Capitolo 12

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«Azraphel fai qualcosa, ti prego!» Lo implorava, la voce spezzata e la disperazione in quei suoi occhi gialli.
L'angelo, dal canto suo, non aveva assolutamente idea di cosa fare. Che Halley si risvegliasse proprio in quel momento non l'aveva preventivato, e quello avrebbe richiamato tutte le forze del Paradiso lì in pochissimo tempo.
Stava per schioccare le dita e far cadere la bambina in uno stato di sonno profondo ma, così come quello stato di trance era iniziato, questo finì.
Gli occhi della bambina tornarono di quell'adorabile azzurro intenso, le luci smisero di brillare come il Sole nel suo primo giorno di esistenza, e le voci gutturali provenienti da solo Satana sapeva dove, cessarono il loro lamento.

La prima cosa che la bimba vide furono gli occhi di suo padre, gonfi e pieni di lacrime. Dopo, le mani, ustionate quasi fino all'osso.
«Papà... Cosa-» Crowley l'abbracciò più forte che poté, senza curarsi delle lacrime e delle fitte lancinanti, felice che pure la voce della sua bambina fosse tornata come prima di quell'orribile episodio.
«Halley... tesoro mio, va tutto bene.»

*

«Crowley, ascoltami.» Si azzardò a parlare l'angelo dopo qualche secondo; avrebbe voluto lasciare che il demone si riprendesse, così come Halley, ma non avevano il lusso di potersi permettere un solo minuto in più.
«No. Non voglio ascoltarti.» Il rosso non accennava a volersi staccare dalla figlia.
«Ora io e Halley ce ne andremo. Non mi interessa del Paradiso, dei suoi piani, o di quello che mi vuoi dire. Avresti potuto farlo prima, ma non l'hai fatto, e ora Halley è in pericolo, a causa tua.» Ci tenne a scandire bene le ultime parole. Doveva sapere che era colpa sua. Quando era furioso, con lui.

«Causa mia?! Tu non hai idea di cos'ho fatto io per-»
«NO. E non mi interessa.» Lasciò la presa sulla bambina e in una frazione di secondo Azraphel si ritrovò gli occhi del demone a pochi centimetri dai suoi.
«Ora noi ce ne andiamo. Fine della discussione.»
Uno schiocco di dita e un'enorme tomo nero comparve tra le mani del demone.
«Andare? E dove?» Scesa della sedia, Halley affiancò il padre, il tono della voce a tradire una certa preoccupazione.

«Alpha Centauri. Staremo bene lì, solo noi due.» Disse, come se fosse la cosa più semplice e naturale del mondo.
«Ma... E i miei amici? E il calcio? E-»
«Halley non c'è tempo per queste cose, dobbiamo andare via.» La zittì Crowley, con una poca pazienza che di solito, almeno con lei, non lo contraddistingueva.
«Ma... Io non capisco... Perché dobbiamo-» Aveva quasi le lacrime agli occhi. Non capiva cosa fosse successo in quei pochi minuti, ma di sicuro non voleva lasciare i suoi amici e il suo sport preferito.
«Non fare i capricci Halley, obbedisci.» Continuava a sfogliare il libro, le dita dolenti ad ogni pagina girata.
«Io non voglio!» Le lacrime avevano preso a scendere copiose, mentre nella sua mente si chiedeva del perché di tutto ciò.

«Halley Nebula Crowley.» L'apostrofò suo padre. «Non possiamo restare qui, dobbiamo andare via. Ora, vai a prendere le tue cose, e ce ne andiamo.»
Sapeva che non doveva disobbedire, ed era una cosa che di raro faceva. Al momento le sue trasgressioni più importanti consistevano nel rubare uno snack in più dopo cena, o accendere una torcia per leggere dopo che suo padre aveva spento le luci... Un ammutinamento per evitare di lasciare la città era troppo, soprattutto per lei.
«Io non voglio...» A quel tono, spezzato e triste, suo padre sospirò. Posò il libro sul tavolo e si chinò sul pavimento.
Era incredibile come ormai, messo in ginocchio, la testolina di sua figlia fosse più alta della sua. Gli sembrava ieri quando la sorreggeva per le manine mentre muoveva i primi timidi passi.

«Tesoro, so che non capisci. Ti chiedo scusa, non posso spiegarti tutto ora, ma lo farò.» Halley tirò su col naso, il labbro tremolante.
Sapeva di essere stato ingiustamente duro con lei, ma portarla al sicuro era la sua priorità, adesso. Poche volte, nella sua lunga esistenza, si era sentito così traboccante di ansia, e di paura.
Non poteva dirglielo però; non per chissà quale motivo legato all'orgoglio, no. Semplicemente, non poteva farle credere di non essere al sicuro, doveva mostrarsi sicuro, risoluto, e lei l'avrebbe seguito.
«Devi aiutarmi però, ho bisogno che mi ascolti e vieni con me.»
«E zia Maggie e zia Nina?» Crowley le sorrise mestamente. Non le importava dei giochi o dei libri, lei voleva solo le sue zie e i suoi compagni. L'unica cosa che non poteva permetterle di portare con sé.
«Torneremo, te lo prometto.» Fu tutto quello che poté darle, una promessa che nemmeno lui sapeva se avrebbe potuto mantenere.

