XII. Pallottole di gelosia

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DRACO

Le ore in sala d'attesa furono interminabili. La mamma di Harry, Michelle, non faceva altro che prendere caffè mentre Edward stava smanettando col telefono da almeno due ore.

Sospirai e mi alzai dalla sedia iniziando a fare avanti e indietro, nella speranza di alleviare l'ansia ma senza successo. Avevo bisogno di sapere che stava bene. Avevo bisogno di rivederlo.

«Draco, tesoro...» mi chiamò piano la donna dai lunghi capelli corvini. «Non agitarti, vedrai che si risolverà tutto».

«Quanto ci vuole ad estrarre un fottuto proiettile?» Sbottai.

La donna sospirò. «Harry sta bene, era cosciente».

Feci per rispondere ma la voce di Edward ci interruppe. «Non è stato Karl» annunciò.

Mi irrigidii. «E chi è stato allora?»

«Non lo so. Sto cercando di capirlo» mi disse. «Chi ha assistito alla scena mi ha detto che sembrava un ragazzo castano, pelle olivastra...».

Il mondo smise di girare. Era stato davvero Blaise a combinare quel casino? Guardai Edward e mandai giù il groppo che mi si era creato in gola. Afferrai il telefono dalla tasca e cercai il suo numero in rubrica.

«Scusatemi» dissi prima di allontanarmi e dirigermi verso l'uscita. Dopo tre squilli il ragazzo mi rispose.

«Draco» mi chiamò. «Che succede?»

«Sei stato tu?»

«A fare cosa?»

«Blaise, lo sai» ringhiai. «Come cazzo ti è venuto in mente? Sei impazzito?» Lo sgridai. «C'era un bambino in casa, cazzo!»

Lui, dall'altro capo del telefono, rise. Se lo avessi avuto davanti, gli avrei tirato un pugno dritto sul naso... a quel punto avrei riso io.

«L'avevo avvertito Draco, lo sapeva che doveva allontanarsi da te». La sua voce era dura, mascolina e incredibilmente strana.

«Blaise, forse non ti è chiaro... io non sono il tuo ragazzo, noi due non stiamo insieme, non puoi esercitare quel tipo di potere su di me e soprattutto, non puoi prendertela con Harry» sbottai.

«E chi me lo vieta?» Aveva un tono fin troppo tranquillo ed era proprio quello a mandarmi ai nervi.

«Io» dissi deciso. «Te lo vieto io» ripetei. «Perché questa volta è andata bene, ma la prossima... te lo giuro, quello che riceverà un proiettile dritto in fronte sarai tu». Attaccai.

Avevo voglia di spaccare qualcosa eppure l'unica cosa vivida che sentivo era la voce pacata dell'infermiera, poco distante da dove mi trovavo io, che annunciava la fine dell'intervento e la sua buon riuscita.
Buttai fuori un sospiro di sollievo e mi rimisi il telefono in tasca. Raggiunsi i genitori di Harry e gli permisi di entrare per primi... io sarei entrato dopo e con più calma.

Aspettai minuti infiniti prima che Edward e Michelle mi permettessero di entrare ma quando lo feci, ripresi finalmente a respirare.

Harry era sdraiato sul letto, il ciuffo scompigliato ed era a petto nudo con un cerotto abbastanza grande da coprirgli praticamente metà pancia. Stava smanettando con il cellulare e aveva dipinta sul viso un'espressione corrucciata. Sembrava fin troppo lucido per essere appena uscito dalla sala operatoria.

Mi avvicinai e gli tolsi il telefono dalle mani per far sì che potesse dedicarmi tutte le attenzioni del caso. Sorrisi dolcemente quando i suoi occhi incontrarono i miei.

«Ciao» dissi appena. «Mi hai fatto prendere uno spavento».

Lui fece un piccolo sorriso. «Mi sono spaventato anche io» ammise. «Grazie per essere qui».

«Non devi ringraziare» dissi. «Ci sarò sempre per te, lo sai».

Harry mi guardò dolcemente e sul viso si aprì un sorriso che però svanì l'istante dopo. Prese un respiro profondo. «Senti, Draco... io-...».

«Lo so» lo interruppi. «So cosa vuoi dirmi».

Lui mi guardò per qualche istante, il tempo necessario per capire se quello che stessi insinuando io fosse la stessa cosa che stava per dirmi lui. E quando capì che stavamo parlando della stessa cosa, riprese.

«Te l'ha detto lui?»

Scossi la testa. «Ci sono arrivato da solo. L'ho già chiamato».

Harry sospirò. «Non voglio essere cattivo ma... c'era James. Avrebbe potuto prendere lui, avrebbe potuto prendere te. E io non ci sto Draco, non ho nessuna intenzione di stare al suo gioco».

Stavolta fu il mio turno di sospirare. «Lo so» mi sedetti su una sedia presente vicino al letto, avevo capito che la conversazione sarebbe stata più lunga di quello che avevo realmente immaginato. «Mi dispiace... vorrei fare qualcosa ma non so come muovermi, se lo diciamo ai nostri genitori lo fanno fuori».

«Non che a me dispiaccia» ironizzò. «Sai com'è... mi ha conficcato una pallottola nel fianco. Non mi dispiacerebbe restituire il favore».

«Harry» lo ripresi. «Tu non sei così, smettila».

«Ah sì? E come sarei io allora?» Mi fulminò con lo sguardo. «Sono quello che a quindici anni si è innamorato di te senza ricevere nulla in cambio? Sono quello che quando ha scoperto tutte le merdate che facevi, te le ha perdonate tutte? Sono quello che tornava sempre tra le tue braccia fregandosene di quello che facevi perché l'amore che provavo per te era più forte?» Alzò leggermente la voce togliendomi le parole per alcuni secondi. «Dimmi Draco, chi cazzo sarei io eh? Perché mi sono stufato di stare in mezzo ai tuoi casini, di perdonarti ogni cazzata che fai perché non riesco a immaginarmi di non averti al mio fianco». Fu costretto a fermarsi perché il cerotto iniziò a macchiarsi leggermente di sangue... era saltato un punto. Sussultò e posizionò una mano sopra di esso come se servisse ad alleviare il dolore.

«Harry-...».

«Esci da qui Draco, e risolvi questa situazione. Quando sarò fuori da qui, non voglio più avere a che fare con le persone che ti scopi» concluse duramente.

Passai qualche secondo ad osservarlo perché non riuscivo a capacitarmi del fatto che avesse perso totalmente la pazienza. Lo immaginavo perché quella volta Blaise l'aveva combinata grossa ma vederlo così arrabbiato e... vulnerabile mi strinse il cuore in una morsa dolorosa.
Alla fine annuii e rilasciai un sospiro.

«Cercherò di risolverla al meglio che posso» dissi.

«No al meglio che puoi, devi risolverla e basta» calcò bene l'ultima parola. «Altrimenti Draco, te lo giuro, ci penserò io a risolverla... e non ti piacerà il modo in cui lo farò».

Mi arresi. Era davvero incazzato quella volta e non me la sentivo di biasimarlo. Aveva dannatamente ragione.

A quel punto entrò nella stanza un'infermiera che gli andò incontro per vedere la macchiolina di sangue che si era leggermente ingrandita. Il corvino mi lanciò un ultimo sguardo velenoso contraendo anche la mascella e solo a quel punto decisi di uscire da quella stanza che iniziava a starmi stretta.

Questa volta Blaise avrebbe dovuto pagare. E non sarei dovuto essere per niente gentile.

IG: @acciodanjel 🦋

KINTSUGI - 𝒅𝒓𝒂𝒓𝒓𝒚Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora