TRENTATRÉ

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Abel uscì dalla doccia e si avvolse in un largo telo da bagno, come se fosse un abito da sera, lungo fino alle caviglie, e raccolse pure i capelli in un asciugamano più piccolo, sistemandolo come se fosse una specie di turbante.

Si guardò nel riflesso dello specchio. Aveva dormito diverse ore, già bevuto due caffè, mangiato due fette di torta, fatto la doccia. Cose semplici per cui aveva dovuto persino prendere appuntamento, nelle settimane precedenti, per incastrarle all'interno delle sue giornate. Il suo viso appariva più rilassato, meno occhiaie, meno rughe intorno agli occhi. Sciolse il turbante, i capelli erano tornati a sfiorargli i lobi inferiori delle orecchie. Era stato comodo portare i capelli lunghi quando si era esibito praticamente ogni sera al MoonClan, adesso non li tollerava più. Avrebbe acquistato delle parrucche anche lui, omologandosi a molti altri dei suoi colleghi.

Recuperò un paio di forbici e cominciò ad azzannare i capelli.
Si era svegliato di buon umore. Era stato strano, una novità, una cosa che non gli capitava da... Non ricordava neppure lui da quando.

Continuò a tagliare i capelli, sentendosi sempre più leggero alla conclusione di ogni zac. Quando fu soddisfatto, rimise tutto al suo posto, si asciugò per bene la nuova chioma schizzata. Riuscì persino a sorridere al proprio riflesso.

Uscì dal bagno e si rivestì. I suoi compagni di sogni avevano già lasciato la camera, ma nella stanza poteva percepire ancora il loro profumo e questo era assai confortante. Era stato bello incastrarsi tra di loro, non riuscire a muoversi più di tanto, ma carpire tutto il loro calore. Non aveva avuto incubi, quella notte - o forse non se ne ricordava, ma non aveva importanza.

Si rivestì, uscì dalla stanza. Aveva parecchie cose da fare, ma tra tutte spiccava il successivo punto della sua lista: Rudi. Parlare con lui.

Fece una smorfia, continuava a non andargli proprio. Aveva aggiunto Gesche alla lista. I suoi poteri. Il caso. Di nuovo John - e quest'ultimo era diventato il nuovo punto dolente. Fare visita a Reik, assicurarsi che si stesse riprendendo dall'ultima luna piena. Trovare una sistemazione per Mark.

Il fatto che si fosse svegliato di buon umore non cambiava di una virgola il peso che continuava a gravargli sul cuore: John.

Scosse la testa e si arruffò i capelli, entrò nell'ascensore, incrociò le braccia sul petto. Rimase qualche istante a fissare la tastiera di fronte a sé, dopodiché schiacciò il pulsante che lo avrebbe condotto al piano superiore.

Una cosa alla volta.

Era arrivato alla conclusione che doveva potersi fidare di più di se stesso per poter riuscire in ogni suo piano. Non poteva più permettersi di giocare con la propria instabilità.

E magari John lo avrebbe perdonato.

Si fermò davanti la porta della stanza di Gesche, sollevò una mano, bussò. Sua madre arrivò ad aprirgli prima ancora di permettergli di ritirare il braccio sospeso. -Come stai?-

Gesche appariva stralunata, gli occhi, dalle iridi rosse, sgranati, spaventati. -Mamma- disse e lo sguardo della donna tremò. -Sto bene-

La vide annuire convulsamente, dargli le spalle e sparire nella semioscurità della stanza. La seguì a tentoni, finché non superò l'ingresso e si trovò all'interno di una camera più ampia, con un'unica finestra, sulla sinistra, lasciata parzialmente scoperta dalle pesanti tende che la incorniciavano. Gesche sedette dandogli le spalle, restando nella zona d'ombra della camera.

Si avvicinò a lei, le poggiò le mani sulle spalle, la percepì trasalire, ma poi si girò appena verso di lui, gli rivolse un sorriso breve, prima di tornare a fissare un punto imprecisato dinanzi a sé.

ARABESQUE ~ Epilogo Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora