«In che senso non ti ricordi chi eri?» sentiva il fiato mancargli e la terra sparire da sotto i piedi, ma poi realizzò che se lui si sentiva così… come doveva sentirsi l’altro?
Diego lo guardò sconcertato. «Come “n che senso”? In quale altro senso, Simò?» disse staccandosi dal contatto con il romano e subito Simone si pentì della domanda, già gli mancavano le mani dell’altro.
«Hai ragione… scusa» Diego abbassò lo sguardo e si mise a giocherellare con le dita. «Volevo solo capire... se hai fatto tabula rasa o se qualche ricordo del passato ce l’avevi ancora»
«P cché? Che te cagna sapè?»
«No, niente, solo per capire. È che...» doveva trovare qualcosa per continuare la frase «Dev’essere dura»
Diego alzò gli occhioni azzurri e lucidi di lacrime sui suoi, profondi e preoccupati, occhi marroni e per la prima volta non trovò pietà.
Da quando si era svegliato in quel letto d’ospedale, con la testa completamente vuota e nessun ricordo, la gente non faceva che guardarlo con pietà ogni volta che accennava a quello che gli era successo. Infatti, dopo un po’, aveva smesso perché lo irritava, già di suo il fantasma di una vita passata e sconosciuta lo perseguitava, quegli occhi che lo guardavano pietosi non facevano che accrescere la sensazione di vuoto dentro di lui.
Quindi era molto grato che Simone, questo ragazzo nuovo e pressoché sconosciuto, lo stava guardando esclusivamente con comprensione, come se sotto sotto sapesse qualcosa.
E non sentì la benché minima fatica nel raccontargli tutto.
«Quando mi sono svegliato, dopo dieci giorni, ero bendato ‘a capa ‘e pie’. Testa fasciata, collare, gesso ‘o braccio sinistro… e mente vuota. Li dottori dissero che se ero vivo era nu miracolo»
Simone deglutì e sentì le labbra che stavano per tremare, aveva rischiato di perderlo, ma sul serio e forse non l’avrebbe mai saputo.
Diego proseguì raccontandogli di quei giorni in cui non si sapeva lui chi fosse, perché aveva perso i documenti, il telefono che avevano trovato nella tasca dei pantaloni era mezzo rotto e comunque non ricordava il codice.
Gli altri feriti che erano sul suo stesso tram avevano ricreato i momenti precedenti all’incidente: che Diego era stato visto salire alla fermata della stazione dei treni e che si era seduto subito, che alla fermata successiva aveva lasciato il posto ad un’anziana con il bastone e che sfortunatamente non era sopravvissuta all’impatto, di come mentre giravano ad una curva un suv che non rispettava per niente i limiti e gli stop si era schiantato a tutta velocità e forza contro il mezzo pubblico, proprio dove poco prima il ragazzo biondo era seduto, di come il colpo aveva fatto uscire il tram dai binari e fatto cadere tutte le persone al suo interno e poi solo caos e urla.Dopo un paio di giorni dal suo risveglio un uomo burbero che poteva essere tranquillamente un motociclista romano si era presentato, portando con sé i documenti necessari all’identificazione di Diego.
Si era seduto sullo sgabello vicino al letto e gli aveva stretto una mano con la propria, abbronzata e callosa.
«Ciao regazzì»
«Chi sei?»
«Allora è vero, non te ricordi proprio niente»
«Chi sei?» aveva ribadito, a voce più alta.
«Pantera»
«Che cazzo di nome è?»
«L’unico che devi sape’»
Il ragazzo provò un misto di confusione e paura, che voleva dire quell’uomo? Perché sembrava così minaccioso? Era forse nei guai, era in un qualche malaffare?
«Che vuoi dire?»
Pantera fissò dritto negli occhi quel ragazzino confuso, pensò al giorno in cui l’aveva portato via da Roma e messo su una macchina diretta a Venezia, pensò al ragazzino che aveva pianto per quasi l’intero viaggio e che una volta arrivato a destinazione era esausto e spento, pensò a quando l’aveva lasciato nell’appartamento che sarebbe stata casa sua, solo e triste, e senza nemmeno la forza di guardarsi attorno perché era crollato sul divanetto del piccolo soggiorno. Pensò a quando il giorno dopo si era ripresentato per spiegargli tutto, come si sarebbe dovuto comportare, la nuova identità, tutte cose che erano necessarie alla sua sopravvivenza ma che Mimmo aveva ascoltato distrattamente perché troppo impegnato a pensare a Simone.
«Che la tua situazione di prima era delicata, e prima che me lo chiedi, intendo di’ che eri in protezione testimoni»
«Cosa?!» Mimmo stava per sbroccare davanti a lui, e come dargli torto? Dimentichi tutto e la prima cosa che scopri è che la tua vita è a rischio? Non esattamente la migliore notizia da ricevere
«Ehi, mo’ che ce sto io tu non te devi preoccupa’, se seguirai ‘e regole come prima andrà tutto bene»
Mimmo, che non sapeva di chiamarsi così, aveva l’istinto di mettersi le mani nei capelli, di coprirsi gli occhi che minacciavano di mettersi a lacrimare ma ingessato com’era i movimenti gli riuscivano difficili.
«Ma chi sono io?! Dimmelo!»
«Ti chiami Diego, Diego Romano, sei originario di Napoli e stai per iniziare la facoltà di Lettere qui a Venezia. Non c’è altro»
Erano poche informazioni, rilasciate con il contagocce eppure a Diego, si chiamava così, già girava la testa, ma non poteva essere tutto lì, doveva pur esserci altro, tipo cosa aveva fatto per finire nel programma di protezione, se aveva una famiglia, quand’era il suo compleanno, se a quel mondo era solo con Pantera.
E chiese tutte quelle cose, domandò all’uomo burbero tutto quello che gli passava per la testa e Pantera, con pazienza, rispose ma sempre calibrando bene cosa diceva: era stato deciso che Diego non avrebbe mai saputo tutta la verità, per proteggerlo meglio. I dottori avevano chiarito che senza stimoli dal passato, difficilmente il ragazzo avrebbe riacquistato le memoria e Pantera pensò che era meglio, non ti poteva mancare ciò che non ricordavi.
Il poliziotto spiegò a Diego le regole che doveva seguire, cose come non pubblicare foto sui social, niente gite a Napoli o Roma -e quando avevo chiesto il perché di Roma era stato liquidato con un generico ‘non si sa mai’- per altri spostamenti o documentazioni necessarie all’università doveva rivolgersi esclusivamente a Pantera, non fidarsi troppo degli estranei e via discorrendo.
Quando, al termine di quella conversazione quasi unilaterale, Pantera si era alzato per andarsene a Diego restava una sola domanda senza risposta.
«Ho lasciato indietro qualcuno? Tenevo persone che mi volevano bene?»
Per Pantera rispondere fu doloroso ma si disse che lo faceva per il suo bene.
«No, non c’è nessuno»
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Ricominciare
FanfictionSimone vuole rendersi indipendente, vuole dimostrare ai suoi genitori ea nonna Virginia, che se la sa cavare, e quindi l'idea geniale è quella di concludere i due anni di magistrale a Venezia, risiedendo dalla sua ex, Laura e dalla ragazza di lei, L...