VI. Il potere delle parole

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DRACO

I nostri padri uscirono da casa di Harry solo alcuni minuti più tardi: avevano capito che non fosse il momento di parlare di ciò che fosse successo, eravamo entrambi troppo scossi e non saremo stati padroni delle nostre azioni se solo Edward avesse continuato a sparare tutte quelle cazzate.

La prima cosa che avevamo fatto appena i due uomini misero piede fuori casa fu quella di toglierci i giubbotti anti-proiettile e prendere un respiro di sollievo. Ci era andata bene. Tremendamente bene.
Poi, Harry si riassestò e sul suo viso si dipinse una smorfia di dolore: la ferita sul braccio perdeva sangue e il buco era parecchio profondo. Mi avvicinai e gli tolsi il pezzo di lenzuolo che si era messo poco sopra per cercare di fermare il sangue.

«Vieni, ci penso io» gli dissi e lo spronai a seguirmi in camera sua.

Si sedette sul letto a gambe incrociate e mi porse il braccio. Aveva imparato a fidarsi ciecamente di me e sapeva che fossi in grado di curargli quella ferita.

«Cristo, pulsa un sacco» si lamentò poggiando la testa su una mano. Chiuse gli occhi e sospirò.

Sistemai tutto il necessario e la prima cosa che feci fu buttare una quantità generosa di acqua ossigenata sulla ferita per poi pulirla con un pezzo di ovatta.

«Harry» lo chiamai. Lo vedevo assente e un po' fuori dal mondo. Era scosso, e lo sapevo, ma lo vedevo anche pensieroso. Fin troppo.

«Mh?»

«Guardami» gli dissi.

Lui alzò lo sguardo verso di me. «Che c'è?»

«Che succede? A cosa stai pensando?»

Harry scosse leggermente la testa. «Sto pensando a quello che è successo. Se non avessimo sentito quei rumori, forse a quest'ora i bambini sarebbero morti e-...».

«Non dirlo nemmeno per scherzo» lo bloccai immediatamente. «Li abbiamo sentiti e James e Scorpius stanno bene. È tutto ciò che conta».

«No, Draco» si oppose. «Adesso stanno bene ma domani? Dopodomani? E tra tre giorni? Un mese? Staranno ancora bene?» Chiese a raffica. «Nessuno ci da' la certezza che non succederà di nuovo. Siamo stati solo fortunati».

«Karl è stato preso, non riaccadrà».

«Questo lo dici tu. Quell'uomo ha un esercito alle spalle, pensi davvero che i suoi uomini non sappiano come muoversi?» Insistette. «È stato in grado di uccidere sia Astoria che Ginny nel giro di pochissimo tempo e ora è il turno dei bambini. Anche se tuo padre dovesse ammazzarlo, non cambierebbe nulla. Bisognerebbe sterminare tutto il suo fottuto esercito».

Sospirai pesantemente e misi il primo punto sulla ferita annodandolo. «Harry, un passo alla volta. I bambini ora sono al sicuro e noi siamo scossi. Domani mattina potremo parlarne con più tranquillità. Va bene?»

Lui scosse la testa. «Domani mattina vado al Manor e lo ammazzo con le mie stesse mani, altroché».

«Ma sei impazzito? Così è la volta buona che ti buttano dentro e a quel punto James puoi anche scordartelo».

«Non possiamo rimanere fermi a guardare! Se non ci facciamo sentire, quell'uomo se ne approfitterà. Non possiamo essere marionette fra le sue mani, lo capisci questo o no?»

«Certo che lo capisco ma ammazzarlo non è la soluzione Harry, credimi» mi fermai per guardarlo negli occhi. «Ascoltami bene... domani mattina andiamo lì e ci faremo sentire. Senza usare la violenza» mi affrettai a specificare.

«E come pensi di farti sentire senza massacrarlo di botte?»

Feci un piccolo sorriso. «Usando le parole, Harry» risposi. «La peggior arma che un essere umano può avere».

*

La mattina dopo, come avevamo detto, ci dirigemmo al Manor ed entrammo più agguerriti che mai. I nostri stivaletti battevano insistentemente sul pavimento nero lucido e scendevano ogni singolo gradino in modo quasi sincronizzato.
Ci eravamo sistemati per bene per mostrare quanta più superiorità possibile: jeans neri attillati, maglioni firmati e giacche lunghe nere di alta sartoria. Eravamo decisamente più tranquilli rispetto alla sera prima ma ugualmente eravamo incazzati e avremo dato a quel testa di cazzo la lezione che si meritava.

Feci scattare la serratura della cella del Manor e immediatamente Karl alzò lo sguardo verso di noi. Edward e mio padre lo avevano sistemato per bene: aveva un occhio nero e qualche taglio sparso per il viso. Si meritava quello e anche di peggio.

«Buongiorno, Karl» dissi facendo un piccolo sorriso bastardo. La mia specialità. «Come hai passato la nottata?» Chiesi. «Ti vedo un po'... segnato. Sonno disturbato?»

«Vaffanculo, Malfoy» ringhiò.

«Ehi, Williams» lo riprese Harry. «Piano con le parole, potresti farti male».

Ridacchiai e mi avvicinai di qualche passo all'uomo, mi abbassai sulle gambe per stare alla sua altezza e lo guardai. «Ci sono arrivate delle voci, sai Karl?» Dissi. «Dicono che ieri, colui che ha cercato di uccidere noi e i nostri figli, sia tu» continuai. «Me lo confermi?»

Karl non rispose. Stette in silenzio e si limitò solamente a guardarci.

Harry, a quel punto, si avvicinò di qualche passo e iniziò a girargli intorno tenendo le mani dentro le tasche della giacca.

«Sai, Karl» disse. «Non sapevo avessi una moglie» esordì. «Tu che hai ucciso le mogli di due uomini e hai tentato di uccidergli i figli, non avrei mai creduto che fossi in grado di provare amore verso un'altra persona che non sia tu» confessò.

Karl continuò a stare in silenzio fino a quando il corvino non sganciò la bomba.

«Pensa che peccato sarebbe strappare quel meraviglioso sorriso sul volto di quella bellissima donna» sospirò teatralmente. «Com'è che si chiama? Sophie, giusto?»

L'uomo sbiancò e puntò le iridi castane su Harry che lo stava guardando come se lui fosse il leone e Karl la preda. Ed era lì pronto a sbranarlo.

«Cosa... cosa vuoi da lei?»

Harry fece un piccolo sorriso e puntò gli occhi nei miei. Voleva il mio aiuto e io glie l'avrei dato. Infondo stava per ammazzare anche il mio di figlio e Astoria l'aveva già fatta fuori. Dovevo farmi sentire anche io.

«Oh no, Karl» scossi la testa piano. «La domanda è un'altra: cosa vuoi tu da noi?» Chiesi. «Hai cominciato tu questa guerra, ricordi?»

«Voi siete delle bestie, meritate questo e molto peggio» rispose sbottando.

«Ssh, non agitarti. Stiamo parlando, non vedi? Urlare non servirà a niente» gli dissi utilizzando un tono fin troppo calmo. «La cosa è molto semplice, Williams...»

«... tu deponi le armi con noi, lasci in pace i nostri figli e noi ti promettiamo che Sophie non la guarderemo neanche. Che ne dici?» completò la frase per me il corvino.

«Ma dovrai sparire, Karl. Dovrai andartene molto, molto lontano. Perché ricordati: hai ucciso Astoria e Ginny. E questo non possiamo dimenticarcelo» dissi.

«Avremo tutti i motivi per spararti un colpo in fronte e farla finita ma ti stiamo dando una possibilità, una via di fuga. Prendere o lasciare, Karl. È la tua ultima possibilità» aggiunse Harry.

L'uomo deglutì e poi annuì. «Scapperemo e lo faremo oggi stesso. Ve lo prometto».

«Bene» sorrisi io. «Hai fatto la scelta giusta, Williams».

«Vedrai, non te ne pentirai» sorrise anche il corvino per poi posare gli occhi su di me.

Eccome se se ne sarebbe pentito.

IG: @acciodanjel 🦋

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