La rimpatriata con i compagni del liceo.
Simone aveva sempre creduto che quel tipo di proposta potesse arrivare solo dopo i quarant'anni, incentivata dal principio di una crisi di mezz'età comune e dall'insoddisfazione dei risultati raggiunti in una vita mediocre. Quasi poteva immaginarsela una cena, perché d'una cena si sarebbe trattato, con le stesse persone che per un lasso di tempo - in fin dei conti breve - aveva visto tutti i giorni, condividendo gli impicci e i segreti che solo a sedici anni potevano sembrare d'una portata mastodontica.
E nonostante un naturale primo imbarazzo, poi avrebbero riso e scherzato in memoria di un'adolescenza perduta - con la nostalgia incastrata fra le ciglia e le zampe di gallina -, disquisito su quanto fosse aumentata la corrente in bolletta e raccontato dei partener che alla fine avevano sposato e con cui erano riusciti a metter su famiglia. Tutti avrebbero affermato che con trecento euro in più sullo stipendio, a prescindere dalla natura del suddetto, avrebbero potuto condurre una vita di lusso. Nessun avrebbe osato dirsi pienamente soddisfatto del proprio percorso. Poi il discorso sarebbe varato sul mutuo, su quanto fosse stato complicato accenderlo per alcuni, su quanto per altri non fosse nemmeno tra i piani. E tra una pinta di troppo e rimembranze esageratamente drammatiche, ci sarebbe stata pure qualche lacrima al momento dei saluti, con l'effimera promessa di rivedersi ancora un giorno.
Uno brevissimo stralcio dolceamaro che avrebbe interrotto la frenetica quotidianità di ciascuno per catapultarli nell'illusoria convinzione di essere ancora dei ragazzini senza alcun tipo di pensiero o responsabilità.
Invece quell'invito gli arrivò con largo anticipo, alla soglia di quei trent'anni, che un po' lo facevano sentire un leone e un po' gli concedevano l'arrogante convinzione d'avere l'universo stretto per le palle.
Perché a Simone Balestra la vita aveva sorriso incalcolabili volte, dopo la fine del liceo, regalandogli un'escalation di successi consecutivi, a partire dalla laurea magistrale con il massimo dei voti in ingegneria aerospaziale e successiva pubblicazione della tesi, fino ad arrivare alle innumerevoli proposte lavorative. Il primo impiego in un'azienda automobilistica l'aveva fatto viaggiare oltreoceano ad appena ventisei anni, trattenendolo a Philadelphia per dodici mesi. Aveva fatto esperienza, perfezionato la lingua e sancito ufficialmente la fine dalla sua dipendenza dalla madre e dal padre. Al suo rientro in Italia, infine, era arrivata quella posizione - che un qualunque coetaneo avrebbe ritenuto prestigiosa -, all'aeroporto di Napoli: un ufficio tutto suo, dei sottoposti gli avevano inaspettatamente offerto un'accoglienza entusiasta, una referente che si permetteva d'essere dispotica giusto una volta al mese.
All'inizio non credeva che il suo soggiorno nel golfo partenopeo sarebbe durato a lungo: aveva firmato il contratto con una buona dose di riserva emotiva, certo che prima o poi gli eventi l'avrebbero spinto altrove. Invece i tre anni successivi gli erano scivolati tra le dita e ancor prima di poterlo realizzare aveva messo radici in una città che sotto certi punti di vista gli ricordava la sua bella Roma e sotto altri gli pareva un universo del tutto differente da quello a cui era abituato. S'era fatto il suo gruppo di amici, iscritto in una piscina dove andava a nuotare, era diventato un habitue di alcuni locali e il barista sotto casa lo chiamava per nome. Per non parlare dei week-end a Mare Chiaro, delle lunghe e dispersive passeggiate tra i vicoli stretti del centro storico... quando contro il Napoli aveva giocato la Roma era andato anche allo stadio assieme al suo vicino di casa, a viversi un'esperienza che in passato s'era precluso in più occasioni.
Non era mai stato un tipo espansivo, ma si rendeva conto che le soddisfazioni personali avevano inciso enormemente sulla sua autostima. E una buona autostima accresceva inevitabilmente il carisma, che a sua volta garantiva una vita sociale dignitosa. Così gli era diventato estremamente semplice stringere amicizia. Gli pareva d'essere diventato la migliore versione di se stesso e che gli altri lo vedessero unicamente sotto una luce positiva. Una considerazione così importante non l'aveva mai avuta, né tantomeno in altri tempi aveva sperato di potervi ambire. E gli piaceva, piacere.