Chicca gli circondò il collo con un braccio, premendogli affettuosamente un bacio sullo zigomo. «Nun è vera 'a storia della bandierina rossa, comunque! - gli urlò contro l'orecchio per sovrastare la musica, poi gli rivolse un sorriso sincero. - C'ho avuto relazioni decisamente più problematiche della nostra, dopo di te e prima di Ceci. - pareva quasi volerlo consolare, e Manuel si ritrovò ad apprezzare quella maniera un po' grossolana di dire le cose senza dirle per davvero. Si rilassò, circondandole la vita a sua volta, poi seguì l'indice smaltato di nero della sua mano libera, ora puntato verso una Laura tutta intenta a cantare con il cellulare stretto tra le dita incrociate nella becera imitazione di un microfono. - Ma l'amavo e l'amo ancora!» strillarono assieme, e le loro voci si dispersero in mezzo a quelle di tutti gli altri partecipanti coinvolti nell'enorme karaoke che era diventato quell'evento.
Matteo se ne stava con la mano aperta sul cuore, a cantare quel pezzo neanche fosse l'inno nazionale, spalla a spalla con degli sconosciuti nel suo medesimo stato d'animo. Aveva quasi dimenticato quanto sconclusionate fossero le serate passate in compagnia di quelle persone. E quanto era piacevole non dover fingere, seppur per poche ore, di essere un adulto.
Dimenticarsene, quasi.
Simone era addirittura più spensierato di quanto l'avesse mai visto da ragazzo, del tutto a proprio agio con se stesso e l'ambiente circostante. Lo intravide afferrare la ragazza dai capelli biondi per un polso e farle un vergognoso, quanto galante, baciamano. Poi, dopo una piroetta, prese a farla volteggiare, coinvolgendola in un lento improvvisato che lei prese di buon grado, allacciandosi al suo collo. L'avrebbe scambiato per un corteggiamento in piena regola, se non avesse conosciuto soggetti e precedenti. D'altronde, Simone era a tutti gli effetti un ammaliatore pienamente conscio del proprio ascendente sulle persone circostanti.
La sua spia fu smascherata quasi subito, quando il corvino lo intercettò con lo sguardo, rivolgendogli un paio di labbra appena piegate verso l'alto. Anche quello, in qualche modo, poteva essere definito come un atto di seduzione, seppur attuato in maniera estremamente accorta e docile.
Non dissimulò, non avrebbe avuto alcun senso.
Fu come un tuffo nel passato, a quando stava con Chicca e spergiurava ogni giorno di sposarla mentre Simone giocava a fare il ragazzo d'oro con Laura, fingendo d'amarla.
A stento si rivolgevano la parola, all'inizio del terzo anno, quando era più facile comunicare alzandosi le mani a vicenda e nei momenti meno opportuni. Un'ostilità che nemmeno riusciva a ricordare come fosse nata, ma che adesso si rendeva conto essere stata solo il frutto della sua smania di toccarlo. Azzuffarsi con lui era la strada facile, quella che non destava sospetti e non lo costringeva ad interrogarsi. Ovviamente era una dinamica che da adolescente aveva attuato in maniera del tutto inconsapevole, giustificandola con il fatto che non riuscisse a tollerare quel perfettone altezzoso che pareva guardarlo dalla testa ai piedi. Forse avrebbe dovuto cominciare a farsi due domande nell'esatto momento in cui erano passati dall'essere l'uno la nemesi dell'altro al vivere praticamente in simbiosi senza una motivazione realmente valida. Non c'era stato un evento decisivo che aveva sancito l'inizio della loro amicizia, o almeno nulla di così forte. S'era trattato d'un becero pretesto scaturito dall'ennesimo e insensato litigio.
Simone l'aveva prima offeso, poi guardato col suo fare un po' altezzoso e dal nulla chiesto di tatuarlo. Manuel l'aveva prima aggredito, poi bucato la sua pelle fino a marchiarla in maniera permanente.
Tra lui e Simone le cose erano sempre andate in quel modo e proprio per quel modo all'inizio avevano funzionato alla perfezione: s'erano presi e persi, persi e cercati di nuovo. Sempre in silenzio perché Manuel non aveva mai avuto il coraggio di scendere a patti con la realtà e Simone, ad un certo punto, aveva smesso di provarci.