III - Tutte bugie

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"Devi sistemarti, vero?" Domanda Elia, io lo osservo da lontano, mai direttamente

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"Devi sistemarti, vero?" Domanda Elia, io lo osservo da lontano, mai direttamente.

Abbiamo appena terminato di pranzare tutti insieme, Sara si è svegliata da poco, ha ancora il cuscino stampato in faccia. Infatti, al contrario di mia madre che si è accorta dell'atteggiamento strano e disturbato di Elia, mia sorella non si è proprio resa conto della faccenda e sembra anche non importarle più di tanto.

Eppure, è talmente evidente che Elia non stia bene, è pallido, sembra persino più sciupato e ha lo sguardo spento. So di non essere nella posizione di far nulla, di pensare nulla, in realtà non credo di avere neanche il diritto di respirare in presenza di Sara, tuttavia... se fosse più attenta, come generalmente non è con lui, se ne renderebbe conto.

Capirebbe che i suoi bellissimi occhi verdi non si sollevano mai abbastanza, li tiene bassi come quelli di un cucciolo, capirebbe anche che non avere appetito non è da lui, che non rifiuterebbe mai le abbondanti proposte di nostra madre, anche solo per rispetto.

Sara annuisce, è distratta, gli stampa un bacio sulle labbra, un bacio dolce, un bacio a cui Elia reagisce rimanendo come impassibile – forse perché ha visto che li sto guardando, forse perché non vuole ferirmi, quando l'unica che dovrebbe proteggere è proprio Sara. Entra in bagno senza neppure rispondere alla domanda ed Elia sembra finalmente rilassare le spalle.

Quando mi guarda, il cuore mi si riempie di dolore. Distolgo velocemente lo sguardo e vado in camera, mia madre è andata a riposare, è meglio per entrambi se restiamo lontani, inoltre, dobbiamo imparare a convivere. Chissà quanti altri pranzi, quante altre cene, chissà a quanti altri baci assisterò.

Sento i suoi passi dietro di me, accelero il passo ma lui riesce ad entrare poco dopo di me. Chiude la porta alle sue spalle, mi guarda, prova pietà? Trovo qualcosa del genere nei suoi occhi, io siedo sul letto e stringo le gambe l'una contro l'altra mentre non ho il coraggio di sollevare lo sguardo.

"Dovresti andare di là." Dico soltanto.
"Ti hanno costretta? Ci sei andata volontariamente?"
Si riferisce agli audio, ovviamente. Speravo comunque che non ne parlasse in casa, soprattutto mentre Sara potrebbe tornare da un momento all'altro a prendere delle sue cose. Deglutisco. "Sono andata io."
Lui mi guarda, poi sogghigna ironico e si volta, massaggiandosi il volto con entrambe le mani. "Tu vuoi farmi impazzire."
"Cos'altro dovrei fare?" Chiedo che mi si riempiono gli occhi di lacrime, ma non cedo al pianto, soprattutto perché sento i passi leggeri di Sara avvicinarsi.

Lui siede alla scrivania, accendendo il portatile sopra. Sembrerà che si sia semplicemente messo al computer, mentre io asciugo frettolosamente la lucidità dei miei occhi tirando fuori il cellulare dove vedo, tra l'altro, un messaggio di Denny ricevuto qualche minuto fa che dice: "Miss you, my dear".

In effetti Sara entra per prendere alcune cose, un paio di shorts, un paio di calzette. Dà un altro bacio ad Elia prima di uscire e chiudersi la porta alle spalle e mi sembra di avere un peso sul cuore che mi sta lentamente uccidendo.

Cosa ho fatto?

"Io li uccido." Sussurra Elia.
"No... devi metterci una pietra sopra."
Elia si alza, si avvicina e mi guarda. "Allora non contava davvero niente quello che ti ho detto."

Che male al petto, il mio cuore si è appena spezzato in mille pezzettini, ma questo non ha alcuna importanza perché, mentre abbasso lo sguardo e nascondo le lacrime con cui sto combattendo perché non colino giù dai miei occhi nuovamente languidi, annuisco.

"Esatto."
Lui però non è soddisfatto della mia risposta, mi prende per i polsi, li stringe forte, mi fa quasi male – eppure, guardandolo, mi rendo conto che deve soffrire molto. "Perché? Io... sono pronto a proteggerti, li ucciderò entrambi, andrà... andrà bene, quando sarà... - abbassa il tono di voce, già molto basso – finita tra me e Sara."
Mi stacco da lui opponendo resistenza, uso le dita per asciugare le lacrime e poi indietreggio sul letto, voglio solo che si allontani da me. "Non esiste. Tu non lo farai, tu devi rimanere con lei finché non sarà lei a stancarsi di te."
"Pensi di fare il suo bene, così?"
"No! – Deglutisco, adesso che non posso più trattenerle queste lacrime che mi rigano il volto. – Lo dico... perché sono egoista e non voglio che mi odi per sempre."
"Sei egoista ma permetti a quelle due merde di farti..."
"Loro smetteranno. – Annuisco, fingendomi certa delle mie parole. – Se anche continuassero, non m'importerebbe. Tutto, pur di mantenere il segreto."
"E io?" Mi chiede, con la voce di un cucciolo, mi dilania il cuore.
Elia raccoglie una lacrima sulla mia guancia, poi, porta il pollice alla bocca. "Tu cosa?"
"Io non conto niente, immagino. Allora... mandiamo pure tutto a puttane." Dice, prima di prendere il mio viso con la sua mano grande e avvicinarlo al suo.

Per me, è impossibile rinunciare al sapore dolce della sua bocca, alla consistenza delle sue labbra, al movimento della sua lingua che tocca la mia sinuosamente. Sono pochi secondi, ma è come se ci aggredissimo a vicenda, pur di strappare all'altro un bacio in più, poi però rinsavisco e lo spingo, forte, lontano. Copro il volto con le mani e lui rimane solo a guardarmi.

"Dì che non ti importa niente, ma guardami in faccia quando lo fai." 

" 

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