Giorno 4

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Il giovedì mattina era uguale al lunedì: Mario si svegliava, si preparava per andare al lavoro e usciva di casa, saliva sul motorino e parcheggiava davanti al bar dove, per tutto il giorno fino alle 18 nelle giornate senza intoppi, preparava caffè, cappuccini, panini e altro. Il pensiero di Aurora da sola a casa lo agitava sempre, ma quando Andrea gli scriveva che era arrivato, si tranquillizzava, rilassava la mascella e le spalle e sfoderava il lato migliore del suo carattere, quello solare e chiacchierone. Quella mattina però, dopo tre ore, il messaggio di Andrea non era arrivato. Aveva provato anche a chiamarlo, ma non aveva ottenuto risposta. Solo all'ora di pranzo, ricevette la chiamata dall'amico. <Andre ma dove cazzo stavi?> gli chiese. Andrea sospirò dall'altra parte del telefono: <Mario mi devi perdonare, non ho sentito la sveglia, scusami> rispose l'altro ragazzo. In sottofondo sentiva lo sferragliare delle chiavi e una porta che si apriva. <Sono arrivato ora> aggiunse poi, mentre chiamava a gran voce Aurora che non rispondeva. <Perché non risponde? Dov'è?> Mario si agitò subito. Flavio, il suo collega, lo guardò preoccupato. <Magari sta in camera> ipotizzò Andrea mentre continuava a cercare nelle stanze della casa. <In camera sua non c'è, neanche nella tua> gli disse poi dopo qualche minuto di silenzio. <Il bagno è chiuso> proferì poi Andrea. E Mario sentì il sangue defluire dal suo volto e lo stomaco contrarsi. <Non ci credo> disse flebilmente. Andrea continuava a bussare senza ricevere risposta. <Mario ti chiamo tra poco> borbottò poi l'amico.
Andrea non sapeva cosa fare, ma la paura e l'ansia ebbero la meglio: diede uno spintone alla porta facendo saltare la serratura ed entrando nel bagno. Aurora era stesa nella vasca con lo sguardo vacuo fisso sul soffitto e un sorriso rilassato sul viso. Accanto a lei, una siringa, un cucchiaio e una bustina vuota. Andrea scoppiò in lacrime, mentre si sedeva poggiando la schiena sul bordo della vasca. Aurora si sollevò lentamente, per poi circondargli il collo con le braccia in un tentativo goffo di abbracciarlo. <Scusa> mormorò solamente, scoppiando a piangere anche lei. <Non è colpa tua Andre, devi smetterla di farti carico del mio dolore> aggiunse poi, continuando a singhiozzare. Andrea teneva il volto coperto con le mani, mentre singhiozzava e mormorava frasi sconnesse. <Dovevo esserci io qui con te stamattina, ma sono arrivato troppo tardi> si giustificò. Aurora gli lasciò un bacio tra i capelli. <Non è colpa tua, sono io fatta male> disse con la voce rotta. Andrea era distrutto: l'unica cosa alla quale pensava era alla solitudine che sentiva Aurora, al fatto che non sapesse stare da sola per una mattinata intera senza dover per forza fuggire da se stessa. Ed era disperato perché non sapeva più cosa fare. <Ti prego vai in un centro, per favore> iniziò a supplicarla, voltandosi verso di lei, che si era ricoricata nella vasca vuota e riguardava il soffitto. Aurora rise istericamente, con ancora lo sguardo perso. <Piuttosto muoio> rispose. Andrea ammutolì. Si alzò dal pavimento freddo del bagno e mentre continuava a singhiozzare, si diresse in salotto per poi andarsene dalla casa, sbattendo la porta dell'ingresso. Aurora crollò nel sonno, la sua seconda via di fuga, e venne svegliata da Mirko che la scuoteva per la spalla. <Mario non è ancora tornato, torna alle undici. Ho portato la cena. Forza, rimediamo alla stronzata che hai fatto> le disse. Aurora lo fissò confusa e incredula. <Ma tu-> cercò di dirgli, ma Mirko la interruppe: <Ci son passato anche io, è per questo che mi incazzo così tanto. Ora, alzati e rimediamo. Fatti una doccia e poi vieni in cucina. Ho preso la torta salata che ti piace tanto> le disse, sorridendole sincero. Lei lo abbracciò, per poi staccarsi e farlo uscire dal bagno. Mirko era così: stronzo quando serviva, ma anche giusto ed empatico nel perdonare gli errori. Per accettare i suoi ci aveva messo tanto tempo e ora la sua nuova versione gli piaceva: era un po' una contraddizione vivente, ma ormai aveva imparato a far combaciare tutti i lati. Mentre riscaldava la torta, Aurora uscì dal bagno con un pigiama in pile. Sembrava più serena e per il momento si illuse che sarebbe andato tutto bene. Mangiarono guardando un talk show in TV, poi si spostarono sul divano. Alle undici e mezza, Mario tornò a casa. Aveva lo sguardo stanco, anche se un po' di tranquillizzò alla vista di Mirko accanto ad Aurora. Ma la serenità durò molto poco: non appena l'amico uscì di casa, Aurora lo fece sedere davanti a sé. <Stamattina è passato Andrea, verso fine mattinata> cominciò. Mario sentì che gli stava per arrivare un treno in corsa proprio in faccia, ma decise di aspettare pazientemente. <Stamattina mi ha trovata fatta nella vasca> e sganciò la bomba. Mario non ebbe neanche la forza di arrabbiarsi: sentiva come se qualcosa lo avesse appena schiacciato del tutto. <Ti ha fatto stare bene?> le chiese allora con un pizzico di acidità nella voce. <Sì, ma mi sono sentita in colpa> rispose lei. Si guardarono un attimo negli occhi dicendosi comunque "ti amo", poi Mario spostò lo sguardo verso la sua stanza. <Meglio per te> le rispose, prima di chiudersi in stanza. Pensò che forse lasciare il borsone pronto a metà non fosse stata una cattiva idea.

Parole vuote (La solitudine)/Tedua (sequel)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora