Gli alberi scorrevano veloci al di fuori del vetro della carrozza. Si susseguivano in un tumulto di sfumature di verde, marrone e giallo, un trionfo di colori autunnali in netto anticipo rispetto al solito.
Settembre non era mai stato un mese molto caldo, Sebastian non ricordava di essere mai riuscito a rimanere con la sola camicia all'esterno in quel periodo; ma l'anno scolastico che avrebbe avuto inizio quella sera si preannunciava ancor più freddo del normale.
Poggiò la fronte contro la piccola finestrella che gli consentiva di guardare fuori e, dopo aver stretto le mani in grembo, lasciò andare un sospiro. Quell'anno avrebbe preferito non andare. Voleva rimanere a casa con Anne, aiutarla nelle faccende, magari continuare a cercare una cura o un qualsiasi modo possibile che le avrebbe permesso di soffrire di meno.
Eppure eccolo lì, stipato in una delle carrozze più strette che la Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts avrebbe mai potuto inviare, a tormentarsi le dita e a buttare di tanto in tanto un occhio al ragazzo che gli sedeva di fronte. Fu in quell'attimo di distrazione che la carrozza beccò una pietra un po' più grande del dovuto sotto le ruote e lo fece balzare con il viso dritto, dritto contro il vetro.
«Maledizione!» sibilò a denti stretti e, mentre provava a ignorare la risatina maltrattenuta del suo migliore amico, si massaggiò il naso... non era per niente un buon inizio anno quello. «Non ridere di me, Infaustus, avresti potuto esserci tu al mio posto.»
«Ne dubito» rispose lui, con il sorriso ancora ben visibile in viso. Teneva stretta tra le mani la bacchetta, lanciando di continuo il classico incantesimo che gli consentiva di percepire il mondo che gli era attorno.
«Dovevamo per forza venire in carrozza anche quest'anno?» Non che gli dispiacesse non tirarsi il baule dietro fino al castello, ma gli piaceva stare fuori. Gli piaceva sentire il vento tra i capelli e l'odore di rugiada la mattina senza che dovesse preoccuparsi di alcun coprifuoco. Avrebbe volentieri approfittato di quegli ultimi momenti di pace prima di iniziare ad accumulare punizioni già dalla mattina successiva la sera dello smistamento.
«Potevi benissimo fartela a piedi, Sebastian. Il preside ci tiene a fare arrivare me in carrozza, non te.» Infaustus si lasciò scivolare scompostamente sulla seduta in pelle della carrozza, per appoggiare la testa alla spalliera e non al legno duro che non faceva altro che sobbalzare, e chiuse gli occhi.
Non voleva fare la stessa discussione di tutti gli anni, perché tanto non sarebbero arrivati da nessuna parte: tra le sue obiezioni e la testardaggine dell'amico, non c'era alcuna speranza che uno dei due cambiasse idea. Per questo, ormai, non ci provava nemmeno più a farlo ragionare al riguardo.
Discorso diverso era, invece, quello sulla malattia di Anne e l'ossessione che Sebastian stava iniziando a sviluppare nella ricerca di un'eventuale cura. Era ovvio che ci teneva anche lui a quella piccola peste; le giornate al castello avevano un sapore diverso quando anche lei prendeva parte alle loro avventure... ma se nemmeno i guaritori del San Mungo riuscivano a trovare alcuna soluzione, chi erano loro per poterci anche solo sperare?
«Cos'hai intenzione di fare?» La domanda lasciò le labbra sottili di Infaustus senza che lui quasi se ne accorgesse, a causa della direzione che avevano preso i suoi pensieri. «Il preside Black e la professoressa Weasley sono stati chiari l'ultima volta: niente guai durante l'anno dei G.U.F.O.—»
«Altrimenti ne avrebbero risentito le mie valutazioni, lo so... me lo ricordo» sputò acido il ragazzo, interrompendo il discorso che aveva iniziato a fare il biondo. Non aveva bisogno di altre paternali: bastava suo zio a ricordargli che lui, per sua sorella, non poteva fare nulla.
Se ne sentì, però, in colpa appena vide gli occhi velati dell'amico aprirsi leggermente e le sua presa stringersi con forza attorno alla bacchetta. «Scusami,» sussurrò prima di tornare a osservare la foresta che, a quel punto, stava lasciando spazio alle montagne, «scusami, 'Faust, non volevo prendermela con te».
«Lo so» gli rispose il biondo, per poi tornare a chiudere di nuovo gli occhi. Cadde il silenzio tra i due, dando così la possibilità all'unico tra loro che poteva farlo di godersi il paesaggio all'esterno.
Accostò il viso al vetro e lasciò scivolare gli occhi castani su tutto quello che scorreva attorno a loro, una volta aver appoggiato il mento sul palmo della mano. Era sicuro che lì fuori, da qualche parte, c'era la risposta che cercava, la luce di cui avevano bisogno lui e Anne per tornare a essere quello che erano sempre stati: un duo a delinquere che i professori per anni avevano provato a dividere. Fino a quando quel loro desiderio non si era avverato nel peggiore dei modi.
