TRENTASEI

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Rispose al telefono: -Vera?-

-Devi venire subito in ospedale. Temo di aver fatto una cazzata enorme-

-Vera? In ospedale? Quale ospedale?-

-Il vostro, quale sennò?! Vieni subito!-

-Sei in ospedale?- il "vostro": cioè l'ospedale in cui era morto Hauke, l'ospedale in cui Gesche era riuscita a infiltrarsi, corrompendo il personale affinché avessero un punto di riferimento in caso di bisogni medici. -Che cosa è successo? Sei in pericolo?-

-Ospedale! Adesso!- tuonò e chiuse la telefonata senza aggiungere altro.

La sensazione spiacevole era diventata panico. La voce del commissario era stata avvolta, intrisa, pregna di panico. Panico. -Devo andare- disse, e anche lui fu scevro di particolari – innanzitutto, perché non ne aveva, e, in secondo luogo, quel poco che aveva saputo tramite il commissario era certo che fosse già arrivato alle orecchie degli altri due a causa del loro udito iper-sviluppato.

-Da solo non vai da nessuna parte- disse Roberto, strattonandolo per un polso.

-Okay. Ma veloci!-

-Tu vai al locale- e lo vide indicare la propria compagna. -Porta con te Rudi, non girare sola- poi spostò lo sguardo su di lui, senza attendere risposta da parte di Telsa. -Io vengo con te. Portiamo Geert e Musa-

-E lasciamo l'hotel senza...!-

-Con Balthasar e Gesche. Sanno difendersi-

Si morse un labbro, annuì. In meno di cinque minuti furono fuori dall'albergo, eppure, Abel non riuscì a dissimulare il panico, a tornare a respirare in maniera più tranquilla, neppure dopo che ebbe agganciato la cintura di sicurezza e l'automobile si immise nel traffico.

Cinque minuti erano un'eternità. In cinque minuti potevano succedere una miriade di cose – e siccome era molto fortunato, sapeva pure che potevano essere cose assai spiacevoli. I minuti aumentarono, mentre Roberto tentava di non ammazzarli tutti zigzagando per il traffico. Traffico. Traffico ad Idstein. Idstein che, forse, era grande tanto quanto un distretto di Berlino, e che contava la bellezza di poco più di ventimila abitanti. Era troppo fortunato, non c'erano più dubbi. 

Viaggiare nella semioscurità dell'abitacolo dell'auto di Roberto, con i fari delle altre auto, gli squarci di luci provenienti dai lampioni che illuminavano l'ambiente ristretto a intermittenza, non fece altro che aumentare la sua ansia. Non aveva idea di che cosa fosse successo – ma sospetti sì, in numeri a quattro cifre –, ma Vera gli era sembrata troppo spaventata, e le interferenze visive esterne stavano rischiando di mescolarsi in modo micidiale con i pensieri angosciosi che lo tormentavano, risvegliando il suo mal di testa.

Arrivato a un certo punto, gli parve persino che le luci entrassero dentro l'abitacolo seguendo lo stesso ritmo delle pulsazioni tra le tempie, sempre più veloci, sempre più incalzanti e confuse.
Strinse preventivamente il manico dello sportello, pizzicando la leva per l'apertura. Quando intravide in lontananza l'ospedale, Roberto accelerò e lui aprì lo sportello, sganciò la cintura e si lanciò sul marciapiede, correndo in direzione dell'ingresso. Non si curò del suo seguito, certo com'era che gli stessero alle calcagna – e che lo stessero maledicendo, anche, sì, per le sue solite azioni impulsive del cazzo.

Per fortuna – quella volta, per davvero –, nel buio scarsamente illuminato del parcheggio non inciampò, non venne investito da nessuno e riuscì a salire i gradini e a entrare dentro l'ospedale restando illeso – altrimenti era sicuro che quel caos si sarebbe concluso con qualche altra nuova ramanzina.

Si sentì afferrare per il cappuccio della giacca e si girò verso Geert, che lo fissava in cagnesco. Abel se lo scrollò di dosso, mentre Musa lo affiancava con la sua stazza da valchiria, incombendo su di lui con sguardo minaccioso. Se dentro la sala d'ingresso dell'ospedale, le poche persone presenti avessero avuto l'ardire di poter dire di non conoscere Abel Schmidt, era sicurissimo che l'atteggiamento delle sue guardie del corpo avrebbe finito per farli insospettire abbastanza da scambiarlo, magari, per un politico, un boss della malavita, oppure, il rampollo di qualche miliardario. Non si sentiva abbastanza bello per passare per una star: la Divina si era un po' appannata, nell'ultimo periodo.

ARABESQUE ~ Epilogo Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora