PARTE II

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E' cosi tremendamente fastidioso riuscire finalmente a chiedere aiuto e non notare alcun tipo di interesse verso le persone circostanti, precipitare incessantemente nell'oblio senza aver qualcosa a cui aggrapparsi, e cadere, e cadere...sempre più giù, sommersa dal buio. Ormai privata della voce con cui gridare, osservi in stato di dormiveglia tutte le altre anime che stanno per cadere nel vuoto. Ti soffermi su una in particolare e la vedi sul punto di sprofondare, fino a quando, proprio poco prima dell'atto, viene sorretta da un numero non esageratamente grande di persone ma comunque in grado di salvarla. Ed è lì che nasce in te uno strano sentimento, quale l'invidia. Ti domandi costantemente cosa ci sia di sbagliato in te per non essere degna di risalire in superficie, cosa debba mai avere una tale anima di cosi straordinario per meritarsi la salvezza; devo essere un tale demonio per non essere stata sostenuta da nessuno. Merito quello che m'accade. Manipolare, sfruttare, ferire, deludere. Non ho alcun limite ne controllo, tantomeno ritengo di avere più un senso del pudore o un'etica. Agisco con sconsideratezza e non me ne pento minimamente, almeno una parte di me. È lei ad aver preso il controllo della mia tastiera ora, quindi nel caso ciò che scriverò in questo momento non rispecchierà e anzi andrà addirittura a contraddire ciò che esprimerò successivamente, non consideratelo in maniera eccessiva. Infatti, come sapete, l'altra versione di me di fronte ad un simile comportamento non avrebbe retto la vergogna e l'estremo disgusto e probabilmente si sarebbe suicidata, o ci avrebbe almeno provato.
Ho sempre sofferto la solitudine, e mi sono a lungo chiesta come mai i miei coetanei si allontanassero da me nonostante mi comportassi nella miglior maniera. Ho formulato una mia teoria a riguardo, e cioè che non sono stata programmata per essere un animale sociale. Il loro modo di divertirsi mi è sconosciuto, tale è quello di esprimersi e comportarsi. Insignificanti e senza un minimo di personalità, seguono una sorta di sovrano e lo assecondano in ogni azione se pur sconsiderata. Estremamente patetico. Il mondo sarebbe sicuramente un posto migliore se tutti questi agghiaccianti esemplari cessassero di esistere. Per via della loro stupidità, non apporterebbero nessun beneficio alle generazioni future o quantomeno alla loro vita privata. Per suddetto motivo, essendo io invece un essere nettamente superiore e con un minimo di cultura personale, mi sono presa l'incarico di sterminare questi individui in un futuro prossimo, cosi da depredare la terra da tutte le sue impurità.
A causa della mia malsana convinzione, dettata soltanto da un egocentrismo patologico, ero arrivata al punto da non ritenere nessuno degno della mia amicizia o, semplicemente, per via del mio essere diversa da ciò che veniva definito come "normalità" tra gli adolescenti, perciò quasi tutte le volte mi sentivo bene soltanto stando sola. Ero l'unica con un'esperienza e capacità tale da potermi comprendere, non mi sentivo giudicata per via del mio modo di essere, e non correvo il rischio di farmi del male o farlo a qualcuno. La ripugnanza nei miei confronti mi avvolgeva ogni volta che cercavo di chiedere aiuto, come se una voce interiore mi ripetesse di essere una persona debole ed incapace, cosicché fino a questo momento, non ho mai permesso a nessuno di rendermi vulnerabile, come un uomo ferito che tenta di fuggire da gli squali.

La mia vita, come l'anima nell'oblio, precipitava lentamente e senza interruzioni, e venivo avvolta dalle fiamme che ardevano dentro di me, bruciando la mia carne, e non vi era niente e nessuno che potesse spegnere il fuoco che m'aveva coperta. Ed ecco come, in un instante, questa diventò pari alla morte.
Tutto ciò che avevo vissuto fino a quel momento aumentava di intensità, e con lui il mio senso di inadeguatezza e non appartenenza a questo mondo, il quale venne però superato da un male ben peggiore, che mi disorientava e sfiniva non poco. Non so dire con certezza quando né come sia iniziato, fatto sta che senza poter comprenderne l'origine, mi ritrovai a dover fronteggiare due opposte fazioni nel mio petto. L'una, mi portava ad uno stato di disperazione tale da non trovare la motivazione né il senso di fare anche la cosa più banale, non vedevo più un futuro davanti a me ed era diventato estremamente faticoso anche solo alzarmi dal letto, come se ad ogni passo i miei piedi si facessero sempre più pesanti e sprofondassero nel pavimento. Ma la cosa più dolorosa che abbia mai provato in quella circostanza era il vuoto.
Il senso di vuoto è un lancinante dolore al petto persistente, come se venissi trafitto contemporaneamente da innumerevoli coltelli e qualcuno li rigirasse più volte nella tua carne, che ti colpisce sotto lo stomaco e raggiunge il cuore.

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