Tu e Manuel scopate, ve'?
Il messaggio di Luna gli arrivò in risposta alla storia che aveva postato quella domenica mattina. E come fosse giunta ad una conclusione del genere, per una semplice foto scattata all'alba dalla finestra della sua camera in villa, proprio non riuscì a spiegarselo. Comunque per poco non si strozzò con la sua stessa saliva, al cospetto di quelle cinque parole che parevano dare per scontato ciò che lui invece sentiva lontano anni luce.
La lasciò in sospeso per alcuni istanti, incerto se risponderle o meno. Poi si disse che un suo silenzio avrebbe potuto essere frainteso, così s'armò d'un minimo di dignità per digitare un no svelto, prima di bloccare la schermata e lasciar cadere il cellulare sulla tavola con un tonfo.
Ma questi s'illuminò nuovamente dopo appena pochi istanti, costringendolo ad uno sbuffo. E secondo te ti credo? Simone aggrottò le sopracciglia, prendendo un sorso dall'ennesima tazzina di caffè della mattinata. Era in piedi dalle sei, reduce della seconda notte in bianco di fila. Sempre con gli stessi pensieri ad attanagliargli la mente a sottrargli ore di sonno.
Ti giuro di no. E attese direttamente in chat una replica, i polpastrelli a tamburellare ritmicamente contro la tavola. Una visualizzazione che rimase tale per interi minuti, durante i quali perse pian piano quel minimo di pazienza rimastogli. E quando fu certo che la ragazza non avrebbe proseguito con quella retorica tanto spicciola, decise d'incalzarla di nuovo. Più che altro perché, doveva ammetterlo, aveva bisogno di parlarne con qualcuno. Manuel la sera prima non s'era fatto sentire. S'erano salutati sotto casa di Anita con la promessa reciproca d'aggiornarsi, ma pure con la decisione insindacabile (seppur non pronunciata a voce alta) che non sarebbe stato lui il primo a farsi vivo. Sapeva quando mettere da parte l'orgoglio e quello non era il caso. Riteneva d'aver fatto pure fin troppi passi verso Manuel e che, arrivati a quel punto, qualsiasi tipo di scelta spettasse a lui soltanto. Non si sarebbe caricato sulle spalle il peso di ridefinire in autonomia la loro relazione, non di nuovo.
Ti posso chiamare? Digitò in fretta, e attese una conferma, restandosene a guardare gli unici pochi messaggi che s'erano scambiati da quando avevano ripreso a seguirsi. Di nuovo non arrivò, ma in compenso il cellulare prese a squillare dopo alcuni minuti.
«Se me racconti altre cazzare chiudo e ti ghosto di nuovo.» Stava ridacchiando, e Simone s'alzò per buttare il bicchierino di carta e passeggiare lentamente verso il salone. Era sempre così strano starsene da solo nella stessa casa che, in quella che gli pareva un'altra vita, era stata tanto vissuta. E se le fotografie di quei momenti non avesse deciso di riappenderle come un monito, dopo il trasloco dei disastrosi affittuari di sua madre, probabilmente avrebbe ceduto alla convinzione d'esserseli immaginati alcuni ricordi. Invece erano lì, impressi ai i muri del corridoio e incorniciati sulle mensole: scatti di felicità e tristezza. Come quella fotografia di lui, Dante, Anita e Manuel nel giorno degli orali alla maturità. Sorridevano tutti e Manuel, con indosso una camicia sgualcita, c'aveva la lingua da fuori. Eppure Simone lo ricordava come uno dei momenti più neri della sua tarda adolescenza. Aveva già deciso di partire per andare a studiare a Milano, quando sua nonna aveva scattato quella foto, per recidere nettamente ogni ponte emotivo con la Capitale e le persone che l'abitavano. Solo che ancora non l'aveva annunciato, se non a sua a madre che s'era detta d'accordo a pagargli la retta universitaria e l'affitto.
«Non ti ho detto una cazzata.» Si giustificò immediatamente. Erano sempre andati d'accordo lui è Luna, solo che quando aveva deciso di fare fuori Manuel dalla sua vita, inevitabilmente s'era ritrovato ad allontanare anche lei. E Laura. E gli altri. Un effetto domino necessario, a cui era andato incontro con amara consapevolezza.