«Io nun me metto proprio 'n cazzo, te lo scordi. - Fu la risposta piccata che gli rifilò quando Simone fece per allungargli la protezione solare. Uno sguardo disgustato al tubetto, prima di girargli la faccia con capriccio, gli occhi fissi sull'immensa distesa d'acqua salata mentre sfilava la canottiera rossa. Gli era venuto da ridere a vederla, quella mattina. Era quella da basket, la stessa che portava sempre al liceo e che indossava pure quell'unica sera in cui si erano concessi l'uno a l'altra. A detta sua aveva l'aveva lasciata in pianta stabile a casa della madre, assieme ad altri pochi vestiti di quando era ragazzo che ancora non erano del tutto smessi. E se vederlo con quella indosso, per un'assurdo processo mentale gli era parso un inconsapevole atto di seduzione, vederlo senza, lo percepì quasi come un invito. Ad un certo punto, da adolescente, s'era abituato a vederlo girare per casa a torso nudo. In estate ci dormiva pure, ad un soffio da lui: a portata di tocco, eppure lontano anni luce. Adesso si domandava sinceramente come avesse fatto a sopravvivere. Sicuramente non aveva più la medesima forza d'animo d'un tempo, ma quantomeno era riuscito ad eliminare i futili imbarazzi che gli impedivano d'osservarlo apertamente. - Me fa schifo. È viscida. S'appiccica. Puzza ed è pure biancastra.» Sbuffò una risatina dal naso quando lo vide reprimere un brivido di disgusto, poi sistemò le pantofole sotto l'ombrellone che avevano piantato alla meglio nella sabbia già cocente.
«Quanti ne compi a novembre? - Manuel si voltò a guardarlo con un sopracciglio inarcato che si distese quasi istantaneamente nel rendersi conto che pure lui si fosse tolto i vestiti. E decise di non infierire, più che altro perché gli piaceva la sensazione dei suoi occhi addosso e prenderlo in giro l'avrebbe indotto a smetterla. - Tre?» Continuò invece con l'altra narrazione sbeffeggiante, che portò il maggiore a scoccare la lingua contro il palato.
«Me po' fa schifo o te devo chiedere il permesso?» E tutta quella supponenza lo rasserenò. La sera prima s'erano fatti il viaggio di ritorno verso casa di Anita in completo silenzio e Manuel, abbandonato con la fronte contro il finestrino, a stento l'aveva guardato negli occhi. Gli aveva fatto male al petto lasciarlo salire in quelle condizioni, ma non aveva osato farglielo presente per paura che l'altro scambiasse la sua apprensione per compatimento.
Non c'aveva dormito la notte, il ricordo dei suoi singhiozzi l'aveva riscosso ad ogni tentativo di chiudere gli occhi. S'era rigirato tra le lenzuola della camera da letto che per un lasso di tempo, in fin dei conti breve, avevano condiviso, domandando in che modo avrebbe potuto aiutare una persona (la sua persona) che negava d'aver effettivamente bisogno di supporto. Gli pareva d'avere le mani legate, di nuovo. Con Manuel c'era sempre una postilla vincolante che gli impediva d'esprimere pienamente il proprio volere: non mi piacciono i maschi; mi sto innamorando di Nina; c'ho un compagno. Quella mattina aveva avuto quasi timore, quando l'aveva visto scendere in strada con gli occhiali da sole inforcati e lo zaino sulle spalle, ma gli era bastato scorgere un sorriso tranquillo mentre entrava in macchina, per rasserenarsi a sua volta. Nessuno dei due aveva osato fare cenno alla sera precedente, nonostante Simone avesse sentito l'impellente bisogno di esprimergli la propria vicinanza e d'attirarlo nuovamente tra le sue braccia. C'avrebbe dovuto dormire, tra le sue braccia, così magari nessuno dei due si sarebbe ritrovato con le occhiaie più segnate della norma. Ma cosa pretendeva? Che importanza si stava dando? Evidentemente troppa, ed ebbe la conferma quando il più grande palesò i suoi pensieri, supplicandolo di sostare lungo la strada verso Ostia per fare colazione. Poi, autonomamente, s'era appropriato del cavetto e aveva messo su la musica.
«Cos'è un'ustione se paragonata ai malefici dell'innominabile crema solare. - Una battuta sarcastica che Manuel non colse perché ora era veramente tutto preso a guardarlo. Con le sopracciglia aggrottate, però. E Simone di riflesso l'osservò con le medesima perplessità, per poi seguire la traiettoria del suo sguardo. - Cosa?» Ma Manuel era già avanzato nella sua direzione e l'aveva afferrato per un polso. Se l'era tirato più vicino per risalire con le dita della mano libera sulla spalla, a tracciare le linee ingrigite dell'unico tatuaggio che avesse mai fatto.