II - Perché lui?

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Non ci posso credere

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Non ci posso credere. Anche se il mio cervello ha voluto autoimporsi la realtà per cui l'incubo erotico in cui ero finita fosse soltanto un sogno un po' più tormentato, sono sconfortata quando fuori dal bar in cui lavoro come cameriera, giusto per mettere qualche soldo da parte e avviare la mia attività, scorgo Denny e Leonardo in auto, posteggiati esattamente di fronte, e questo non preannuncia nulla di buono.

Non faccio che ripensare al momento in cui mi hanno detto di averci visti, la vergogna che ho provato brucia ancora sulla mia pelle, creando ferite che difficilmente si risaneranno. Ma d'altronde, io non sono la vittima e non ho il diritto di medicarmi.

Guardo la mia collega che si è resa conto del disagio che provo, forse perché inizio a muovermi in modo irregolare, sbando, non riesco più a concentrarmi. Quando Denny scende, al contrario di Leonardo che rimane seduto alla guida, le gambe mi tremano al punto che il vassoio che stavo reggendo per portarlo al tavolo, cade rovinosamente su un cliente che mi guarda disgustato.

Deglutisco, terrorizzata, nel frattempo Denny è entrato nel locale.

"Sei sveglia? Non mi sembra tu lo sia." Si lamenta Jessica, sospirando, mentre mi passa di fianco e si allontana per continuare le sue ordinazioni.

Mi piego istintivamente, non solo per evitare lo sguardo di Denny, ma il cliente colpito con la camicia sporca di cappuccino rimane impassibile davanti a me. Riesco a vederne solo le lunghe gambe coperte da un paio di pantaloni beige. Ho fatto un casino, non solo per terra, anche addosso al poverino.

"Porca puttana, cazzo." Impreca quello, furioso, la sua voce è pesante.
Sembra essere sul punto di prendermi la spalla, quasi volesse questioni con me, ma per fortuna non riesce a farlo perché Denny gli blocca il polso, sorridendogli. "Può succedere, stai calmo, ok?"
"No che non può succedere!" Risponde l'uomo.
Iraconda, si reca da noi anche la titolare che è rimasta per lo più nella zona della cassa, fino ad ora, mi guarda dall'alto con disprezzo (non tira buona aria tra noi). "Scusati col signore, stupida. Gli hai rovinato i vestiti. – Dice, rivolgendosi poi a lui. – Non si preoccupi, addebiteremo il costo della camicia dal suo stipendio. Venga con me."
Sospiro sconfitta e confusa, torno a raccogliere i cocci di vetro e Denny sbuffa, poi mette il piede sul vassoio che stavo per sollevare. "Vatti a cambiare, andiamo. Pulisce chi è di turno"
"Non ha ancora finito il turno."
"Veramente mancano due minuti. Ci penso io, non preoccupatevi." Dice, ripassando Jessica, stavolta in mio aiuto.

Scende dall'auto anche Leonardo, lo vedo dalle vetrate pulite (da me) e limpide, capisco anche meno rispetto a prima. So soltanto di essere nuovamente in ginocchio e che forse sto per perdere il lavoro, anche se non è certo l'ultima spiaggia per me. In realtà, col fatto che la titolare è così fastidiosa, non sono troppo dispiaciuta. Al negozio di vestiti mi avevano chiesto di estendermi il contratto, facendo più ore, quindi credo che ripiegherò lì. Quantomeno non avrò vetri da pulire e caffè da consegnare.

Sospiro pesantemente, il tizio investito dal cappuccino scuote il piede con nervosismo prima di allontanarsi con la titolare, io mi raggomitolo involontariamente su me stessa. Anche se Denny mi ha difesa, quello che vuole da me è solo soggiogarmi, tenermi rinchiusa nel castello di bugie che sto costruendo, a discapito della persona più importante per me.

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