Solo Merlino sapeva quanto gli mancasse sentire la sua voce fastidiosa nelle orecchie senza che sputasse una volta a terra. Se solo avesse potuto farlo, avrebbe volentieri preso lui la maledizione che la stava pian piano consumando. Avrebbe preferito soffrire lui, piuttosto che vedere soffrire lei. Non ce la faceva più a vederla in quel modo.
«C'è un modo, deve esserci» bisbigliò più a se stesso che altro, senza avere intenzione di fare arrivare quel pensiero a Infaustus, ma non riuscendo comunque a non esprimerlo a parole. Era un suo modo per costringersi ad andare avanti: autoconvincersi che solo lui poteva fare qualcosa, gli dava la forza per non mollare.
Il biondo non aprì bocca al riguardo. Non voleva più portare avanti il discorso, perché più Sebastian provava a persuadere entrambi che una soluzione fosse possibile, più il vuoto che aveva nello stomaco aumentava. Lo risucchiava in quel pavimento di legno scuro su cui erano poggiate lo loro scarpe e lo trascinava in un luogo senza colori, del tutto vuoto, pieno solo del dolore della perdita che era sicuro avrebbero dovuto affrontare prima di quanto entrambi avrebbero voluto.
Infaustus era il primo a non voler perdere Anne. Non voleva dover dire addio all'unica persona che lo capiva davvero... certo, il ragazzo che in quel momento stava muovendo su e giù le ginocchia di fronte a lui lo capiva; ma non era la stessa cosa. C'erano sensazioni e situazioni che Sebastian, per quanto ci provasse, non avrebbe mai potuto capire. Solo lui e Anne potevano, e lui non era pronto a lasciarla andare.
Non poteva, però, pretendere che suo fratello non provasse a salvarla. Sapeva quanto fosse importante tenere viva la speranza per entrambi anzi, per tutti e tre. Per questo motivo forse, quella sera, quando si alzò in piedi per adocchiare meglio l'ultima arrivata, non si stupì nel sentire il tono pieno di aspettative con cui disse: «Devo conoscerla, amico mio, qualcosa mi dice che lei sarà la chiave di tutto».
Non ebbe le energie per dirgli che stava prendendo un granchio grosso come una casa, né lo avrebbe fatto se le avesse avute, se proprio doveva essere sincero.
Sebastian, infatti, proprio come lui, non poté fare a meno di notare il tempismo con cui quella nuova ragazza, dai capelli neri come la pece e il sorriso tirato, fosse arrivata ad Hogwarts. Già era strano il fatto che fosse stata smistata con quattro anni di ritardo e che fosse arrivata tardi per la cerimonia, ma il suo sguardo attento non riuscì a evitare di notare che, insieme a lei, era arrivato al castello anche il professor Fig.
C'era qualcosa in tutta quella faccenda che non gli tornava, qualcosa che gli faceva rizzare i peli sulle braccia e andare in tumulto lo stomaco. Magari lei, Sophie, non avrebbe potuto fare nulla per lui o per Anne, ma ciò non metteva da parte l'aura di mistero che l'aveva accompagnata da quando aveva messo piede nella Sala Grande.
Anche lì, mentre era seduta al tavolo dei Corvonero, in mezzo a decine di persone che non facevano altro che chiedere e guardarla dall'alto in basso, quell'aura continuava a circondarla.
"Scoprirò presto cosa nascondi dietro quella frangetta" pensò, mentre un ghigno gli si apriva in viso e gli occhi azzurri di lei si alzavano per incontrare proprio i suoi, quasi come se fosse stata attirata da quel pensiero.
Sebastian, prima di ogni altra cosa, era un Serpeverde e come tale non avrebbe mai lasciato andare un mistero irrisolto. Una volta che era stato incuriosito, non avrebbe mollato la presa tanto presto e quella ragazza che, a quel punto, era arrossita così tanto da fare concorrenza a un pomodoro, lo avrebbe capito presto.
Sì, c'era assolutamente molto quell'anno da tenere d'occhio e tanto altro da scoprire. Le sue ricerche avrebbero dato i loro frutti, se lo sentiva fin nelle viscere. «Qualcosa mi dice che ce ne saranno delle belle quest'anno, 'Faust.»
«Ma non mi dire...» ringhiò il biondo in risposta, addentando una coscia di pollo come se fosse stato il suo ultimo giorno su quella Terra. A lui, invece, qualcosa gli diceva che quell'anno avrebbe portato loro solo guai.
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𝓣𝓻𝓾𝓵𝔂, 𝓜𝓪𝓭𝓵𝔂, 𝓓𝓮𝓮𝓹𝓵𝔂
FanfictionSi dice che la felicità la si possa trovare anche negli attimi più tenebrosi, se solo ci si ricorda di accendere la luce. Sebastian ricorda di averlo letto da qualche parte, forse in uno degli ultimi libri che ha "preso in prestito" dalla biblioteca...