Diego

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Simone sentiva le lacrime che salivano, la gola si chiuse e si girò per non far vedere a quel ragazzo gli occhi lucidi.
Si passò una mano sulla faccia per cercare di ricomporsi.
In una vita precedente doveva aver fatto qualche sgarro a una divinità molto permalosa, altrimenti tutta quella sfortuna non si spiegava. Aveva letteralmente assaporato la felicità per pochi secondi, solo per poi essersela vista strappata via con cattiveria.
Sentì la mano del ragazzo sulla spalla, ma non trovò il coraggio di girarsi. Questi, mantenendo la mano salda sulla sua spalla, gli girò attorno e si abbassò per cercare di guardarlo negli occhi.
«'Si fatto scuro?»
Ed ecco il colpo di grazia per Simone, alzò la testa ma solo per cercare di ricacciare indietro le lacrime.
«Mi spiace davvero, quasi mi sento in colpa di non essere questo ragazzo»
A Simone scappò una risata amara.
«Ecco 'nu sorriso»
«Scusa»
«E di che? Ja, presentiamoci bene. Io sono Diego, piacere»
Gli porse la mano e stringendola Simone ritrovo la piacevole e familiare sensazione di sentire la pelle di Mimmo contro la propria, sensazione che a quanto pare il suo corpo ricordava come se fosse accaduto solo il giorno prima, infatti sentì i brividi, e di certo non per il freddo. Notò poi una cicatrice che spuntava dal colletto della felpa e proseguiva fin sotto i capelli.
«Simone»
«Io sto pe piglià la laurea a Lettere Moderne. Te?»
«Come sai che sono uno studente? Non potrei essere un turista?»
«Ca t'aggia dicere... mi dai questa impressione»
«Hai ragione, io ho appena iniziato un master in Ingegneria e mi sono trasferito qui a Venezia a settembre»
Mimmo fischiò stupito «Uà, tosta»
«Sì dai, non è male, me la cavo con i numeri»
«No, io meno vedo calcoli e meglio sto» A entrambi scappò una risata, e per un solo attimo sembrò tutto normale.
«Ma ch'è 'sto Mimmo?»
«Una storia lunga, ma se ci rincontreremo te la racconto»
Calò il silenzio e sembrava che nessuno dei due sapesse più cosa dire o fare.
«Scusa Simo', ma io dovrei...»
«No, hai ragione, anch'io dovrei...»
Era una situazione così strana e lui era così confuso, senza dire altro, senza salutare fece dietrofront e si incamminò, la testa che era invasa da mille pensieri.
Quel ragazzo, Diego, Mimmo, lo richiamò.
«Scusa, ma non è che nel pomeriggio saresti libero?». Simone arrossì, e si girò. «Ci facciamo un giro, ci prendiamo 'na pizza, quello che vuoi, magari mi racconti questa lunga storia di Mimmo e evitiamo il rischio di perderci per sempre»
«Scusa, Domenico...» disse tornando verso di lui.
«Diego»
«Come?» balbettò.
«Mi hai ancora chiamato Domenico, sono Diego»
«Scusa, scusami Diego ma oggi pomeriggio devo presentare un progetto».
Diego si fece triste e Simone non poté tollerare di esserne lui la causa.
«Ma se non si fa troppo tardi per te, mi piacerebbe vederti una volta finito».
Subito gli occhi di Dom- Diego tornarono a brillare della loro solita luce, una luce che Simone temeva di non vedere più.
«Non sarà troppo tardi, se devo aspettare te»
E pensa che io ho aspettato cinque anni, pensò Simone.
«Sai già dov'è la sede di Ingegneria?»
«No, ma posso cercarla su Maps, sempre che funzioni, a volte ancora mi perdo»
«Quello capita anche a me, vabbè poi ti scrivo quando sto per finire, così non aspetti per troppo. D'accordo, allora...ciao Diego»
Tornò sui suoi passi spedito ma Mimmo, Diego, lo richiamò indietro, ancora una volta.
«Simò!» oddio, quanto gli era mancato il modo in cui l'altro ragazzo lo chiamava.
Si girò all'istante. «Sì?» E se improvvisamente si fosse ricordato di lui? E se quella era in realtà tutta una messa in scena?
«Come fai a scrivermi se non ti ho dato il numero?»
Il face palm mentale rimbombò all'interno del suo cranio. Ovviamente non era lo stesso numero. Quel numero a cui aveva mandato messaggi a vuoto per giorni, quel numero che aveva chiamato chissà quante volte ma che aveva sempre squillato a vuoto solo per poi sentirsi dire dalla voce registrata che era ormai inesistente, eppure quello sciocco di Simone il numero non l'aveva cancellato nella speranza, un giorno, di svegliarsi e trovare una notifica da parte di Mimmo.
«Hai ragione... come sempre»
Tornò nuovamente indietro, si avvicinò a Diego e il ragazzo gli sorrise. « Si nu' scem, dammi qua, ja». Simone gli porse il cellulare e si vergognò dello sfondo con David Tennant nei panni del 14esimo Dottore. Diego non fece commenti e proseguì ad aprire la rubrica, scrivere il proprio numero e poi salvare con il nome "Diego <3".
«Così sai che sono io. M'aspetto 'a chiamata, eh» e se ne andò, sparendo tra la calca della viuzza al di là del ponte.
Simone tornò indietro senza quasi rendermene conto e quando gli amici gli chiesero che diamine gli fosse preso lui glissò.
«Oh, Bale, zio porco, che te ga?»
«Niente Andre, mi era parso uno che conoscevo e non vedevo da tempo, ma mi sono sbagliato»
«Bon, ma date na descantada che no go voja de ciapare na merda de voto perché te ga a testa par aria»
«Carola, ti prego, con questo dialetto sembri un pescatore ignorante»
«Scolta Fofi, a me el dialeto me piaxe e o parlo quanto vojo, se te vol far a femeneta altolocata bon par ti ma non me rompere i coioni, okay? Okay, ora se non ve despiase continuemo sta solfa de studio» e con questo Carola chiuse la questione.
I genitori delle gemelle erano divorziati e le due ragazze avevano subìto due influenze linguistiche diverse: la madre ci teneva alla lingua italiana e aveva fatto fare ad entrambe un corso di dizione che avevano attecchito solo su Sofia; il padre al contrario in casa parlava esclusivamente dialetto ed era orgoglioso che almeno una delle ragazze lo usasse nel quotidiano, diceva che non bisognava perdere i propri costumi e radici.

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