Riprendono, riprendono la surreale danza dell'incontro. Le nuvole si avvicinano, si mischiano, divertendosi, lungo le correnti convettive, bordo grigio per bordo bianco, creando i presupposti, le incontestabili ragioni per un fantastico temporale.
Ma intanto la pioggia sembra cessata.
Mentre Danny - SBUFF... SBUFF- raggiunge Tom in cima alla salita, dove finisce la strada, dove l'acqua piovana, invece che scorrere verso valle, si trova costretta in una leggera rientranza, nel terreno, dalla forma allungata, che ricorda un'impronta, fuori misura, anzi enorme, più o meno delle dimensioni di un campetto da basket. Il sindaco, anni prima, aveva tentato di rendere il tutto pianeggiante, mediante una gettata di cemento, immaginando di creare una bella piazzola in fondo alla strada, contornata di alberelli in fiore.
Ma non aveva funzionato.
Il terreno cedeva, sempre e comunque, riprendendo la sua forma originaria, in barba al cemento.
Nelle storie che si raccontano ai bambini, davanti al fuoco, o davanti alla televisione (durante la pubblicità), si narra che lassù, in cima alla collina, prima che arrivassero gli americani, o gli indiani, ci vivesse un gigante. Se ne andava in giro, caracollando, borbottando, calpestando, distruggendo.
«E quella è una sua impronta!»
Danny crolla sulla linea, dove finisce l'asfalto e inizia il cemento, lasciando cadere la bicicletta, liberandosi dello zaino, che -DLING BRAM DLANG- risuona della caratteristica attrezzatura di un giovane scienziato.
«Danny, guarda.»
«Ho visto, lo so, dobbiamo attraversare l'impronta...»
«No, guarda la finestra di sinistra sopra la veranda!»Le imposte sono chiuse.
Ci sono diverse case lassù. Tutte abbandonate. Tutte lasciate li, a marcire, a perdere pezzi, ad accogliere qualche gatto randagio, qualche senzatetto, qualche ladro... e qualche ragazzino in cerca di avventura.
«Le persiane, del primo piano, sono sempre state aperte...»
«Già.»Un edificio in particolare, ci interessa, alto, su due piani, di colore bianco, ormai bianco muffa, dalle enormi finestre sul davanti, picchiettate dagli escrementi, dai dolci doni dei gabbiani, o dei passerotti, e dall'immensa scalinata, all'ingresso, di marmo, che conduce alla veranda, così sontuosa, così regale, ma anche terribilmente ricoperta di foglie marce ed erbacce.
«Non può essere entrato qualcuno!»
«E quelle persiane non possono essersi chiuse da sole...»
«Il vento!...Il vento le ha chiuse!»
«Mmmh... forse...»Ma il silenzio, solo lui, conclude il discorso e disfa le certezze di un paio di ragazzini. Le parole muoiono, mentre tutti quanti pensano che un adulto, felice e contento, sia entrato, abbia visto, e abbia già rubato il loro segreto.
Un sospiro, e poi si ricomincia.
«Comunque dobbiamo superare l'impronta del gigante, e non ho portato gli stivali di gomma.»
«Hai la carta cuki e una chiave a rullino, Danny, ma non...»
«... non gli stivali, no.»
La distesa d'acqua, profonda mezzo metro nel punto più basso (il tallone del gigante) e trenta centimetri nel punto più alto è limpida, rispecchia il cielo plumbeo, e li attende.
«Allora dovremo arrangiarci, Danny.»
«Potremmo passarci attorno...»
«Uhm... meglio di no.»
«Perché?»
«Perché è impossibile aggirarla.»
Tom indica il muro perimetrale della proprietà, ai due lati del cancello, anch'esso parte dell'impronta, seppur sul confine.
«Maledetta pioggia.»
«Ed è anche il punto più profondo!»
«Mmmh.»Tom inizia a slacciarsi le scarpe, bianche, da skateboard, un po' bagnate, fuori, sulle stringhe, ma forse (si spera) ancora asciutte all'interno.
«Aspettiamo che si abbassi il livello! Che scorra via!»
«Danny ci metterà almeno due ore, se siamo fortunati...»
«Non è vero! Come fai a dirlo? Hai misurato quanta acqua scorre via? Lo hai fatto?»
«Certo che no...»
«Allora aspettiamo e misuriamo in dieci minuti di quanto scende il liv...»
«... per scoprire che non ci vogliono due ore ma due giorni.»
«Io misuro!»
«E io attraverso.»Tom lega le scarpe stringa con stringa e le appende alla spalla destra. Ripiega su sé stesso anche il risvolto dei pantaloni, alzandolo appena sotto alle ginocchia. I suoi piedi nudi, bianchi, pallidi, come la luna, sguazzano nell'asfalto bagnato.
«Seguimi!»
«Ma Tom...»
«Non avevi fretta?!»Tom avanza, tranquillo, alla ricerca della giusta via, assecondando le rientranze, le protuberanze, forse posando i piedi su ciò che ha lasciato l'alluce del gigante, oppure il mignolino, chi lo sa.
«Arrivo!»
Danny in un battibaleno si toglie le scarpe e le infila nello zaino, si alza il risvolto dei pantaloni e si fionda nell'acqua. Traballa un pochino, sotto il peso dello zaino, stando dietro a Tom, ma alla fine......passo per passo, attraversano.
Loro attraversano, e Lewis e Clarke sarebbero orgogliosi di loro. Vero?
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Per la scienza!
AventureDue ragazzini, come giovani esploratori dell'ignoto, in un quartiere abbandonato della città. Dove una casa, vecchia, ammuffita, forse speciale, forse no, li sta aspettando.