𝐛𝐚𝐛𝐲 𝐧𝐨𝐰 𝐭𝐡𝐚𝐭 𝐢'𝐦 𝐠𝐨𝐧𝐞, 𝐝𝐨 𝐲𝐨𝐮 𝐡𝐚𝐥𝐥𝐮𝐜𝐢𝐧𝐚𝐭𝐞. ? - 𝘬𝘰𝘬𝘰𝘴𝘢𝘳𝘢

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È seduta con espressione placida e calma sulla piccola sedia del suo rifugio, scavato nella grotta. 

Ueno, supervisore capitano del Pesce Spada I è appena venuto a farle visita, per informarla della morte del comandante dell'esercito della Shogun. Lei ha sorriso, è rimasta impassibile, ha sussurrato un "condoglianze", socchiudendo gli occhi soddisfatti, e si è ritirata nella grotta. 

Non ha ancora cambiato espressione, la sua bocca è piegata in un impassibile mezzo sorriso, i suoi occhi persi da qualche parte nel vuoto.

"Sapevo che sarebbe finita così, dopotutto" Si dice, pensando a voce alta. Si porta la mano sinistra alla bocca, e inizia a mangiarsi le unghie.

"Lo sapevo che sarebbe successo"

Il suo sorriso impassibile si incurva, la sua espressione si fa amara.

"Abbiamo vinto. La Resistenza ha vinto. La guerra è finita." 

La vista le si sfoca: gli occhi sono pieni di lacrime, la mano le copre la bocca, le unghie graffiano le guance.

"È finita bene, dopotutto" 

Questa ultima frase è spezzata; è seguita, poi, da un principio di pianto, soffocato e messo a tacere, ingoiato e ficcato di nuovo in gola, mentre cerca di uscire.

"Abbiamo vinto",  Sussurra ancora. 

E ancora, e ancora si continua a dire: "è giusto così. Doveva finire così. Non c'era altro modo".

Ma sa anche lei che altri modi ci sarebbero potuti essere. 

Un singhiozzo interrompe il suo discorrere disperato. Ma, ancora una volta, lo spinge giù, dove non può disturbarla.

Si ripete quelle parole martellanti nella testa talmente tante volte che perdono significato, diventano vuote come lei ed il suo cuore devastato da un dolore che non vuole ammettere. 

È giusto così, è giusto così, è giusto così, è giusto così, è giusto così...

È finita bene, abbiamo vinto, si dice ancora.

Abbiamo vinto.

Quando mai avrebbe ammesso che non aveva vinto proprio nulla? Che aveva solamente perso, e null'altro? Perso il suo unico appiglio, il suo unico amore. Sta sempre peggio, in quel periodo. Ma non lo dà a vedere, ci mancherebbe altro. Mai avrebbe potuto disonorare il nome della Divina Sacerdotessa dell'Isola di Watatsumi. Lei è una stratega, una donna forte e dai valori intaccabili, dalla personalità carismatica, che vuole solo il bene per la sua gente, per Inazuma; pronta a combattere e ad immolarsi per la causa, per combattere i soprusi che opprimono la sua nazione. 

"Già. Abbiamo vinto." Dice ad alta voce per la centesima volta. 

E poi, crolla. 

Cede finalmente alle lacrime e al pianto, il volto affondato tra le braccia esili e le maniche larghe e accoglienti. Singhiozza e geme, riempiendo di grida soffocate il suo angusto nascondiglio. Le mani prima a coprirsi il volto, graffiandolo e arrossandolo, poi a stringersi le braccia con foga, cercando di catturare il calore, il ricordo di lei che aveva ancora serbato nel cuore, il capo chino su se stessa. Respira a fatica sotto il peso di tutto quel dolore, sotto la coltre di lacrime che le inumidiscono il viso, i palmi e le vesti.

Lei era stata l'unica a capirla, e a confortarla. Era qualcuno nella sua stessa situazione, rinchiusa in quella cella di aspettative che le altre persone avevano di lei. Qualcuno che la aveva amata. Ma soprattutto... Qualcuno che lei aveva amato. E che, in realtà, amava ancora.

Ma era stata uccisa. Caduta nell'oltretomba, senza neanche che lei avesse potuto salutarla un'ultima volta. 

Sì, non ha paura di pensarlo. O meglio, ne ha, ma non può farne a meno. Non può fare a meno di ricordarsi che è tutta colpa sua, della sua stupida guerra, dei suoi stupidi soldati, delle stupide ambizioni che avevano tutti.

Lei è morta. Ora non è che un'indelebile pozza di sangue rosso cremisi, una testa mozzata, un braccio senza un corpo a cui essere attaccato. Un urlo, un tonfo, una figura che cade a terra. Una macchia che persiste sui candidi guanti bianchi della Divina Sacerdotessa dell'Isola di Watatsumi. Morta. Il suo stupido – ma meraviglioso, oh se era meraviglioso, quando pulsava ancora – cuore si è fermato. Perché non sta continuando a battere? Perché il suo respiro è cessato? Perché ora non è lì a confortarla e ad accarezzarle i morbidi capelli? 

"La uccido e piango per la sua morte..." Sussurra. Ormai il suo pianto disperato si è consumato. Nessuna lacrima scende più sulle sue guance, nessun singhiozzo interrompe i suoi discorsi.

Non potendo fare nient'altro, si abbandona ai pensieri, al dolore che la affligge. E, per una volta, si sente inutile, falsa, incapace, sola contro un mondo che la vede come una leader vittoriosa. 

Sì, perché non potrà mai ammettere il suo dolore.

Non si potrà mai sfogare. 

Come sempre, sarà sola. 


𝙖𝙪𝙩𝙝𝙤𝙧'𝙨 𝙘𝙤𝙧𝙣𝙚𝙧

Per i veterani, questa fanfic è in realtà un repost di una oneshot nell'altra raccolta. In realtà non è proprio un repost, l'ho un po' modificata (un po' tanto, tbh) perché mi piace molto e la volevo riportare. So, here you go :)



𝟔𝟔𝟔 𝐊𝐈𝐒𝐒𝐄𝐒 𝐎𝐍 𝐘𝐎𝐔𝐑 𝐅𝐀𝐂𝐄. ➣ 𝙜𝙞  𝙤𝙣𝙚𝙨𝙝𝙤𝙩𝙨.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora