Chapter 14🥂

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Jonah's POV
<<Spero sia importante perché in questo momento non ho molta voglia di interagire con gli altri esseri umani.>>
<<Corbyn è Gatsby.>>
Silenzio è l'unica risposta che ricevo per qualche istante e poi...
<<Mi hai chiamato a quest'ora di notte solo per dirmi questo? La prossima volta evita di sprecare minuti inutilmente.>>
<<Hai capito cosa ti ho detto? Il tuo ragazzo se ne va in giro da mesi a organizzare feste illegali per la scuola mentre il rettore, suo padre, ha sviluppato una vera e propria ossessione nel catturarlo.>>
<<Ho capito benissimo. Quello che effettivamente non capisco è a che scopo me lo stai dicendo>>
<<Non è ovvio? Ecco la soluzione: lo smascheriamo. Domani mattina come prima cosa andiamo da suo padre e gli diciamo la verità e per Corbyn sarà la fine. Io ottengo la mia vendetta e tu avrai ciò che vuoi: Ella verrà sicuramente espulsa per complicità e comunque, una volta che la storia sarà venuta a galla, non avranno più occasione di lavorare insieme, e quindi di vedersi. Vinciamo tutti.>>
<<Se non fosse che ti sbagli. Il tuo piano brillante non porterà a nessun risultato. Se non forse quello di screditarti ancora di più agli occhi di tuo padre, nel caso lo venisse a sapere.>>
La risposta arriva secca e priva di qualsiasi inflessione nel tono, quasi come se si stesse limitando ad affermare un fatto oggettivo, come se mi stesse dicendo che il cielo è blu e che io sono un idiota per non essermene accorto. Smetto di camminare avanti e indietro per la stanza e mi siedo alla scrivania, cercando di mantenere il mio tono di voce contenuto per non far trapelare il mio crescente nervosismo.
<<Non capisco dove sia il problema.>>
<<Ovviamente. Scommetto che in questo momento non riusciresti a vedere neanche un grattacielo, tanto sei accecato dalla rabbia. E non ho neanche bisogno di vederti per capirlo. Ti consiglio un buon corso di anger management.>>
Tentativo fallito. Tanto vale abbandonare ogni pretesa di cordialità.
Faccio qualche respiro profondo e provo a contare lentamente fino a dieci, così da evitare di gettare il telefono dall'altro lato della stanza e colpirlo finché non lo riduco in mille pezzi. Di nuovo.
<<Visto che sei così intelligente, perché non mi illumini? Spiegami cos'è che non riesco a vedere.>> dico, con un tono impregnato di sarcasmo.
<<Innanzitutto, che prove hai delle tue accuse? Hai qualcosa di concreto da presentare al rettore o avevi solo intenzione di irrompere nel suo ufficio di prima mattina e accusare suo figlio, il suo adorato, perfetto, che-non-farebbe-mai-nulla-di-male unico figlio, che nell'ultimo anno ha passato più tempo a organizzare festini e a distribuire alcol ai minorenni piuttosto che studiare per il test d'ammissione al college, aspettandoti che ti creda sulla parola? E perché dovrebbe poi, quando tutti sanno che non sopporti Corbyn e che faresti di tutto per screditarlo?>>
<<In teoria, ho una prova. Una sorta di semi-confessione.>>
Le ammutolisce e passiamo qualche secondo in totale silenzio prima che lei riprenda la conversazione.
<<Hai intenzione di elaborare la tua affermazione o hai deciso di esprimerti solo con frasi ad effetto da ora in poi?>>
<<Ho scoperto di Corbyn perché, mentre ero con Ella ad attuare il piano, per sbaglio si è lasciata sfuggire delle cose. Non ha ammesso niente esplicitamente ma potrebbe essere abbastanza da instillare un dubbio.>>
<<Sto iniziando a capire perché non piaci a tuo padre.>>
<<Vaffanculo.>>
La sento sospirare dall'altro lato della linea. Torno a camminare per la stanza, passandomi nervosamente le mani nei capelli.
<<Ricapitolando: hai intenzione di dimostrare al rettore che suo figlio è la sua nemesi mostrandogli un video in cui fai qualcosa di potenzialmente illegale e decisamente di dubbia moralità in cui il principale testimone della tua accusa fa delle allusioni che potrebbero, così come non potrebbero, dimostrare che hai ragione. E in tutto ciò suppongo che tu abbia anche l'intenzione di non sembrare completamente pazzo. O rincoglionito. Ho capito bene?>>
Il suo riassunto ottiene se non altro l'obiettivo di far sparire ciò che resta della mia rabbia. Svuotato e stanco a causa dell'ora tarda, mi butto sul letto emettendo un forte sospiro. Mi strofino gli occhi con forza e cerco di pensare a una soluzione migliore.
<<Ok. Era un piano di merda.>>
<<Mi fa piacere che almeno su una cosa siamo d'accordo.>>
<<Potresti anche provare a renderti utile. Invece di sfasciare ogni mia idea, perché non ne proponi una tu, visto che sei così brava.>>
<<Non ho intenzione di sprecare energie per qualcosa che non ci porterà da nessuna parte. Sarebbe molto meglio, piuttosto, che la smettessi di pensarci e ti concentrassi sul piano che abbiamo già in atto.>>
Sento la rabbia tornare a risvegliarsi lentamente. Provo a mantenere la calma.
<<Che cazzo vuol dire "smettila di pensarci"? Dovrei semplicemente ignorare questa bomba? E' la notizia migliore che ho avuto nell'ultimo anno ed è l'arma più potente nel nostro arsenale, e tu vorresti che la buttassi nel cesso come se nulla fosse?>>
Non ci sono riuscito. Forse un corso di gestione della rabbia non è un'idea poi così malvagia.
<<Non è la nostra arma migliore. Ho appena finito di spiegartelo. Ti porterebbe solo svantaggio. Non otterresti nulla.>>
<<Forse no. Ma ora so il suo segreto. Quanto potrà essere difficile trovare una prova schiacciante che nessuno possa contestare?>>
<<E come hai intenzione di riuscirci, sentiamo? Vuoi stalkerarlo finché non fa qualcosa di incriminante?>>
Un dubbio inizia a insinuarsi nella mia mente. Come un serpente che subdolamente si avvicina alla sua preda, aspettando il momento propizio per attaccare.
<<Potrebbe essere un'idea. Corbyn è abbastanza arrogante da credere che non verrà mai scoperto, non ci vorrà molto prima che si tradisca. Potrebbe bastare anche un giorno.>>
<<Oppure potresti passare mesi a pedinarlo come un maniaco senza ottenere risultati. E magari qualcuno denuncerebbe prima te per stalking.>>
<<Potresti farlo tu.>>
Silenzio.
E poi: <<Vuoi che mi metta a pedinare il mio ragazzo?>>
<<Potresti semplicemente chiedere. Tra voi non ci sono mai stati segreti, no?>>
Ed eccolo arrivare. Il momento in cui le fauci affondano nel corpo della preda e il dubbio diventa una consapevolezza.
La consapevolezza di essere stato tradito.
La realizzazione di non essere mai stato uno dei concorrenti ma una semplice pedina, manovrata a piacimento.
<E cosa ti aspetti che faccia esattamente. Dovrei bussare alla sua porta e ch->>
<<Lo hai sempre saputo.>> la interrompo, stanco di ascoltare le sue manipolazioni.
Di nuovo, silenzio. Assordante. Colpevole. Irritante. Maledetto silenzio.
<<Lo hai sempre saputo e mi hai usato come un burattino tutto questo tempo.>>
La rabbia cresce in me come un fiume in piena, pronto a straripare dagli argini e ormai impossibile da contenere.
Tutti sapevano tranne me.
Tutti ne sono parte, tranne me.
Tutti dalla sua parte. Tutti pronti a proteggerlo.
Io, invece, sempre messo da parte.
Usato.
Preso all'occorrenza e poi gettato via come un pupazzo nel momento in cui perdo la mia utilità alla causa: lui e il suo benessere.
Sento la voce di Madeleine, dall'altro lato, che cerca di attirare la mia attenzione ma è come un suono lontano, ovattato. Come se fossi sott'acqua, sempre più lontano dal mondo in superficie.
Chiudo la chiamata, il telefono abbandonato nella mia mano, e fisso il soffitto. Sempre bianco, con le crepe sempre nello stesso posto. Come me, sempre scelto dopo di lui, l'eterno secondo.
Che io sia dannato, se lo lascerò averla vinta anche stavolta. Preferisco rovinarmi piuttosto che vederlo trionfare ancora.
Il resto della notte passa in un vortice confuso di emozioni e pensieri senza che io riesca ad addormentarmi e la mattina seguente esco dalla mia camera con gli stessi vestiti del giorno prima, un mal di testa lancinante, nessuna idea ancora su ciò che fare da ora in poi e non ho neanche bisogno di guardarmi allo specchio per sapere che ho l'aspetto di un pazzo. Ma sinceramente, in questo momento il mio aspetto è l'ultimo dei miei problemi.
Sono diretto verso la caffetteria quando nel corridoio vedo Corbyn dirigersi verso la sua stanza. Immediatamente, tutta la rabbia di ieri, a malapena smaltita durante la notte, torna prepotentemente a galla. Mi butto contro di lui e lo spingo con forza contro il muro.
<<Ma che cazzo fai? Sei impazzito per caso?>> è l'immediata risposta del ragazzo, che, non appena posa lo sguardo su di me, sgrana gli occhi, quasi non riuscisse a credere a quello che vede.
Non rispondo, resto davanti a lui con i pugni serrati e il respiro affannoso.
Dopo un po', la preoccupazione ha la meglio e, con un tono decisamente più preoccupato, Corbyn chiede: <<Stai bene, Jonah? Sembra quasi che tu abbia la febbre. Vuoi che chiami un medico?>>
La sua preoccupazione, in qualche modo, non fa che aumentare la mia rabbia.
Digrignando i denti, rispondo: <<Non ho bisogno di niente da te. Anzi, l'unica cosa che ho mai voluto da te è che sparissi completamente dalla mia vita, ma, a quanto pare, sarebbe più facile per l'uomo camminare su Marte che per me liberarmi definitivamente di te.>>
Il ragazzo sussulta, quasi come se lo avessi colpito di nuovo, e continua a guardarmi con un'espressione preoccupata.
<<Si può sapere perché mi odi tanto? Come siamo arrivati a questo?>>
Emetto un suono che dovrebbe essere una risata sarcastica, ma che somiglia più a uno sbuffo.
<<Non siamo più bambini, Corbyn. Da quando giocavamo agli eroi al parco sono passati anni e nel frattempo la vita è successa. Forse, se la smettessi di comportarti ancora come il bambino di allora, te ne accorgeresti. E capiresti perché io e te non siamo amici e non possiamo esserlo. Io non posso essere tuo amico.>> dico tutto d'un fiato, indeciso se continuare e vomitargli addosso tutto ciò che sento o mantenere un minimo di dignità ancora intatta. Alla fine, sono troppo stanco per trovare la forza necessaria a ricacciare indietro la matassa di emozioni che mi si è incastrata in gola. <<Se ti fossi degnato di guardarti intorno almeno una volta, se almeno per un secondo avessi smesso di pensare solo e unicamente a te stesso e avessi provato a prestare attenzione alle persone che ti ruotano attorno, adesso non saresti qui a fare domande di cui tutti, in questa scuola e forse anche fuori, conoscono le risposte. Parli sempre come se detenessi lo scettro della moralità, stai lì, in piedi su un piedistallo su cui ti sei messo da solo, a dire agli altri come comportarsi, come pensare, come vivere nel modo giusto. Non fai altro che piagnucolare e lamentarti di come nessuno ti capisca e nessuno stia mai dalla tua parte e nessuno ti voglia bene abbastanza da capire ciò che vuoi, quando la realtà è l'esatto opposto. Tutte le persone che ti circondano non fanno altro che proteggerti, coccolarti, accudirti e viziarti senza mai chiedere nulla in cambio. Hai tutto ciò che si possa desiderare e lo tratti come se non avesse alcun valore. Tuo padre ti venera e farebbe di tutto per vederti felice e tu gli parli come se avesse appena buttato il tuo giocattolo preferito, hai un cugino che ti vede e ti adora come un fratello minore e che farebbe di tutto per avere un tuo consiglio e tu, scommetto, non sai neanche un quarto delle cose che gli succedono quando non sta con te, hai una ragazza che ti ama alla follia e tu invece, a volte, sembra che a malapena ti ricordi della sua esistenza. Sei così assorbito da te stesso da non accorgerti di ciò che ti accade intorno. Di quanto gli altri stiano male a causa del tuo menefreghismo. E poi, quando li conduci a gesti estremi per avere un minimo della tua attenzione, dal tuo piedistallo autoassegnato pronunci la tua condanna. Non ascolti niente e nessuno. Non ammetti mai di aver torto. Non ammetti neanche la possibilità di poter sbagliare. E io sono stanco di vederti avere tutto senza dare mai niente in cambio mentre io me ne sto in un angolo a raccogliere le briciole.>>
Mi fermo a riprendere fiato e osservo il ragazzo che mi sta di fronte. Lui, sbalordito dalle mie parole, mi osserva a sua volta, senza emettere un suono. Sembra quasi che stia trattenendo il respiro.
Continuo: <<Hai presente quel modo di dire, "non capisci il vero valore delle cose finché non le perdi"? Ho pensato che potrebbe funzionare anche per te. Forse se ti portassi via tutto, se smontassi il tuo castello d'avorio, mattone dopo mattone, forse, a quel punto, capiresti la tua fortuna. Forse a quel punto ti renderesti conto di ciò che le persone fanno per te. Forse capiresti anche perché ti odio.>>
Sono di nuovo un fiume in piena, incontenibile, inevitabile.
Concludo: <<Ecco il primo mattone: ciò che ho fatto ieri ad Ella faceva tutto parte del piano che la tua ragazza ha brillantemente ideato per levarsela dalle palle. Mi ha avvicinato non molto tempo fa e mi ha proposto di lavorare insieme per raggiungere entrambi i nostri scopo. Il mio di ferirti e il suo di averti tutto per sé. Non avevo intenzione di andare fino in fondo ieri, mi sarebbero bastati tre minuti di video e poi mi sarei fermato prima che le cose potessero andare troppo oltre. Ma mi aspettavo collaborazione da parte di Ella. Ho seguito alla lettera il volere della tua ragazza, che era disposta a far soffrire non solo lei, ma anche te pur di raggiungere i suoi scopi. E tutto questo perché non sei capace di ascoltare o di capire i bisogni di chi ti sta intorno.>>
<<Vuoi dire che tutto questo è colpa mia?>> chiede, parlando per la prima volta, con un tono di voce così fievole che per un attimo stento a sentirlo.
Non riesco a decifrare la sua espressione. Non l'ho mai visto così serio.
<<Voglio dire che il tuo egoismo ha effetti sulle persone che ti circondano. Ed è ora che tu te ne assuma la responsabilità.>>
Mi allontano senza dargli la possibilità di rispondere. Sono troppo stanco per continuare.
Sono stanco e basta.
La rabbia è svanita e al suo posto non ha lasciato niente.
Torno in camera mia, mi infilo sotto le coperte completamente vestito e aspetto che il sonno mi trascini via da questo mondo in cui sono stanco di vivere.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Jan 24 ⏰

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