Red wine

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Rimasta bloccata nel traffico per diversi minuti e dopo aver chiesto suggerimenti e indicazioni a diversi passanti, decise di parcheggiare in una zona ben movimentata e proseguire a piedi, o le ci sarebbe voluta un'eternità prima che riuscisse a raggiungere la sua destinazione. Da come si guardava intorno era certa che si vedesse lontano un miglio quanto non fosse di quelle parti.
L'aria calda diffusa per la città pareva l'esatto opposto rispetto a ciò che si respirava dall'alto dei Monti Paoz. Tra quelle strade sembrava non esserci pace, ma l'improvviso cambiamento non sembrò dispiacerle molto. Era curioso osservare le persone che passeggiavano per le strade. Alcune camminavano talmente veloci da riuscire a sfiorarla senza nemmeno accorgersene, tanto erano presi dal guardare dritto davanti a loro, diretti chissà dove.
"Possibile che qui corrano tutti?!" pensò tra sé e sé.
Si distrasse guardando qualche vetrina in cui vendevano gioielli ed abiti, ma soprattutto rimase affascinata dai ristoranti. A memoria non ricordava di averci mai messo piede prima, se non in qualche fast-food in cui si era fermata con Goku e i ragazzi nelle rarissime giornate di shopping che si era concessa di tanto in tanto. Si trattava di abitudini ben lontane dalla sua quotidianità, fatte per lo più di vestiti da lavare e stendere, di pranzi e cene da preparare, e cosí all'infinito. Aveva sempre desiderato diventare una perfetta donna di casa e amava vivere in tutta tranquillitá nella sua casetta sui monti Paoz, ma più camminava per quelle vie, più era chiaro quanto del mondo non conoscesse, quanto di piú poteva esserci per lei e la sua famiglia. Osservò brevemente delle coppie sedute a tavoli imbanditi con eleganza. Cosa avrebbe dato per vivere uno di quei momenti, almeno una volta. Possibile che fosse così difficile e complicato per lei?
L'inquinamento acustico diventò incessante più si addentrava verso il centro, dove a giudicare dalle indicazioni, sembrava che abitasse Hiro. Riguardò il bigliettino che era arrivato insieme ai fiori, ormai completamente stropicciato. Era riuscita a recuperarlo dal cestino in cui l'aveva gettato quella mattina ed era uscita di casa sbattendo la porta d'ingresso. La rabbia per la totale non curanza dei gesti di Goku aveva cercato di smaltirla lungo tutto il tragitto. Non voleva farsi condizionare da nessun tipo di emozione, avrebbe vissuto quella serata senza pretese, senza complicati viaggi mentali. Solo lei e un vecchio amico.
Arrivò al portone della palazzina in cui abitava e premette sul bottone che indicava il suo nome sul citofono.
«Ultimo piano, la porta a sinistra.»
Non ebbe nemmeno il tempo di parlare che sentì un suono meccanico aprire la porta. Non ci pensò su e attraversò un'enorme hall piastrellata e circondata da specchi. Si guardò intorno più sorpresa di quanto credesse. Ciò che si respirava da quell'ambiente non era altro puro lusso. Avvicinatasi agli ascensori non poté fare a meno di specchiarsi per controllare che fosse in ordine. Aveva deciso di indossare le cose più occidentali che avesse nell'armadio per non dare troppo nell'occhio in città, e sembrava esserci riuscita. Un paio di jeans chiari a vita alta a cingerle la vita e una t-shirt nera infilata nei pantaloni per far risaltare le sue curve, come le aveva insegnato Bulma. Ultimamente i suoi regali e i suoi consigli si erano rivelati più che preziosi. Non poteva certo dire di essersi vestita in maniera elegante, ma non voleva dare l'idea di essersi messa in tiro per lui e già era strano sentirsi sé stessa in quegli abiti.
Trovò la porta d'ingresso socchiusa e l'aprì lentamente, quasi a non voler far rumore.
«Prego entrat- Chichi?»
Lo sguardo sorpreso di Hiro si posò sulla sua figura.
«Chi pensavi che fosse? Non sei stato tu ad invitarmi qui?»
«Certo, ma tuo marito, i ragazzi?»
«Sono a casa. Spero non sia un problema essere venuta da sola.»
«Se lo avessi saputo sarei passato a prenderti.»
«Come vedi posso ancora cavarmela da sola.»
«Di questo non ho mai avuto dubbi.»
Chichi sorrise appena per poi fare qualche passo in avanti guardandosi intorno.
«Quindi è qui che vivi.»
«Sì, per il momento. Dipende dove mi portano gli affari, non mi fermo qui molto spesso. Diciamo che avevo bisogno di una pausa.»
«La tua azienda dev'essere più importante di ciò che pensassi. Questo appartamento-.»
«È un loft.» disse interrompendola «Scusami. Dicevi?»
Lei lo guardò stranita, poi riprese.
«Questo loft mi ricorda molto il posto in cui vive Bulma, la ragazza dai capelli azzurri che c'era l'altro giorno nella mia "umile dimora".» disse scandendo bene le ultime due parole.
«Chichi io non volevo-»
«Oh non devi preoccuparti, so di essere ignorante in materia. La verità è che non mi è mai interessato di trasferirmi in città. Non penso avrebbe fatto per me.»
«Oppure ti sarebbe potuto piacere molto. Non credo di averti mai vista in jeans e t-shirt. Ti dona molto questo abbigliamento.»
Chichi arrossì leggermente.
«È un modo indiscreto per dirmi che mi trovi carina?» chiese sarcasticamente.
«Io ti trovo sempre bellissima Chichi, ma questa non è una novità.»
Le sue guance avvamparono ancora di più. Non era molto abituata ai complimenti improvvisi, non di recente almeno. C'era stato un momento, al ritorno di Goku dall'aldilà in cui tutto sembrava essere esattamente come avrebbe sempre voluto, ma durò il tempo di far riprendere al marito la solita routine composta da allenamenti, allenamenti e allenamenti. Avrebbe voluto tanto riprovare quella sensazione, quel ritrovarsi nel mondo, solo loro due, finalmente vicini come non lo erano mai stati.
«Ti faccio vedere dove ceneremo. Vieni.» disse Hiro rompendo il silenzio che si era creato.
Chichi poggiò la sua piccola borsa su una sedia e lo seguì verso una scala da interni in legno, perfettamente curata. Tutto lì sembrava non essere mai stato toccato prima, ogni cosa sembrava essere al suo posto, non un filo di polvere. Lei non era abituata ad ambienti così particolarmente curati, ma per un attimo pensò che in fondo non le sarebbe dispiaciuto avere una casa così grande e in ordine. L'unica cosa che sembrava mancare era un po' di calore. Ciò che mancavano davvero, erano le persone.
I pochi scalini portarono all'esterno del loft. Chichi rimase senza fiato quando vide l'immensa terrazza davanti a sé. Un tavolo già scrupolosamente apparecchiato padroneggiava nel mezzo e a circondare il perimetro vi erano siepi decorate con piccole luci a illuminare l'ambiente circostante. Il pezzo forte era indubbiamente l'alta balconata da cui era possibile ammirare il resto della città, i suoi suoni, i suoi colori.
«Ho pensato che vi sarebbe piaciuto cenare qui, può andare?»
Lo sguardo di Chichi sembrava perso sull'orizzonte. Non un fiato, solo un'espressione di stupore.
«Va tutto bene? »
«Sono senza parole. È-é veramente bellissimo.»
Hiro le sorrise e le porse la mano gentilmente.
«Mi spiace che tuo marito e i tuoi figli si siano persi questa vista. Ceniamo?»
Chichi annuì con la testa e ricambiò il suo gesto senza pensarci troppo. Le allontanò la sedia dal tavolo per poi farla accomodare cosa che la mise leggermente in imbarazzo non sapendo esattamente cosa dovesse fare. Si chiese se le fosse mai successo che qualcuno la trattasse così.
«Vino?»
Reggere l'alcool non era il suo forte, ma decise di fare un'eccezione, chissà che un po' di coraggio liquido l'avrebbe aiutata a superare al meglio quella serata. Finora non si era ancora sentita a disagio il che era sicuramente un ottimo segno. Una consapevolezza nuova stava nascendo dentro di sé, qualcosa che senza dubbio la stava portando ad affrontare quel bagaglio scomodo che portava sul cuore.
Cenarono tra un ricordo e un altro, tra un sorriso e una battuta, piacevolmente e senza rancori, cosa che Chichi avrebbe stentato a credere se gliel'avessero raccontato. Non una sola frecciatina, non una parola detta fuori posto. Alla seconda bottiglia i fumi dell'alcool iniziarono a fare capolino mostrandosi anche sul suo viso. Le guance le diventarono leggermente rosee, rendendola ancora più bella agli occhi di Hiro che non riusciva a smettere di sorriderle.
«Modestamente sono la migliore in cucina, ma devo ammettere che per essere uomo di città anche lei non se l'è cavata male. Un brindisi per lei Hiro Itzumi.»
Levò il suo calice alto sopra di lei raggiunto da quello di lui che tintinnò sonoramente.
«Direi che questo è il suo ultimo bicchiere signora Son.» fece lui ridendo «Non vorrei che tuo marito cogliesse l'occasione per uccidermi.»
«Mio marito.» sbuffò lei con un sorriso sarcastico.
«Qualcosa non va?»
«Va tutto meravigliosamente.» rispose lei alzandosi riprendendo il bicchiere di vino che aveva appena posato.
Si avvicinò alla balconata che dava sulla città barcollando appena. Lo sguardo fisso davanti a sé in contemplazione.
Pochi secondi dopo la raggiunse Hiro. Le scostò una ciocca di capelli dal viso, lei fece finta di niente.
«Chichi, non l'ho fatto finora, ma ti meriti delle scuse. Sono piombato così in casa tua, facendo quelle affermazioni. Chissà che cosa pensavo di ottenere poi. Mi dispiace tanto.»
«Non importa. Magari me lo meritavo. Sai, per quello che è stato.»
«Qualunque cosa sia successa tra di noi non lo meritavi. Sono contento che tu sia venuta. Vuoi ancora che sparisca da dove sono venuto?»
«Cosa intendi dire?»
«Non so quanto mi fermeró qui, ma per il tempo in cui rimarrò, vorrei davvero... Sí ecco, io vorrei poterti essere amico, l'amico che c'era molto tempo fa e che ti assicuro non se n'è mai davvero andato. Tu vorresti? Pensi che ti stia chiedendo troppo?»
«Niente mi impedisce di esserti amica, Hiro.»
Si sorrisero, sinceri come forse non lo erano ormai da tanto tempo.
«Forse è il caso che ora io torni a casa, questo vino sta facendo fin troppo bene il suo lavoro.»
«Allora ti preparo un caffé bello forte. Non vorrai metterti a guidare in questo stato?»
Rientrarono in casa, Chichi si sedette sull'immenso divano di velluto grigio del salotto e si voltó squadrando meglio Hiro.
Lo osservò da lontano, il suo profilo nel tempo non era cambiato, ma era diventato senza dubbio più affascinante, più uomo. Per un secondo poi, posò gli occhi sulla sua camicia appena sbottonata che lasciava intravedere i pettorali.
«Il vino. Questo è sicuramente il vino» si disse a bassa voce scuotendo la testa.
Chichi prese ben tre caffé e passó almeno un'altra mezz'ora prima che fosse minimamente in grado di rimettersi alla guida.
«Vuoi che ti accompagni?»
La sua voce la riportò alla realtà mentre frugava nella borsa cercando le chiavi della macchina.
«Conosco la strada e mi sento molto meglio ora, penso proprio di potercela fare. Grazie della bella serata.» rispose barcollando ancora leggermente.
«Grazie a te di essere venuta. E mi farò perdonare anche da tuo padre, promesso.»
Mentre le si avvicinò per darle un bacio sulla guancia lei si voltó per sbaglio nella sua direzione, inconsapevole che gli avrebbe sfiorato le labbra.
"Maledetto vino."
«Mi dispiace. Io non-»
«Buonanotte Hiro.»
Si voltò e andò verso l'ascensore, le guance sempre più calde.
"Maledetto vino."

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