𝐂𝐚𝐩𝐢𝐭𝐨𝐥𝐨 𝟖 - 𝐀𝐧𝐜𝐨𝐫𝐚?

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Il volto di Tom in quel momento parlava per lui: di certo l’espressione esasperata era facilmente associabile alla ritrovata parlantina del fratello.

Il chitarrista era mollemente steso a pancia in giù sul letto, con solamente i pantaloni della tuta addosso e il joystick della Play Station in mano. Sbuffò contrariato per tutto quel chiasso e per la decisione di far salotto in camera sua, per di più quando cercava di finire quel maledettissimo gioco.

«Ascolta Bill, non che adesso perché hai ritrovato la tua splendida voce devi per forza tornare a rincoglionirci. Stiamo bene comunque, non preoccuparti» sbottò il chitarrista, soffocando una bestemmia contro il suo soldato appena caduto a terra imbottito di piombo virtuale.

Ad ogni modo il fratello non doveva aver gradito il sarcasmo nella sua voce quando aveva pronunciato le parole “splendida” e “per forza”, tanto che Tom non si seppe dare una spiegazione logica quando un cuscino planò sgraziatamente sulla sua testa.

«Ma vaffan…-» nemmeno finì la frase, che Bill lo gelò con uno sguardo.

«Dicevamo?» fece angelico il cantante, spostando lo sguardo sui compagni con un’ espressione di vittoria già dipinta sul volto.

La persuasione è un dono di famiglia.

I tre musicisti si scambiarono uno sguardo afflitto.

«Va bene» esalò il bassista, mentre Tom si lasciava cadere a peso morto sul letto, ringhiando snervato contro il suo amato gemello.

Bill amava il centro della città.
In generale, lui amava le grandi metropoli perché gli piaceva perdersi tra mille luci e persone, tra negozi e ristoranti, senza avere una meta precisa da seguire.
Alzava gli occhi stupefatto davanti ad ogni vetrina, sorprendendosi ogni volta di qualcosa di diverso: vestiti, scarpe, occhiali, CD, dolciumi…

Bill era come un bambino nel Paese dei Balocchi, che finiva sempre con il perdersi tra infinite meraviglie.

Suo fratello Tom in un certo senso invidiava quel suo lato così infantile, perché lui non riusciva più a meravigliarsi di ogni cosa appena fuori dalla norma. No, lui aveva appoggiato i piedi per terra più in fretta, permettendosi certe infantilità solo in rari momenti.

Ben celati agli occhi di tutti, meno che ad uno.

«Ti piace, Tom?»

Tanto.

Erano tutti e quattro fermi davanti ad un grande negozio che vendeva strumenti e simili. Per una volta si erano ritrovati tutti e quattro coinvolti allo stesso modo, schiacciando i nasi contro la vetrina per non perdersi nemmeno un centimetro di quella meraviglia.

Il chitarrista, in particolare, aveva adocchiato una tracolla che riteneva perfetta per la sua chitarra.

Negli ultimi mesi, quando erano ancora in sala prove e il cantante era ancora in possesso della sua voce, sia Georg che Gustav che Bill si erano accorti del pessimo stato della cinghia della sua chitarra, tutta lisa e consunta.

Bassista e batterista erano stati zitti, consci del fatto che al loro amico interessasse ben poco in che stato fosse la tracolla: l’importante per lui era che non cedesse. Il gemello, invece, non era riuscito a tenere a freno la lingua.
Come previsto Tom aveva fatto spallucce, liquidando la faccenda con un “Chissene frega”.

La sera dopo, però, Bill aveva scorto il fratello che, in camera sua, si passava la cinghia tra le dita con aria pensierosa.
Il ragazzo sapeva perché il fratello ci tenesse tanto: gliela aveva regalata mamma Simone per il suo decimo compleanno, e lui l’aveva sempre ritenuta importantissima.
Era come portarsi sempre addosso qualcosa che gli ricordasse Loitsche.
Che gli ricordasse casa.

«Tom, ti va di entrare?» domandò il cantante, con voce bassa e appena sussurrata all’orecchio del fratello.

Quest’ultimo annuì, con un sorrisino mal celato.

Sì, la persuasione è veramente un dono di famiglia.

Quando erano usciti dal negozio, Bill era certo di aver visto un luccichio negli occhi del gemello che da tempo non notava.
Poi era stato come un flash, e il ragazzo l’aveva rivisto bambino, con quello stesso sguardo felice e spensierato.
Si era compiaciuto di essere riuscito nel suo intento: far tornare bimbo, anche per un solo istante, il suo adorato fratello.

In macchina Tom aveva continuato a rigirarsi tra le dita il regalo di Bill.
La tracolla era veramente bella, nera con delle rifiniture bianche e blu.

I quattro ragazzi si erano gettati allora a capofitto in una discussione su strumenti, classificando marche e confrontando la qualità.

Stavano appunto chiacchierando quando Saki, che si era offerto di far loro da autista, aveva frenato bruscamente.

«Ehi, ma che succede?» fece Georg, sistemandosi la cintura che ormai gli toglieva il fiato.

«Scusate ragazzi, ma una scapestrata ha attraversato con il rosso e per poco non la mettevo sotto. Certa gente…-» stava giustificandosi l’uomo, ma il chitarrista aveva smesso di ascoltare.

Dal finestrino era sicuro di aver visto la sagoma della ragazza che aveva tagliato loro la strada, e che ora si perdeva tra la folla.

Un nome, un solo nome gli era balenato nella mente, notando quella massa di capelli e quei jeans talmente larghi da competere con i suoi.

Nesta.



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My Space:

Ciao ragazze, so che è il capitolo è davvero breve e non è da me, avete ragione e scusatemi, mi farò perdonare! Questo capitolo è il continuo di "Twins" ma con il finale un po' effetto sorpresa.
Scusatemi ancora se non riesco più ad aggiornare come prima senza giorni stabiliti ecc, ma ci sto provando davvero tanto. Vi voglio bene❤️

Mɑ̈dchen weine nicht - Tom KaulitzDove le storie prendono vita. Scoprilo ora