Centinaia di storie

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DISCLAIMER

La storia è puramente inventata, frutto della mia immaginazione e ogni diritto ad essa riguardante è di mia proprietà. Pertanto non è possibile spacciarla come vostra, pubblicarla altrove senza il mio consenso, utilizzarne stralci e/o contenuti vari.

Nel caso io scoprissi un utilizzo illecito della mia opera mi affiderò alle conseguenze del caso.

Ogni riferimento a persone/luoghi/fatti è puramente casuale.

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Era una mattina come tante, quella in cui Daniyal venne convocato dal capo del villaggio con ordine di urgenza. Non se l'aspettava di certo: lui era poco più di un ragazzo, aveva diciannove anni e non sapeva proprio cosa volesse l'anziano Rashid. Da un anno viveva da solo, nella sua casa, da quando sua madre era venuta a mancare; il padre era morto, invece, quando Daniyal era molto piccolo, durante la battaglia che aveva devastato il loro paese. Lui era un ragazzo taciturno e solitario, trovava sollievo solo nella lettura e nell'occuparsi della biblioteca del villaggio, il lavoro che si era deciso a svolgere già da prima della morte della madre. I libri erano la sua vera casa, il mondo fantastico e misterioso in cui amava viaggiare ogni giorno, immaginando personaggi, luoghi ed eventi meravigliosi, lontani da lui e dalla triste realtà che viveva. Era solo, non aveva amici e non sapeva neanche come procurarsene, visto che la sua esistenza girava intorno alla biblioteca per tutta la sua giornata; gli altri ragazzi della sua età, oltre al lavoro, si incontravano nella piazza del villaggio ogni sera e bevevano, danzavano e si scambiavano esperienze di vita. Lui non era mai stato un amante di queste abitudini socievoli e leggere, non sapeva neanche cosa fosse la spensieratezza.

La casa dell'anziano Rashid era un edificio basso, strutturato su un unico piano a livello strada, e si trovava proprio al centro del villaggio. Daniyal si guardò ripetutamente intorno, prima di bussare alla porta, ma non c'era nessuno ed era molto strano: il capo non veniva mai lasciato da solo, era la più alta autorità e c'erano sempre delle guardie davanti alla sua abitazione. Il ragazzo prese fiato e scoccò tre colpi con il pugno sulla porta di legno. Dopo qualche attimo venne ad aprire l'anziano stesso, con suo sommo stupore, e senza troppi convenevoli gli fece cenno di entrare.

«Gradisci del tè, giovane Daniyal?» Gli chiese l'uomo, rimasto sull'uscio.

«Sì, grazie.» Rispose il ragazzo, facendo un cenno d'assenso con la testa. Non aveva voglia di bere tè, era più incuriosito da ciò che l'anziano voleva dirgli, ma gli sembrava scortese rifiutare la sua offerta. Nell'attesa della bevanda si avvicinò alla libreria che sfoggiava alcuni tomi antichi e altri più moderni, fece scorrere il dito sul dorso dei libri, fino a quando non venne richiamato da alcuni passi nel corridoio. Si voltò, ma rimase bloccato dov'era, perché non era l'anziano Rashid che tornava da lui, ma sua nipote. Nadia aveva da sempre una bellezza eterea, fin da quando l'aveva vista per la prima volta a scuola: avevano la stessa età e avevano terminato gli studi insieme, ma non si erano parlati quasi mai, perché Daniyal non aveva molto da dire ai suoi coetanei, men che meno a lei.

«Ciao!» La voce della ragazza era limpida e gentile, melodiosa al punto che non sarebbe stato impossibile volerla sentir parlare tutto il giorno.

Il ragazzo rispose con un cenno della mano, ma abbassò d'istinto lo sguardo perché si era già soffermato troppo a guardarla negli occhi. Le sue iridi del colore del cielo erano ipnotiche, ancor più se incorniciate dalla fluida massa di capelli color ebano che ne definivano il viso e la sua carnagione olivastra, baciata dal sole.

La voce dell'anziano Rashid spezzò l'incantesimo che si era creato nella testa di Daniyal. «Ah, Nadia, giusto in tempo.»

La ragazza si mise a sedere su una poltrona vicino alla finestra, prendendo tra le mani una tazza di tè fumante. Un'altra era per l'anziano e la terza per il ragazzo, che afferrò la sua, accomodandosi su una delle sedie intorno al tavolo. Rashid si sedette al centro del divanetto che divideva la stanza circa a metà. Era stato un uomo di bell'aspetto, durante la sua giovinezza, ma adesso aveva la pelle cadente e ricolma di rughe d'espressione, una lunga barba bianca che gli sfiorava il petto e la testa calva per una buona parte. La sua voce era impastata, segno che aveva perso anche qualche dente.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Mar 13 ⏰

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