8. Quando lo farò.

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Manuel ad andare in trasferta era sempre stato abituato, sin dall'inizio della sua carriera. Anzi, inizialmente le trasferte erano una scusa per potersi allontanare da Roma ed avere una parvenza di indipendenza che non aveva mai, quindi quasi non vedeva l'ora che arrivassero quelle due settimane al mese per poter partire.

Non era mai capitato, però, che a Roma lasciasse qualcuno di importante oltre a sua madre.

Non che non volesse partire, ma era comunque strano il pensiero di andare via con la consapevolezza che qualcuno aspettava aggiornamenti da parte sua anche solo per sentirlo. Era strano anche il pensiero di tornare a casa due giorni dopo sapendo che ci sarebbe stato qualcuno felice di rivederlo.

Per Manuel era sempre ruotato tutto intorno al calcio e alla vita con sua madre e ora non sa come comportarsi con questo cambiamento, non ha idea se debba sentirsi felice o debba avere paura di non essere all'altezza per garantire una stabilità a Simone, partendo dal fatto che la loro relazione sia nascosta.

«Ao, ma Manuel se lo semo scordato?»

È la voce di Lorenzo a costringerlo a distogliere lo sguardo dal finestrino del pullman, che solitamente è sempre lui a fare più casino all'interno del gruppo, ma quel giorno l'unica cosa che ha fatto è stato uno sgambetto ad Javier mentre passavano davanti alle riprese del social media manager.
Alza la testa verso il resto dei ragazzi e Dario, seduto affianco a lui, si limita ad aprire un occhio per guardarlo senza dire niente.

«Pe 'na volta che non sfondo er pullman, Sandro è contento.» Dice accennando un sorriso. «Vero Sa'?» Alza la voce per farsi sentire dall'uomo alla guida, che annuisce.
«Me pare 'n sogno.» Risponde, facendo ridere tutti. Manuel anche ridacchia, tornando con la schiena sul sedile. Solo dopo aver riabbassato lo sguardo nota Dario che ha ancora un occhio solo aperto e non accenna a smettere di guardarlo.
«Ma stai a dormi' così o-»
«No, te sto a guarda'» Risponde l'amico, con sguardo inquisitorio.

Sembra quasi studiarlo e Manuel aggrotta le sopracciglia davanti a quell'espressione perplessa, che Dario tende a mettere su solamente quando è fermamente convinto di una cosa. È un espressione che non compare per caso sul suo volto, solitamente dietro quella faccia ci sono giorni e giorni in cui Dario ha rimuginato su qualcosa e quello è solo il momento in cui esterna il pensiero.

Per questo Manuel aspetta, non dice niente mentre James decide di prendere in mano il ruolo di animatore quel giorno e la confusione nel pullman inizia a crescere. E più loro due stanno in silenzio, più quel gioco di sguardi diventa a tratti comico, fino a far aprire anche l'altro occhio a Dario e farlo sbuffare.

«È successo qualcosa quando Simone è venuto a aiutatte.» Sentenzia, Manuel non ha nemmeno il tempo di aprire bocca, però. «È facilmente intuibile, pure, non serve che me dici che avete solo sistemato le posate.» Continua. «E sta cosa è annata avanti.»
«Ao-» Manuel, col senno di poi, si pente di aver pronunciato anche solo quelle due lettere, perché lo schiaffo che gli arriva in petto lo fa gemere, oltre a farlo dubitare di avere qualche costola rotta. «Ao ma sei scemo?» Si lamenta, massaggiandosi la zona colpita.
«Te non m'hai detto 'n cazzo e io mo te lascerei qua a fa' raperonzolo che guarda er mondo co aria sconsolata dalla torre.» Dario non si scompone mentre pronuncia quelle parole. «Ma per tua fortuna, sicuramente non mia, so er migliore amico tuo e dopo avette menato devo rimane' qua a ascoltatte blatera' un sacco de stronzate.»
«A me non me pare na cosa così conveniente.»
«Dovrebbe, me sto a gioca' er riposino pe sentitte inventa' problemi.»

Manuel sbuffa e la voce di Dante che cerca di calmare i ragazzi risuona per un attimo nelle casse del pullman, per poi essere sovrastata dalle proteste.

Sogni affittati. | Simuel.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora