II

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Incerto su come approcciarmi mi resi conto che non c'erano abbastanza poltrone per fare accomodare tutti, così presi altre tre sedie. Con mia grande sorpresa, l'imperatore dei Romani, Marco Aurelio, decise di lasciare le comode poltrone per gli altri e prese posto su un'umile sedia. Lao Tzu, in modo spontaneo, si sedette sulla poltrona e mentre al Rumi scelse la sedia, Siddharta preferì mettersi a gambe incrociate nella posizione del Loto e dunque io presi posto sulla poltrona libera rimasta, consapevole che per quegli illustri ospiti sarebbe stato indecoroso che il padrone di casa non occupasse il posto più comodo.

Per superare l'imbarazzo iniziale decisi di rivolgere una domanda a Marco Aurelio, cercando di iniziare la conversazione con un argomento a lui familiare.

« Imperatore Marco Aurelio », dissi con rispetto, « so che sei un amante della pace e mi dispiace sapere che sei stato costretto dalle circostanze a trascorrere gran parte della tua vita in guerra a difesa dei confini dell'Impero. Come hai superato tali avversità? »

La domanda sembrò catturare l'attenzione di Marco Aurelio, che si prese un momento per riflettere prima di rispondere. « Non è stato sempre facile, ma dobbiamo trovare in noi stessi la forza necessaria per affrontare le sfide giorno dopo giorno. Ognuno di noi deve accettare il ruolo che gli è stato assegnato dal destino e farsi carico delle responsabilità che ne derivano. Se riguardo a me e al mio destino hanno deciso gli dèi, hanno deciso bene; perchè è difficile immaginare un dio sconsiderato. Se invece, riguardo a me in quanto individuo, non hanno preso decisioni speciali, le hanno certo prese per il bene comune, le cui conseguenze sono tenuto ad accettare e gradire. Se invece non provvedono a nulla di ciò che ci riguarda, resta pur sempre a me la possibilità di decidere su me stesso e di ricercare ciò che mi sia veramente vantaggioso, Ma vantaggioso è per ogni individuo ciò che è conforme alla sua costituzione e alla sua natura, e la mia natura è quella di un essere razionale e socievole. In quanto Antonino, Roma è mia città e mia patria; in quanto uomo, il mondo. Unico bene per me è quindi soltanto ciò che giova a queste due città.(1)»

«Ho sempre ritenuto il destino come il fine per cui una vita debba essere vissuta», dissi «ma se esista un destino generale per l'umanità o un destino diverso l'uno dall'altro, questo non saprei dirlo».

Lao Tzu prese la parola e mi disse che « Il destino è come il flusso del fiume. Possiamo navigare con esso o resistere, ma alla fine, è il fiume che decide la direzione. Dunque il destino di ognuno di noi consiste nell'agire secondo il flusso naturale degli eventi senza porre resistenza.»                  

Lao Tzu parlava con calma e saggezza. La metafora del fiume risuonava nella stanza come una melodia rassicurante. « Navigare con il flusso naturale degli eventi », ripetei riflettendo sul significato profondo di quelle parole. « Quindi, il destino non è qualcosa di fisso, ma piuttosto una danza armoniosa con le circostanze che ci circondano.»

Lao Tzu annuì con un sorriso leggero. « Esattamente. Ogni resistenza crea turbolenze nel fiume della vita. Accetta ciò che viene, adatta il tuo corso e troverai la pace. Questo idea è racchiusa nel concetto wu wei, ossia "agire senza sforzo". Nella vita concreta, significa cercare di agire in armonia con la natura e il flusso naturale degli eventi anziché opporsi o forzare le cose.»

Marco Aurelio intervenne: «Nella filosofia stoica, si insegna a distinguere tra ciò che possiamo controllare e ciò che non possiamo. Accettare ciò che non possiamo cambiare è la chiave per mantenere l'equilibrio interiore. "Non devi dunque adoperarti perchè gli avvenimenti seguano il tuo desiderio, ma desiderarli così come avvengono, e la tua vita scorrerà serena", era solito dire Epitteto.»

Siddharta prese la parola e in tono amorevole disse che « La vita è intrisa di sofferenza in quanto tutto è trasformazione in un continuo divenire. Quando vedete una persona bella, piacevole e affascinante, vi piace, ne siete attratti, godete nel rivederla più volte, ne traete piacere e soddisfazione. Questo è il godimento. Ma questo godimento non è permanente, come non lo è neanche quella persona e tutte le sue attrattive. Quando la situazione muta, quando non potete più vedere quella persona, quando siete privati di questo godimento, diventate tristi, potete diventare irragionevoli e squilibrati. Questo è il lato negativo, insoddisfacente e pericoloso della situazione. Ora, se non provate attaccamento per quella persona, quella è la libertà. Questo vale per tutti i piacere della vita. (2)» Siddharta proseguì con la sua spiegazione riguardante le quattro nobili verità: « Il desiderio e l'attaccamento sono radicati nella nostra natura umana. Ci affezioniamo a ciò che ci porta piacere, e quando questo piacere ci è tolto, sperimentiamo la sofferenza. La vera libertà, la liberazione, risiede nella consapevolezza e nella pratica del non attaccamento.»

Io ascoltai con molta attenzione il suo nobile insegnamento, ma ad un certo punto dissi che secondo me vivere in modo troppo distaccato diventerebbe tutto molto freddo e apatico. Inoltre l'amore o l'odio sono emozioni molto forti per poterle controllare e calibrare in modo opportuno. «Sarebbe come desertificare tutta l'emozione che abbiamo dentro. Voi cosa ne pensate?»

Le sagge menti riunite nella stanza ascoltarono con rispetto il mio punto di vista e riflettevano sulle mie parole. Marco Aurelio iniziò a rispondere: « Il distacco non significa necessariamente privarsi delle emozioni, sarebbe un andare contro natura, ma piuttosto riconoscerle per ciò che sono senza lasciare che ci dominino. Come nella musica, l'armonia è data da un'opportuna e calibrata mescolanza di suoni gravi e acuti, così nell'anima, in virtù della ragione, deve prodursi il giusto equilibrio delle passioni.»

Siddharta, con la sua calma serena, rispose: «Esattamente. L'attaccamento eccessivo alle emozioni può portare a legami dolorosi. Il non attaccamento non significa ignorare le emozioni o peggio ancora assopirle, ma piuttosto comprendere che sono impermanenti e accettarle così come si presentano. Questa comprensione porta a una forma di libertà interiore».

Lao Tzu disse: «Chiedi come un essere umano possa essere senza passioni? Il Tao ci ha dato un volto, il cielo una forma. L'affermazione e la negazione sono ciò che chiamo passioni. L'assenza di passioni vuol dire non permettere all'attrazione e alla repulsione di penetrare in noi e danneggiare il nostro essere. Vuol dire attenersi alla natura intrinseca e non cercare di aggiungere nulla alla vita. (3) »

Al Rumi decise anche di intervenire e disse: « La mente è qualcosa di delicato: è una specie di rete che deve venir preparata in modo adeguato per catturare la preda. Se la mente non si trova in uno stato adatto, la rete è lacerata, inservibile. Per questo è importante che l'individuo non sia eccessivo nell'amore o nell'ostilità verso le altre persone, dato che da entrambi i sentimenti la mente si trova a essere lacerata. Bisogna essere moderati. Rispetto a tale amore che non dev'essere smodato, avviene che, visto che gli uomini sono soggetti alla ruota del Cielo, quando si ama qualcuno in eccesso si desidera che si trovi sempre in un buono stato. Non essendo possibile, crea ansie nella mente. Lo stesso avviene per l'avversione: se si odia qualcuno con forza, si vuole che sia sempre infelice e depresso; ma, poiché la ruota del Cielo è in movimento costante e le circostanze evolvono con essa, quello ha sventura e buono stato. Anche questo disturba la mente. (4)» Il mistico sufi continuò la sua spiegazione: «Le aspirazioni, gli amori, le predilezioni e gli attaccamenti che gli uomini hanno nei confronti delle cose: della madre, del padre, degli amici; per il cielo, la terra, i giardini o i palazzi, le scienze, le azioni, i cibi e le bevande. Tutte queste cose sono soltanto veli che non ci permettono di vedere oltre. Una volta levati i veli, tutte le difficoltà giungeranno a soluzione. Tutte le complicazioni e i problemi che gli uomini hanno nell'animo riceveranno soluzione e verranno svelati. (5)»

Lao Tzu, con il suo sorriso tranquillo, aggiunse: « Solo vagando senza meta e cavalcando il Tao e la virtù puoi evitare i legami. Immune alla lode, immune al biasimo, ora un drago, ora un serpente, partecipi alla trasformazione dei tempi senza mai identificarti con una singola cosa. Ora in alto, ora in basso, fai dell'armonia il tuo metro e vaghi in compagnia dell'Antenato delle diecimila cose. Se consideri le cose come sono e non permetti alle cose di trasformarti in una cosa, cosa mai potrà vincolarti? Nel fluire naturale della vita, le emozioni vanno e vengono come le stagioni. (6) La chiave sta nel non aggrapparsi a esse né respingerle, ma lasciarle semplicemente fluire. C'è un proverbio che dice: "Nel cuore dell'inverno sta già germogliando il seme della primavera".»

Le sagge parole dei maestri risuonavano nella stanza come una melodia armoniosa. Ascoltando le diverse prospettive, riflettevo sulle profonde verità che emergevano dalla conversazione.

Rumi aveva toccato una nota particolarmente significativa, parlando dei veli che coprono la nostra percezione. Le emozioni, gli attaccamenti e le aspirazioni possono fungere da veli che ci impediscono di vedere la realtà così com'è. Il distacco, come suggerito da Siddharta, diventava quindi una pratica per sollevare questi veli e guardare al di là delle illusioni.

1 M. Aurelio, Pensieri, Oscar Mondadori, Milano, 2014, p. 131.

2 W. Rahula, L'insegnamento del Buddha, Adelphi, Milano, 2019, p. 44.

3 Zhuangzi, Zhuangzi, Feltrinelli, Milano, 2021, p. 47.

4 Jalal al Din Rumi, L'essenza del reale, Libreria editrice Psiche, Torino, 1995, p. 255.

5 Idem, p. 53.

6 Zhuangzi, Zhuangzi, Feltrinelli, Milano, 2021.

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