VIII - Perdersi

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Non riesco a sollevare lo sguardo, davanti a me Elia sorseggia una coca zero e visto che ci siamo visti in una città vicino, mi sento più tranquilla. Quantomeno posso respirare.

"Perché siamo qui? In pubblico?"
"Perché... non voglio che tu mi convinca a cambiare idea."

Elia schiude le labbra, quasi con disprezzo, mentre beve questa volta un lungo sorso della sua bevanda. Io abbasso lo sguardo, non posso fare altrimenti, anche perché il mio cuore sembra essere sul punto di cedere, per spegnersi definitivamente.

"Davvero è questa la tua soluzione? Far finta che non sia successo? Forse non dovrei sorprendermi." Sospira, abbassando la voce alla fine della frase.
"Smettila con questa storia – dico, riconoscendo anticipatamente cosa vuole dire, anche se la voce mi trema – è ovvio... che per me non significa niente."
"Hai tradito tua sorella per un ragazzo che non significa niente per te, complimenti." Ride, è nervoso, lo intuisco da come muove le dita affusolate, velocemente, intorno a quella lattina.

Persino in questo momento non riesco a smettere di vederlo maliziosamente. Anche adesso posso immaginare quel suo indice e medio così lunghi, le sue unghie grandi e pulite, dentro di me. Deglutisco, bevo un sorso del mio thè, eppure scegliere un drink caldo non è stata una buona idea – immagino sia colpa della mia indole perversa, se anche adesso mi sento così.

Non riesco a concentrarmi su quello che dice, è come se le sue parole entrassero ed uscissero fugacemente dal mio cervello mentre continuo ad osservare le sue mani, distese sul tavolo, mentre i polpastrelli tamburellano energicamente sulla superfice.

"Ho sbagliato."
"Non lo dirai mai, vero?"
"C...Cosa?"

Elia mi guarda, posso sentire il suo sguardo addosso, lo so perché anche senza guardarlo direttamente mi sento nuda, scoperta, vulnerabile davanti a lui. Ho l'impressione che se incontrassi per un solo secondo i suoi occhi feriti, cambierei completamente idea e lascerei perdere ciò che rimane dei miei principi.

"Non importa, io non resterò comunque con Sara. Io sono innamorato di te."

Il mio cuore perde diversi battiti, sono costretta a battere le ciglia più volte prima di sollevare lo sguardo, questa volta inevitabilmente, verso di lui. Elia è bellissimo, la sua espressione sofferente e arrabbiata sembra avvolgermi in un turbine di desiderio, mentre deglutisco e mi metto ricomposta sulla sedia, toccandomi nervosamente la fronte.

"Che dici? Sei impazzito?"
"Non vuoi neanche tu che menta a Sara, no? La cosa migliore che posso fare è lasciarla, in questo modo posso sparire dalla vita di entrambe. Oppure... credevi che sarei rimasto comunque con lei?"
"Io..."

Parlo, ma non so cosa dire. La mia bocca prende fiato, ma non esce niente. Effettivamente ha ragione, in realtà, sarebbe la cosa migliore, però... lui è il miglior ragazzo con cui sia mai uscita, ha sempre frequentato idioti gonfi d'ego, come Denny ad esempio, e conoscendola non si darà pace finché non scoprirà il motivo per cui è stata lasciata. Anche lei, dotata di un caratterino tutto pepe, non è il tipo che lascerà perdere.

Mentre i pensieri si intrecciano nella mia mente e la paranoia che per settimane non ha fatto che inseguirmi come un'ombra celata, nascosta dietro ogni angolo dei miei pensieri, non ancora pronta a palesarsi, diventa poco a poco sempre più grande. Come spiegarlo? Sento che l'oscurità, la paura, mi sta lentamente avvolgendo come in un telo dove è difficile persino respirare.

Che sta succedendo? È la prima volta che mi sento così. Ho creduto sopito questo terrore che di tanto in tanto ha bussato alla mia porta, ultimamente, ho creduto che sarebbe bastato essere una persona cattiva, deplorevole, perché esso non mi raggiungesse mai del tutto – eppure, forse anche le persone cattive finiscono in questi vortici.

"Aria? Cos'hai?" Chiede Elia, ha un tono preoccupato.

Io non ci capisco molto, il mio sguardo si è perso in direzione della sua lattina, poggiata sul tavolo. Ho difficoltà a respirare, a muovermi, a parlare, sento un peso addosso che mi paralizza. L'unica cosa che riesco a fare è raccogliere la fronte tra le mani, accovacciandomi su me stessa, ma non perché lo decida io – il mio corpo si muove da solo.

"Usciamo... usciamo fuori." Elia cerca di afferrarmi il polso, ma io, terrorizzata, mi allontano e lo osservo con occhi sgranati.
"N....n...."
"Stai avendo un attacco d'ansia."
"N..."

Elia si allontana, velocemente, sembra andare a pagare. Io rimango da sola giusto qualche secondo prima che lui, afferrandomi gentilmente da entrambe le braccia, mi aiuta ad uscire dal locale – camminiamo senza una meta per diversi minuti finché, davanti a noi non troviamo una splendida villetta con il cancello chiuso, ma con alcune sbarre piegate proprio per riuscire a passarci in mezzo.

"Entriamo?"
"No..." Rispondo sottovoce, adesso che sembro sentirmi meglio.
Eppure Elia è dolce mentre scivola dal mio polso alla mia mano, incrociando le dita con le mie e tirandomi docilmente verso l'entrata. "Dai, andiamo."

Alla fine cedo, lo seguo. Va bene così, a quest'ora della sera non ci sarà neppure gente all'interno, non che sia un problema, per lo meno non del tutto, visto che siamo in un'altra città. Eppure, se rimaniamo da soli le cose si complicano, me ne rendo conto, ma non riesco a staccare la mia mano dalla sua e mentre mi aiuta a passare, mettendo la mano in prossimità di uno spuntone in cui avrei potuto sbattere la testa, ci avviamo insieme.

"Perché... non lasci perdere?"
"Non ti basta quello che ti ho detto prima? – Commenta, forse un po' rammaricato, sedendo su una panchina solitaria sotto una vecchia quercia. – Smettila... di chiederlo. Continui a ferirmi."
"Ma cosa vuoi che faccia?!" Sbotto allora, improvvisamente, involontariamente.
Lui mi guarda, è arrabbiato. "Non alzare la voce, io non lo sto facendo con te."
Deglutisco, ha ragione, perché mi rivolgo così a lui? Non lo merita... dopo tutto quello che ha passato. "Anche se ti dicessi... 'anch'io', cambierebbe qualcosa? No. Non potremmo stare insieme in ogni caso, non potrei... io... rimpiango tutti i giorni quello che è successo tra noi."

Oh no, perché l'ho detto? Non è vero nulla, non c'è giorno che ringrazi per aver potuto assaggiare le sue labbra almeno una volta, anche se poi, è successo più volte. L'indecenza l'ho raggiunta la notte di ferragosto, e anche così, non me ne sono pentita... ma immagino non ci sia altro modo per allontanarlo, per fargli capire che tutto questo è sbagliato.

"Io, almeno sono onesto con me stesso." Dice soltanto.
Le sue parole sono taglienti come lame, sulla mia pelle, inclino lo sguardo. "Io non lo sono da quando abbiamo fatto l'amore."
"Sai, nonostante siamo stati insieme, mi manca la ragazza che ho conosciuto. Quella gentile e scherzosa, quella con un bel senso dell'umorismo, quella pragmatica. Per colpa mia tu non sei più così, e in questo, sono sincero a dirlo, non c'è giorno che non lo rimpianga. Mi ricordo... che eri anche molto sincera, e questo mi piaceva. Ma adesso con me non sei sincera. Se ti sfioro non riesci ad allontanarti da me... eppure, continui a dire cose che mi feriscono, mi tratti come uno sconosciuto."

Elia mi guarda, questa volta anch'io lo guardo. So cosa sta per succedere, so che il mio corpo non si sposterà di un millimetro, so che accadrà – siamo coperti, nascosti dagli occhi del resto del mondo, non c'è momento né posto migliore per baciarci.

"Sto perdendo me stessa, per colpa tua."

Elia mi bacia dopo avermi afferrato entrambe le guance, sento le lacrime scorrere, mentre ci divoriamo a vicenda. Con urgenza, impeto, come se fosse a tutti gli effetti il nostro ultimo bacio.

"Puoi ritrovarti dentro di me. – Mi sussurra. – Devi solo volerlo."

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