Routine Veneziana

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Ma quanto è bello il garrito dei gabbiani? Quasi poetico e svegliarsi con esso dovrebbe essere rilassante, caratteristico, una dolce sveglia su un nuovo splendido giorno ricolmo di nebbia.
Nebbia fitta e intensa, che se non stai attento rischi di finire in uno dei tanti canali che serpeggiano a Venezia.
Solo che Simone i gabbiani manco li percepisce, a dire il vero non percepisce nemmeno le prime tre sveglie, il braccio gli parte in automatico e l'atto di spegnerle il cervello non lo registra proprio, e a quel punto gli scenari sono solo due: o la quarta sveglia fa il suo lavoro e finalmente lui resuscita dal baratro del sonno e dal tepore accogliente del letto; o a trascinarlo sul freddo pavimento Veneziano dell'appartamento sono le mani di Laura e Luna che scaraventano via le coperte, lo afferrano per i piedi e a forza lo fanno alzare. E la cosa è capitata sia che lui fosse nudo dopo un festino sia che fosse completamente vestito perché crollato senza nemmeno cambiarsi dopo una giornata di studio intenso durante la sessione invernale.
Oggi, fortunatamente per lui, è un giorno in cui si sveglia da solo.
Luna aveva lezione presto a Padova quindi era uscita già da un pezzo per andare a prendere il treno e Laura probabilmente era già a Zattere con le sue compagne di corso per rivedere degli appunti.
Lui, si disse, poteva fare con calma perché quel giorno aveva solo due lezioni e la prima era alle 10. Mancava un'ora. Aveva tutto il tempo del mondo.
Aprì la finestra per arieggiare la stanza ma se ne pentì subito. L'aria fredda di febbraio irruppe nel camera facendogli venire la pelle d'oca. Si passò una mano sul viso e poi arraffò una felpa dalla sedia.
Si diresse in bagno e poi nella modesta cucina dove aprì il frigo e con assoluto rammarico si accorse che non c'era né latte né succo.
Il suo sguardo si rivolse mesto sul piano cottura dove una moca già pronta lo attendeva.
«Grazie Laura» mormorò accendendo il gas.
Dalla mensola prese il grande pacco di Gocciole e lo appoggiò sul tondo tavolo di legno scuro ancora apparecchiato con le tovagliette delle due coinquiline, rigorosamente abbinate, le stampe di Minnie e Topolino sembravano guardarlo e deriderlo.
Diciamo solo che l'ultima storia che aveva avuto si era conclusa bruscamente a Capodanno quando il suo "ragazzo", al termine del countdown, non aveva baciato lui ma un altro tizio e l'elevata dose di alcol che Simone aveva ingerito già prima delle 23 non aveva aiutato il raziocinio, quindi i tre erano stati scortati fuori dal locale dove si era consumata la tragedia della più comica litigata da lasciamento ubriaco.
Simone non ricorda com'era tornato a casa ma sapeva di esserci tornato da single.
La verità era che in cinque anni aveva avuto sia storielle che relazioni importanti, ma nessuna gli aveva fatto sentire lo stesso calore che aveva provato con Domenico, Mimmo, anzi non si erano neanche mai lontanamente avvicinate a quello che il ragazzo napoletano gli aveva fatto provare.
Il fischio del caffè lo ridestò dai suoi pensieri, fece una smorfia alle tovagliette e poi si andò a versare la bevanda in una tazza a forma di TARDIS, a cui nessuno se non lui aveva accesso.
Sei gocciole e una doccia calda più tardi, Simone era vestito e pronto per uscire di casa.
Appena mise piede fuori dalla palazzina si strinse nella giacca pesante e nel collare di lana, regalo di nonna Virginia.
Un miagolio gli fece abbassare lo sguardo.
«Scusa Gianni, ma oggi non ho niente per te»
Il gatto rosso perpetuò il miagolio e si strusciò contro la gamba del ragazzo che si abbassò ad accarezzarlo.
Gianni era di tutti e di nessuno, era stato adottato da tutti i condomini che a turno lo nutrivano e pulivano la lettiera posizionata sotto le scale del piano terra.
Simone grattò dietro le orecchie dell'animale e sotto il mento, scaturendo una sinfonia di fusa per poi tornare in piedi e riaprire il portone di legno massiccio, permettendo così al gatto di entrare e ripararsi dalla giornata fredda.
Il sole, anche se c'era, non scaldava nemmeno un po', rassegnato Simone si incamminò verso la sede di Ingegneria.
Era stata una fortuna che finalmente a Venezia il Dipartimento di Scienze e Tecnologia si fosse ampliato e che la sua sede non fosse a Mestre, sulla terra ferma.
L'ampliamento era avvenuto durante il suo primo anno a Roma, quando l'idea di cambiare città aveva cominciato a frullargli in testa. Non c'era una specifica causa ma più un insieme di diversi fattori: le continue videochiamate con Laura; il voler dimostrare a suo padre che, decisamente, non era più un bambino e che era in grado di badare a se stesso; il fatto che, per assurdo, Roma cominciava a stargli piccola e che voleva provare nuove esperienze e vedere nuove città; Manuel che a Filosofia stava andando alla grande, e Nicola che lo appoggiava con il progetto di farsi un anno di Erasmus chissà dove; poi c'era il motivo segreto, quello che non aveva confidato a nessuno.
Ogni angolo di Roma gli ricordava Mimmo. Vicolo Scellerato, dove si erano baciati la prima volta, le strade che aveva percorso insieme sullo stesso motorino... insomma, ovunque si girasse la città gli riportava alla memoria i momenti che aveva passato con quel fantastico, gentile e affascinante ragazzo.
Ogni volta sperava di rivederlo anche se sapeva che non era possibile. E lo faceva impazzire il pensiero di non sapere nemmeno se stesse bene, ovunque fosse e con qualunque nuovo nome gli avessero affibbiato.
Era felice? Era triste? Aveva cancellato il passato e ricominciato? Si era dimenticato di lui? Ma poi, era ancora vivo? Il Programma di Protezione stava funzionando? Si augurava di sì, altrimenti Pantera avrebbe avvisato Dante, no?
Si infilò in una calle affollata di turisti.
Venezia era sempre piena, estate o inverno, giorni feriali o festivi.
Michele Bravi cantava di baci ed errori nelle cuffie di Simone mentre questi entrava in sede e si dirigeva nell'aula di Inglese B2.

Fisica Matematica si concluse in pieno pomeriggio e la solita combriccola decise che era un buon momento per l'aperitivo.
I sette ragazzi trovarono un bacaro e occupati due tavolini all'interno ordinarono un giro di Spritz e cicchetti.
Carola e Sofia erano le uniche ragazze della compagnia, due gemelle eterozigote che facevano da mamme agli altri cinque del gruppo. Nonostante di aspetto fossero agli opposti, una mora l'altra biondo cenere, una con gli occhi nocciola l'altra che c'è li aveva grigi, avevano sempre outfit identici che per lo più erano composti da camicette, gilet e pantaloni eleganti.
Sofia, o Fofi, come la chiamava affettuosamente Andrea, suo partner e persona non binaria, i cui soprannomi erano Dre o King, per la sua attività notturna di Drag. Teneva i capelli quasi rasati e tinti di lilla, che all'inizio stonavano con il clima serio della facoltà.
Poi c'erano Fabio, Joe e Tommy: se Carola e Fofi erano le mamme, Fabio era il calmo, paziente e disponibile padre del gruppo, un anno più grande degli altri per via di un anno sabbatico passato a fare il barista a Ibiza, pansessuale e del segno della Bilancia, con una mascella importante, il naso affilato e penetranti occhi verdi che facevano contrasto coni capelli color mogano e la carnagione perennemente abbronzata; Joe veniva dal Canada per uno scambio culturale, appassionato di hockey, teneva i capelli afro in una crocchia di treccine sottili che terminavano con punte chiare, casinista, sorridente e il suo accento conquistava tutti ovunque andavano, un accento che passava da quello inglese a quello francese in un attimo; Tommy era rosso, e con la madre scozzese, si era più volte presentato a feste e seminari in kilt, amava essere al centro dell'attenzione e tirava fuori coloriti epiteti scozzesi per insultare i professori senza venire scoperto, in più era il migliore a reggere l'alcol.
Erano un bel gruppo, Simone era grato di essere entrato a farne parte.
Era bello poter essere liberamente se stesso senza alcun timore eppure... eppure sentiva ancora quella sensazione di vuoto.

Tornando verso casa si ricordò di fare un minimo di spesa e con due borse piene si ritrovò ad affrontare i tre piani di scale a piedi perché l'ascensore non era ancora stato riparato.
I suoi passi pesanti risuonarono per la tromba delle scale e quando arrivò in cima trovò Luna ad attenderlo.
«Se mi hai sentito non potevi venirmi incontro?»
«Io e Laura eravamo... occupate»
Giusto, le gioie delle relazioni.
Luna uscì sul pianerottolo e gli prese una delle due borse dalle mani.
«Ma quanta roba hai preso?»
«Latte, succo, un po' di pasta e sughi, tramezzini...e avevamo finito anche il detersivo per la lavastoviglie»
In casa la tv stava riproducendo un video true crime da Youtube mentre Laura stava cominciando a preparare la cena per tutti e tre: petto di pollo e patate al forno.
Finito di mangiare si misero tutti e tre sul divano e si addormentarono gli uni sugli altri mentre guardavano le repliche di '4 Ristoranti'.
Un'altra giornata conclusa. Nei canali risuonavano i clacson dei taxi, i turisti brindavano nei vari bar, i gabbiani cercavano riparo per la notte mentre in una palazzina vicino Rialto un ragazzo che si faceva chiamare Diego studiava filosofia e tentava di capire come laurearsi in Lettere Moderne di lì a nove mesi.

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