2. Non dirlo che mi viene da vomitare

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Il viaggio per la terra non fu molto lungo. I due atterrarono su di una stradina nelle periferie di Palermo, in Sicilia.
Aziraphale si sistemò il suo solito cappotto color beige e si guardò attorno alla ricerca dell'altro angelo che, per sua sfortuna, era caduto proprio in un bidone dell'immondizia.
Aziraphale corse subito ad aiutarlo.
“Stai bene caro?”
“Si, si.” disse l'altro sputando una buccia di banana che gli era finita in bocca.
“Hey! Voi due!” da un angolo spuntò un uomo sporco ed arrabbiato “Via dal mio cassonetto!”
“Oh ci scusi, lei è un barbone?” Chiese Aristide.
“Via!”
“Hemm…Aristide, meglio che corri ora.”
I due angeli scapparono da quell'uomo e senza fiato si trovarono proprio davanti al bar che gli era stato indicato.
“Ok, il posto è questo. Devi solo entrare e fare come abbiamo provato. Ok?”
“Certo. Non preoccuparti.”
I due entrarono e mentre Aristide cercava la ragazza, Aziraphale si sedette ad un tavolo vuoto. Chiuse gli occhi e prese un bel respiro. L'odore pungente di caffè, alcool e fumo gli inondò le narici mentre i ricordi riaffioravano. Odore di umanità, gli era mancato.
Si guardò intorno, guardò attentamente ogni faccia di ogni persona che lo circondava. Gli mancava stare laggiù, doveva ammetterlo, ma aveva fatto una scelta, non poteva tirarsi indietro.
Vide Aristide uscire dal bagno dove era entrato per seguire la ragazza e venire insultato da lei e da un uomo. La missione non era andata bene a quanto pare. Aziraphale sbuffó e si alzò per andare incontro all'angelo, ma si fermò di colpo quando lo vide seduto a parlare con due uomini.
Si nascose dietro ad una delle colonne portanti della sala ad osservarli.
Aristide, sconsolato, si trovò seduto tra questi due sconosciuti. Entrambi stavano avendo una discussione animata nella quale tirarono dentro anche il povero Aristide che venne obbligato ad ordinare una birra dal barman.
“Sette anni. Sette anni di matrimonio. E cinque anni di fidanzamento! E mi ha lasciato così, all’improvviso.” disse uno, ubriaco, mentre beveva un altro sorso di birra dal boccale.
“Ti capisco. Noi eravamo insieme da così tanto tempo… E mi ha abbandonato qui, da solo.” Rispose l'altro, anch'egli ubriaco fradicio.
Aristide non sapeva proprio come reagire. L’uomo con i capelli ricci si rivolse all'angelo. “Tu? Hai una moglie?”
“Oh, no!” disse quasi sconvolto Aristide. “Sono qui solo di passaggio.”
“Dai retta a me” Parlò l'altro. “Le persone che ami… Prima o poi… Ti tradiscono. Sempre. Mi è successo più di una volta, credi a me. Le persone… buone… No, non lo sono. Ricorda, ricorda amico” disse prendendo sotto braccio Aristide “Anche gli angeli ti tradiscono.”
Aziraphale ascoltò la conversazione, sentì il sangue ribollire nelle vene. Voleva andare da lui e… e… Neanche lui sapeva cosa sarebbe stato in grado di fare, ma qualunque cosa fosse, si trattenne ed aspettò che Aristide uscisse da solo dal locale. Peccato che ci mise un paio d'ore. Aziraphale si era ritrovato ad ascoltare Aristide cantare canzoni di chiesa con l’uomo dai capelli ricci che aveva appreso chiamarsi Nicola.
Finalmente i tre uomini non molto sobri uscirono ed Aziraphale li seguí da lontano.
Il piano era saltato, sarebbero dovuti tornare in paradiso ed aggiornare gli altri angeli dell'accaduto. Sarà difficile convincerli a non attuare il diluvio universale, doveva trovare un modo. Mentre l'arcangelo era occupato a pensare, qualcosa accadde. “ARISTIDE!”

I tre uscirono dal locale continuando a cantare canzoni di chiesa, ignorando le minacce del proprietario del bar. Era ormai notte inoltrata, la strada era quasi deserta, nessun rumore era udibile tranne le ormai ovattate chiacchiere provenienti dal locale e le loro voci stonate.
“Ragazzi, non mi sono mai divertito tanto.” Parlò Aristide.
“Neanche io amico mio ahaha mi serviva proprio.” disse Nicola.
I tre si fermarono per salutarsi, Aristide porse la mano a Nicola che per sbaglio gli tolse il guanto.
Proprio in quel momento una macchina spuntò dal nulla.
Le luci abbaglianti colpirono i due che si trovavano in mezzo alla carreggiata. Il rumore del clacson riempì il silenzio della notte ed Aristide fece l'unica cosa che gli passò per la testa in quel momento. Spinse via Nicola. Gli appoggiò la mano sul ventre e lo allontanò.
Un tonfo, la macchina frenò, Nicola era ancora frastornato, non si era accorto di ciò che era successo, si trovò steso a terra, la testa gli scoppiava. Piano si alzò e vide davanti a sé l’uomo dai capelli biondi con cui aveva cantato poco prima steso a terra, immobile.
“ARISTIDE!” Urlò una voce.
Un uomo corse verso di lui. Si accasciò a terra a controllare se il suo amico stesse bene.
Una voce, quasi un sussurro, provení dalle sue spalle. “Aziraphale.”
Nicola si voltò, dietro di lui si trovava l'altro uomo con cui aveva passato la serata. Nonostante gli scuri occhiali che indossava, si leggeva sul suo volto un’espressione strana. Era stupito… e triste.
Il nominato alzò lo sguardo, gli occhi gli lacrimavano. “Crowley.” La voce gli si spezzò.
Nicola continuò a spostare lo sguardo da uno all'altro, confuso. Aziraphale voleva correre da lui, ma sapeva sarebbe stata la cosa sbagliata da fare.
Comunque ciò non fu possibile perché Crowley si allontanò di alcuni passi, quasi spaventato, e corse via.
Aziraphale sentí un forte dolore al petto, mille scenari gli si presentarono davanti. Aveva paura di lui? Sarebbe mai stato perdonato? Lo avrebbe mai riavuto con sé? Prese un grande respiro, non era il momento, si asciugò le lacrime, prese in braccio Aristide ancora incosciente e se ne andò.
Nicola era scosso. Molto. Ancora non capiva cosa fosse successo.
Stranito decise alla fine di tornare a casa. Non poteva fare niente, altri si sarebbero occupati di Aristide, lui in quel momento era abbastanza inutile.

I mesi passarono. Aristide era ancora incosciente ed Aziraphale non era riuscito a tornare in paradiso e si chiese cosa il grande piano aveva in serbo per loro.
Un giorno Nicola si svegliò nel suo piccolo e buio appartamento con una forte nausea ed una telefonata persa.
Si recò subito in ospedale, un fazzoletto stretto nella mano perché quel giorno non si sentiva al massimo e a volte gli capitava avere degli attacchi di vomito, domandandosi perché lo avessero chiamato. Quando entrò nella stanza indicatagli fu molto sorpreso di vedere sdraiato nel lettino Aristide. Il biondo appena lo vide spalancò gli occhi “Come stai?” gli chiese allarmato. Nicola rimase con quell'espressione stranita. “Bene io. Ma sei tu quello che è stato investito, o sbaglio?”
“Sei stato male in questi giorni?”
“No! T’ho detto che sto bene!”
“Signor Nicola” si rivolse a lui un uomo in divisa “Quest'uomo dice di avergli salvato la vita circa tre mesi fa. È così?”
Nicola, ancora stranito, annuí soltanto.
“Bene, mi duole dirgli che sembra che il signore qui presente abbia perso la memoria, l'unico nome che si ricorda è il suo. Ora sta bene, ma non ha un posto dove andare. Ci chiedevamo se lei avesse modo di ospitarlo.”
“Io? Ospitarlo? No no, ma neanche lo conosco. Siamo usciti una volta sola. Io…”
Nicola guardò il volto di Aristide e all'improvviso un immenso senso di colpa che non aveva mai provato prima si impossessò di lui.
“Ma non c'è tipo… Una clinica? O una associazione per chi perde la memoria? Non lo so, roba del genere. Ma poi mi scusi, c'era un tizio con lui quando è arrivato qui. E non può ospitarlo lui?”
“Non c'era nessuno con lui, un'ambulanza lo ha portato fino a qui dopo essere stato investito.”
Nicola era confuso, si era immaginato quel tizio col cappotto beige che lo ha portato via? Beh era parecchio ubriaco quella sera, magari lo aveva davvero immaginato.
“Senta, mi spiace molto, ma io proprio non…” Nicola spostò lo sguardo su quello di Aristide. “È che sto passando un periodo difficile e…” Qualcosa negli occhi del biondo lo frenava dal dire di no. “Io… Oh ok, va bene, va bene, viene con me.”
Aristide sorrise e si alzò dal lettino indossando la sua giacca.
“Ma guarda te cosa mi tocca fare, santo cielo."
“Hey.” si rivolse a lui Aristide mentre uscivano dall'ospedale.
“E che c’hai ancora? Ma non poteva venire a prenderti il tuo amico? Ti sei dimenticato davvero di lui?”
Aristide non rispose “Ma seriamente, come stai?”
“Bene! T’ho detto bene!” ma Nicola stava mentendo ed Aristide se ne accorse subito quando l'altro si portò ancora il fazzoletto alla bocca dopo un conato.
“Tu non stai affatto bene, devi tornare a casa e riposarti. Andiamo, forza.”
Nicola non aveva davvero voglia di accollarsi pure questo, ma per la prima volta proprio non riusciva a dire di no.

Strappo alla regola | Good Omens x Santocielo Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora