III. James e Scorpius

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DRACO

Uscimmo da quella stanza solo la mattina dopo e sembrava che tutta la rabbia della sera prima a Harry fosse passata. Già, sembrava, perché era un gran testa di cazzo e le emozioni sapeva nasconderle bene.
Ci vestimmo in silenzio e uscimmo dalla suite uno affianco all'altro, raggiungemmo il taxi che ci stava aspettando all'esterno e ci dirigemmo verso la mia dimora. Era poco fuori città ma non distava particolarmente, si raggiungeva facilmente.

Harry era silenzioso e ben attento ad osservare tutto ciò che gli passava sotto gli occhi, nascondeva qualcosa e sinceramente quel qualcosa mi preoccupava: lui era così, esattamente come lo vedevi, come si mostrava, ma anche lui nascondeva parti di sé che quando uscivano fuori, erano in grado di spaventare anche il sottoscritto e nel peggiore dei modi. E il silenzio non era un elemento che mi metteva troppa tranquillità, quello silenzioso ero io, lui passava le ore a chiacchierare e a raccontarmi i drammi della sua vita.

Il taxi ci lasciò lungo il vialetto che ci portò verso la mia casa. Era mattina inoltrata e i miei genitori sarebbero dovuti essere svegli già da un po', erano fin troppo mattinieri.
Feci scattare il cancello e poi infilai la chiave nella toppa della porta. Entrammo e, sempre in silenzio, raggiungemmo il salotto.
La prima cosa che notai quando arrivai alla meta, furono non solo i miei genitori, ma anche quelli di Harry. Bene, erano tutti insieme. Meraviglioso.

«Buongiorno tesoro» mi sorrise mia madre. «Come mai da queste parti? Vieni, siediti con noi».

Perché parlava al singolare? Non vedeva Harry? Eppure era proprio dietro di me...
Mi girai per verificare che si trovasse ancora al suo posto ma non lo vidi. Sospirai pesantemente e feci per rispondere alla donna che mi aveva messa al mondo ma una folata di vento mi fece bloccare. Dei passi decisi invasero quel salone e lo scatto di un'arma mi fece venire i brividi. Oh. No.

Davanti a me si palesò la figura di Harry che non era incazzata, di più, e tra le mani stringeva una pistola carica. Cazzo.

«Harry!» Urlò la madre scattando in piedi.
Ma lui non l'ascoltò.

Raggiunse mio padre — seduto rigorosamente a capotavola — e gli puntò l'arma sotto la mandibola. Sotto. I. Fottuti. Occhi. Di. Tutti. Lo avrei ucciso con le mie stesse mani.
Strinsi la base del naso tra l'indice e il pollice e presi un lungo respiro. Ci avevo sperato, ma la calma non faceva proprio per lui.

«Grandissimo testa di cazzo» ringhiò a pochi centimetri dal suo viso. «Cambia immediatamente i dettagli di questo piano del cazzo altrimenti ti giuro che quello a cui andrà una pallottola in testa sarai tu».

«Harry!» Lo chiamò stavolta il padre, scattando in piedi a sua volta.

Mio padre rise e lo guardò non muovendo un muscolo. Era uno psicopatico peggio di Harry.
«Assolutamente no».

«Lucius, ti conviene ascoltarmi» lo guardò dritto negli occhi. «I patti erano chiari: né James né Scorpius devono essere in mezzo a questi casini!»

«Infatti il mio caro nipotino ne è fuori» sorrise.

«E adesso butterai fuori anche mio figlio. O ti giuro che ti pianto questa pallottola in gola e me ne vado mandando a puttane ogni singola cosa. Che ne dici?»

«Aspetta...» intervenne mia madre. «Hai messo in mezzo il figlio di Harry?»

«Lucius!» Stavolta fu il turno di Michelle — la madre adottiva di Harry — di sbottare. «Avevamo delle regole: i bambini no».

«Ma guarda un po', nemmeno loro ne sapevano niente?» Lo derise nervosamente il corvino. «Hai fatto tutto da solo, come un vero e proprio verme» disse. «Vigliacco».

Mi avvicinai pericolosamente e lo presi per le spalle, lo feci staccare da mio padre e gli tolsi la pistola dalle mani scaricandola. «Adesso basta» lo ripresi. Mio padre era stato uno stronzo, è vero, ma questo non gli permetteva di spingersi così oltre con lui. Era pur sempre mio padre.

«Lucius... Narcissa e Michelle hanno ragione» diede manforte Edward, il padre adottivo di Harry.

«Tira fuori mio figlio, Lucius. E fallo ora» ringhiò Harry guardandolo attentamente. Era ancora bloccato dalle mie mani.

Mio padre sospirò e si mise comodo. Bevve un sorso del suo the e puntò le iridi identiche alle mie alle persone che lo circondavano.

«Possiamo provare a parlarne... purché Potter stia a un palmo dal mio lussuoso culo» gli lanciò un'occhiata fulminea.

Harry serrò la mascella e si tolse dalla mia presa con una spallata. Si allontanò e si diresse dall'altro lato del tavolo. Spostò la sedia senza togliere gli occhi di dosso da lui.

«Anche a due palmi, pezzo di merda». E si sedette. Io sospirai di nuovo e mi sedetti vicino a lui... sarebbe stata una conversazione lunga e complicata.

«Bene» esordì mio padre. «Come pretendete di sostituire il figlio di Harry?»

«Con chiunque, purché non sia il figlio di Harry» intervenni io.

«Ottima osservazione, figliolo» ridacchiò. «Altre idee?»

«Dobbiamo agire senza mettere in mezzo i figli di nessuno» parlò mia madre.

«E come pensi di farlo, mia cara?»

«Ci parlerò io» intervenne Harry facendo calare un silenzio tombale.

Mi passai le mani sul viso esausto. Non poteva farcela quel giorno, proprio no. Si stava mettendo nei guai.

Quel maledetto di mio padre scoppiò a ridere. «Parlarci tu?» Disse. «Dopo il modo in cui hai deciso di venire a parlare con me, non so quanto tu possa riuscire a mantenere la calma con lui».

Il corvino serrò la mascella. «Non ti fidi?»

«Sinceramente?» Chiese. «No» rispose secco. «E visto che abbiamo delle regole, vorrei ricordarti che se quel coglione viene a sapere che hai un figlio, ti ammazza anche quello. Vuoi favorire, per caso?»

«Oggi hai proprio voglia di farti ammazzare, eh?» Sbottò alzandosi da tavola, mi alzai anche io e lo bloccai da un polso.

Serrai la mascella. «Siediti» ordinai. «Mi stai facendo perdere la pazienza oggi».

Harry mi guardò per qualche secondo, il tempo necessario per capire cosa mi girasse davvero per la testa ma non trovò nulla oltre quello che gli stavo mostrando io. Per questo si sedette e puntò di nuovo gli occhi verso l'uomo dall'altro lato del tavolo.

«Farò intervenire i miei uomini» annunciò poi mio padre. «Ma quando lo porteranno qui, dovrete esserci voi. Spetta a voi ammazzarlo, a nessun altro».

«Ammazzarlo?» Chiese Harry utilizzando un tono divertito. «No» scosse la testa. «No Lucius, io non ammazzo proprio nessuno. Quell'uomo deve soffrire nel peggiore dei modi, non gli darò la stessa sorte che ha dato lui a Ginny e Astoria, è troppo facile» si alzò dalla sedia e si infilò la giacca. «Lo farò pentire di quello che ha fatto» terminò lanciando uno sguardo verso le scale.

James e Scorpius stavano scendendo uno accanto all'altro e sul viso di Harry si delineò finalmente un'espressione serena e tranquilla. Il primo, quando raggiunse il salotto, alzò la testa e vide il corvino che gli dedicò un mezzo sorriso felice.

«Ciao papà» sorrise andandogli incontro.

«Ciao campione» gli scompigliò i capelli e si abbassò per farsi posare un bacio sulla guancia. Poi gli porse la mano, James l'afferrò e si diressero verso l'uscita.

«Buona giornata a tutti» disse poi il corvino senza girarsi nemmeno. Uscì dalla porta e la sbatté.

Nel mentre, Scorpius mi aveva raggiunto e anche lui stava osservando il punto in cui i due se n'erano andati. Lo stavamo facendo tutti.

«James l'ha sentito urlare... Harry sta bene, papà?»

Puntai gli occhi nei suoi. «Sì piccolo, Harry sta bene» dissi passandogli una mano sulla guancia diafana. «È solo un po' nervoso».

E nonostante tutto lo capivo, al suo posto sarei stato nervoso anche io.

IG: @acciodanjel 🦋

KINTSUGI - 𝒅𝒓𝒂𝒓𝒓𝒚Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora