Mario decise di coprire il turno al bar del sabato notte. Era qualcosa che aveva sempre evitato di fare nell'ultimo anno per stare il più vicino possibile ad Aurora, per fare qualcosa di nuovo con lei o qualcosa che in settimana avevano raramente tempo di fare. Quel sabato decise che, per come stavano le cose tra loro, sarebbe stato meglio stare distanti. Mario, appena sveglio, era stato seduto sul bordo del letto a ripensare alla discussione della sera prima e aveva sentito il cuore farsi piccolissimo nel petto quando si era soffermato sulle frasi che Aurora aveva detto, pronunciato e urlato prima di chiudersi nella sua stanza. Poi aveva sospirato, si era alzato e si era recato in bagno dove si era cambiato indossando dei jeans e una maglia con il collo alto. La sua ultima tappa prima di uscire di casa era la cucina e proprio lì si diresse per farsi il caffè. <Buongiorno> disse Aurora, che stava poggiata nel bancone dove tenevano la macchina del caffè dentro la quale stava infilando una cialda di caffè. <Ciao> ebbe la forza di mormorare Mario buttandosi a peso morto su una sedia. <Possiamo parlare?> chiese lei. <Se parleremo entrambi civilmente sì, altrimenti per favore risparmiamo fiato e parole perché oggi ho il turno fino alle 5> le disse un po' brusco. <Come fino alle 5?> chiese lei, quasi offesa, mentre gli porgeva la tazzina con il caffè. <Tu di solito non stai fino alle 5, il sabato è il nostro giorno> mormorò Aurora. Mario soffiò sopra la bevanda: <Non questo sabato. Penso che prenderci una serata di pausa sia sano per noi> disse Mario. Aurora sentì gli occhi farsi lucidi, abbassò la testa e poi annuì: <Se hai bisogno di spazio, avrai spazio> disse semplicemente, recandosi di nuovo nella sua stanza. Mario sospirò, giungendo alla conclusione che non risolvere le cose con lei, sarebbe stato deleterio per la loro giornata. <Rori> bussò. <Vieni fuori> le disse. <Non ho voglia di litigare con te come ieri> rispose lei dall'interno della stanza. <Neanche io. Esci per favore> riprovò Mario. Aurora si affacciò in corridoio. <Mi dispiace aver alzato la voce ieri> disse Mario. <Anche a me. Ora vai al lavoro> rispose. <Prima mi abbracci?> chiese lui. Ad Aurora sembrò di rivedere il bambino che lo aveva accolto in casa famiglia. Uscì del tutto dalla sua stanza, fiondandosi sulle sue braccia aperte. Si strinsero forte. Mario le lasciò qualche bacio tra i capelli, per poi staccarsi da lei e facendole sollevare il viso. <Buona giornata> disse lei, con uno sguardo rilassato e innamorato. Mario la baciò con dolcezza, per poi allontanarsi e afferrare il giubbotto lasciato sul suo letto. <Buona giornata anche a te. A domani> le rispose, chiudendosi la porta alle spalle.
Aurora sospirò, sentendosi in colpa, e tirando fuori dal cassetto del comodino una bustina con dentro l'eroina, il cucchiaio, l'accendino e il laccio che avvolse intorno al braccio. Riscaldò la dose sul cucchiaio e poi la mise nella siringa che poi piantò sul suo braccio. Si sentì meglio, più leggera e rilassata. Sprofondò nel letto con un sorriso beato addormentandosi profondamente.
Si svegliò all'ora di cena: erano le 8 e mezza e il cielo ormai era calato da un pezzo. Sentì delle chiavi che venivano infilate nella toppa e la porta che si apriva, ma aveva ancora i sensi intorpiditi dal sonno e dall'effetto della droga, quindi non fece in tempo a conservare il tutto che Mirko fece il suo ingresso nella stanza. <Ma ancora?> le chiese retorico e con un pizzico di fastidio nella voce. <Non riesco a farne a meno> disse lei, sentendo la sua stessa voce lontana e ovattata, nonostante quella di Mirko le sembrasse più alta e vicina. <Secondo te perché dicono che la droga causi dipendenza?> borbottò lui retorico, prendendo tutto l'armamentario di Aurora e buttandolo nel cassetto del comodino. <Forza alzati e fatti una doccia> la esortò, facendola alzare dal letto e togliendo le lenzuola. <Ma che fai?> chiese lei confusa, mentre Mirko apriva la finestra. <Pulisco ciò che tu non pulisci> rispose lui ovvio, mentre apriva il suo armadio e tirava fuori un paio di pantaloni neri da ginnastica e un maglione. Glieli mise in mano: <Vai in bagno, non scordarti l'intimo>. Aurora annuì, per poi fare come aveva imposto l'amico, che si spostò in cucina dove iniziò a preparare una cena improvvisata. Dopo una decina abbondante di minuti, Aurora uscì dal bagno recandosi in camera. Stava aprendo il cassetto del comodino quando Mirko la raggiunse: <Lo sapevo che saresti venuta qua. Lascia stare e vieni in cucina> le intimò. Lei scosse la testa: <Non dirmi cosa fare> borbottò, neanche tanto convinta. <Ti dico cosa fare perché ci tengo a te. Lascia stare quella roba> rispose lui con un tono di voce più duro. Aurora lo guardò con uno sguardo di sfida, tirando fuori la roba dal comodino. <Aurora molla quella roba> ribattè Mirko avvicinandosi. <Perché?> chiese lei, sentendo gli occhi farsi lucidi. La verità era che non aveva voglia di disintossicarsi, ma tutti sembravano intenti a farle cambiare idea. E ciò la faceva soffrire: lei era quella, una tossicodipendente. Punto. <Io sono questa, una tossica. Non vi va bene? Portatemi da qualche parte e mollatemi> urlò, scoppiando a piangere. Mirko la abbracciò. <Non sei una tossica, non sei neanche i tuoi problemi. Sei una persona che ha bisogno di aiuto e che deve guarire> le disse. <No> rispose lei. <Sì Au. Non respingerci> ribatté. <Non vi merito> rispose lei, staccandosi dall'abbraccio dell'amico. Il loro discorso venne interrotto dal suono del campanello e da un paio di chiavi che giravano nella toppa. Comparve poco dopo Andrea, i capelli scompigliati, un filo di barba e delle occhiaie scure. <Fai schifo> gli disse Aurora. Andrea rise: <Anche tu non sei messa bene. Ringrazia che Mirko ti ha fatto dare una ripulita> le rispose, avvicinandosi e abbracciandola. <Mi sei mancato da morire> mormorò la ragazza, calmandosi. <Anche tu, veramente> rispose lui, stringendola forte. Si spostarono poi in cucina (Aurora sembrò aver dimenticato momentaneamente della droga, o almeno così sperò Mirko), cenarono con un piatto di pasta e poi giocarono a carte fino alle due. Aurora fu la prima a crollare sul divano abbracciata ad Andrea, mentre Mirko ne approfittò per ripulire il cassetto del comodino. Si sentì in colpa nel violare la privacy dell'amica, ma si raccontò che lo faceva per il suo bene e si sentì meglio. Mario tornò alle cinque, trovandoli stretti sul divano. Pensò che forse poteva ancora stringere i denti.
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Parole vuote (La solitudine)/Tedua (sequel)
Fanficquant'altro male ti farà? la solitudine sequel di "bandar log-tedua"