Lei annuì, non del tutto convinta ma fiduciosa delle parole di suo padre.
«E poi, andremo su una vera stella, sai? Sarà un'avventura, noi due e i pianeti dell'Universo, come ti avevo promesso.» Tentò di sorriderle, sperando che le stelle che spesso in passato l'avevano aiutato a calmarla avessero lo stesso effetto ora.
La piccola ricambiò con un timido sorriso, annuendo.
Lentamente e con i piedi che strusciavano per terra, Halley si avviò verso camera sua per prendere il suo zainetto, pensando a quale dei tanti libri infilarci dentro per quella permanenza nello spazio.

Un attimo di silenzio, rotto solo da un profondo sospiro di Crowley e poi, dalla voce di Azraphel.
Non si era accordo della vicinanza dell'angelo, lo percepì solo quando le loro mani si sfiorarono delicatamente: un lento miracolo stava curando le sue ustioni sulle mani.
Lui si ritrasse: per quanto fossero dolorose non si sarebbe fatto curare, non da lui.
L'angelo volse il capo verso il muro della cucina, dispiaciuto per la reazione del rosso.

Prese poi coraggio, una volta che Halley fu davvero nella sua camera.
«Ho un contatto, sicuro. So che non ti piacerà, ma dobbiamo portare Halley a questa persona, se ne prenderà cura e tu potrai venire con me e-»
«Oh no, io non lascio mia figlia a nessuno. E non vedo perché dovrei venire con te.» Aveva tentato invano di curarsi le ferite con un miracolo, ma a quanto pareva il tocco santo di Halley non poteva essere lenito dai suoi poteri demoniaci.

«Dobbiamo trovare assieme una soluzione. E andare su Alpha Centauri non è la soluzione a tutti i problemi.» Disse, non preoccupandosi dell'occhiata torva lanciatagli dal rosso.
«Ascolta, ho fatto del mio meglio per evitare tutto questo, ma non è bastato. Forse, cioè, se lavorassimo insieme...» Osservava Crowley vagare per la cucina, arrabattando una medicazione improvvisata per le sue povere mani.
«Non ho idea di cosa tu creda che possiamo fare insieme, Azraphel. Ma di sicuro non mi metterò a vagare per Inferno, Paradiso o Mondo Terreno con te, e soprattutto senza mia figlia.»

«Sei un incosciente! Potremmo trovare un modo per salvarla e tu invece vuoi scappare! Non sei cambiato per nulla.» La delusione nella sua voce lo trafisse.
«Ohh non credere di poter venire qui e parlarmi così, Arcangelo! Io non devo rendere conto a te, non so nemmeno di cosa stiamo parlando e tu mi accusi di... cosa? Voler tenere al sicuro mia figlia?» Puntava l'indice bendato a pochi centimetri dalla sua faccia, a volerlo intimidire; la cosa più paurosa erano tuttavia i suoi occhi: gialli e intensi come mai li aveva visti.
Non si sarebbe fatto spaventare però. Aveva fatto tanto, troppo, per quella bambina. E non avrebbe mollato adesso, non a causa di Crowley.
«Ascoltami bene ora. Io-»

Un urlo.
Lungo e pieno di terrore.

In poche falcate entrambi furono nella camera di Halley.

E lui era lì.
Metatron.

Tra le mani le esili braccia di Halley, che provava a dimenarsi con tutte le sue forze.
Sul viso, quell'orribile e inquietante sorriso.
«Grazie per aver conservato il Messia per noi, demone.» Il solito disprezzo nell'apostrofarlo. Per Satana, quanto avrebbe voluto disintegrarlo con le sue mani.
«Lasciala subito!» Ringhiò, avventandosi su di lui.

Allungata la mano verso Halley però, i due erano già spariti.

L'ultima cosa che i suoi occhi videro, furono le labbra di sua figlia comporre la parola "papà".

Sul pavimento, uno zainetto celeste abbandonato, da cui spuntava una copia per bambini di "Orgoglio e Pregiudizio".





E rieccoci!! 

Pian piano, i pezzi del puzzle vanno al loro posto, lasciando Crowley con molte (troppe?) domande. 

Spero la storia vi stia prendendo almeno quanto a me sta divertendo scriverla ✨

Aspetto i vostri commenti! A presto 🤍🖤






















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