𝐂𝐚𝐩𝐢𝐭𝐨𝐥𝐨 𝟏𝟗 - 𝐂𝐚𝐨𝐬

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Tom era letteralmente sbigottito.

Da tutto.

Da Nesta, che sembrava una contraddizione vivente, che alternava momenti di euforia a istanti di profonda riflessione.

Da sé stesso, che non aveva avuto la forza di dirle di no, e adesso si ritrovava in una specie di mondo parallelo.

Caos.

Tantissime persone, tutte uguali e diverse allo stesso tempo.

Colori.

Sgargianti, letteralmente sgargianti.
Mille gradazioni che si mescolavano tra loro, in quella piazza ricolma di persone.
Il vociare continuo era coperto dalla musica alzata a livelli esorbitanti, che reggeva benissimo il confronto con le migliori discoteche del centro.
Se non errava, proveniva dal palco situato poco distante da dove si trovavano loro, i brani erano di tutti i generi, e ai pezzi dance si alternavano brani reggae o rock.

Al parere di Tom tutta quella varietà ed eterogenia non era affatto male, anzi.
Per certi versi era molto meglio delle solite feste a cui partecipava con i ragazzi.

«Allora, che ne pensi?» domandò Nesta, mentre gli allungava una birra fredda presa chissà dove.

«Avevi ragione, è meraviglioso!» esultò lui.

Si ricordò solo in quel momento di ciò che gli aveva raccontato poco prima la ragazza.

«Sei sicura di volere restare?» domandò, urlando per sovrastare il rumore circostante.

«Ahah, sì, tranquillo ragazzo. Sono passati tanti anni ormai, va tutto bene. Pensa solo a divertirti e a nient’altro!» gli urlò lei in rimando,alzando le mani verso il cielo blu sopra di loro e cominciando a muoversi.

Sei sempre più bella Nesta, lo sai?

Tom nemmeno si rese conto di essersi soffermato a guardarla così a lungo.

Però era innegabile: Nesta era bella, di una bellezza particolare, per nulla ricercata.
Semplice, a modo suo, ma estremamente estrosa allo stesso tempo.

Le luci psichedeliche, provenienti dai riflettori montati sul palco, la inondavano, creando strani ghirigori sulla sua pelle e illuminandole gli occhi di una scintilla quasi folle. I capelli le ondeggiavano intorno, e le perline attorcigliate in alcune ciocche tintinnavano in maniera impercettibile.

Quando si accorse di essere presa sotto esame dallo sguardo del ragazzo, Nesta lasciò cadere la bottiglia vuota al suolo, lasciando che si frantumasse in mille pezzi, per gettare le braccia al collo di Tom.

Lui ricambiò la stretta, ricominciando a ballare a ritmo con lei.

Dannatamente divertente.

Ecco come era quel luogo.

Un paese delle meraviglie incastonato tra metropoli e desolazione, che racchiudeva in sé una popolazione altrettanto meravigliosa e incurante del mondo esterno. Lì era sufficiente vivere il momento, senza preoccuparsi cosa sarebbe accaduto dopo.

Forse era anche per quello che, nel giro di un’ora, la ragazza aveva perso ogni freno, e stava per ricadere nell’ennesima tentazione.

Luce.

Bianca e accecante, quella luce improvvisa l’aveva investita in tutto quel buio che sentiva circondarla.

Fredda, surreale.

Vivida e intensa, dai contorni sfocati, era apparsa in un bagliore improvviso. Ad accompagnarla, uno stridio lancinante e strascicato, estremamente fastidioso.

Un guizzo doloroso, il peso del corpo che cade al suolo in un tonfo sordo.
L’asfalto freddo e la pelle bollente.
Il fiato che si mozza in gola.

Silenzio.

Poi, confusione.

Gli occhi di Tom non li ricordava così luminosi.
E l’aria poco prima non le appariva così calda e soffocante.
Boccheggiava, e non riusciva a mettere a fuoco chiaramente i contorni delle persone accanto a sé. Vedeva solo lo sguardo disperato del ragazzo che le stava accanto.

Perché sei triste, ragazzo?

Non ci stavamo divertendo?

Tom, Tom, perché non mi rispondi?

Parole e frasi sconnesse tra loro si affollavano nella mente della ragazza, mentre uno strano torpore l’avvolgeva.

Sentiva uno strano peso gravarle addosso.

Tom, cosa succede?

L’angoscia cominciò a pervaderla quando si rese conto di non riuscire ad articolare una frase udibile al ragazzo che continuava ad esserle vicino, ma lo vedeva agitarsi e gesticolare affannandosi.

Avrebbe voluto urlare, farsi sentire, ma la voce restava imprigionata nella sua gola.
E continuava quel senso di oppressione e quel formicolio.

Tom, ti prego, guardami!

Lacrime silenziose cominciarono a bagnarle le guance, mentre perdeva lentamente il contatto con la realtà.

Tom, non lasciarmi.

«Nesta!» l’urlo del ragazzo squarciò il vociare concitato, sovrastando il cantilenante e  martellante risuonare della sirena dell’ambulanza, ormai vicina.

Agli occhi dei medici e dei soccorritori la scena, purtroppo, non risultò nuova.

Cambiavano le fattezze delle persone, ma il nocciolo della faccenda era sempre lo stesso: un ragazzo o una ragazza, come in quel caso, riverso al suolo, attorniato da una folla di curiosi.

Medesimi gli sguardi disperati, le abrasioni sul corpo colpito, i discorsi privi di senso.

Stesse le domande.

«Potete aiutarla?» chiese un ragazzo che, agli occhi del medico, parve avere un volto familiare. 

Inizialmente, sempre uguali le risposte.

«Faremo il possibile» rispose l'uomo. 

Purtroppo… non sempre identici gli esiti.

Bill aveva ricevuto la telefonata del fratello alle quattro e mezza di mattina, nel bel mezzo di una profonda dormita.

Peccato che per mio fratello non ci siano orari…

L’aveva sorpreso la voce rotta dallo sconforto e dalla paura. Tra le frasi sconnesse e concitate aveva riconosciute solo alcune parole, e quelle poche che aveva sentito non gli erano piaciute. Affatto.

Festa, alcool, macchina, Nesta, ospedale.

Cinque dannate parole che rimbombavano nella testa del ragazzo in maniera ossessiva, risvegliandolo completamente dal suo torpore.

«Tom, cosa diamine è successo?» ebbe solo la forza di domandare, augurandosi, nonostante le premesse, di sbagliarsi.

Dall’altro capo del filo udì suo fratello prendere un lungo sospiro.

«Hanno investito Nesta» sussurrò.

Cazzo...

Mɑ̈dchen weine nicht - Tom KaulitzDove le storie prendono vita. Scoprilo ora