolare via dal signor Masi, un po' perché era abituata a scomparire senza che nessuno la notasse, un po' perché il suo insegnate si perdeva spesso nei suoi discorsi, girato di spalle e fronteggiando la lavagna, quasi che fosse essa la sua studentessa. L'uomo aveva un naso adunco e un inizio di calvizie sulla fronte. Degli spessi occhiali dalla montature fine rimanevano sempre in bilico sulla punta del suo enorme naso da tucano. Spesso la sua camicia aveva delle piccole macchie di caffè e a volte il papillon blu era un po' storto, ma in fondo Anna non aveva da lamentarsi. Il Signor Masi era sì un uomo severo ma anche divertente e sbadato nonostante sembrasse non accorgersene. Anna doveva però ammettere che ogni tanto si sentiva sola. Quando era in orfanotrofio per lo meno aveva delle compagne di classe a farle compagnia seppur con loro non parlasse quasi mai. La interpellavano solitamente per chiederle i compiti di matematica e per riempirla di complimenti dopo che lei gli aveva passato il suo quaderno degli esercizi. Si sentiva importante quando la rivestivano di frasi come : "Quanto sei intelligente Annetta cara", "Vorrei proprio avere la tua capacità di capire i numeri", "Ti invidio parecchio sai?" "Come faremmo senza di te" e risatine a seguire. E poi tutto si spegneva. Loro ritornavano a giocare tra di loro senza mai invitarla, a chiacchierare e ridere in gruppo per poi guardarla male quando chiedeva se potesse unirsi ai giochi. Ci aveva fatto l'abitudine dopo un po'. Eppure continuava a passare loro i compiti pur di sentirsi rivolgere la parola ogni tanto. A dirla tutta forse non le mancavano veramente le suo compagne di classe, forse le mancava solo la compagnia di un amico o amica.
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La Carrozza dei Sussurri
ParanormalUna giovane donna imprigionata nei meandri della sua mente. Immersa in un mare di pensieri. Una bambina sola che vede ombre e le conosce per nome. Biscotti e tè a merenda, indispensabili per accogliere chi la carrozza ospita. Anna ed Emilia sono cu...