«Mi stai ascoltando?» Con la forchetta alzata a mezz'aria e gli occhi puntati nel vuoto, sembrava essere stato inghiottito in un altro mondo; ma il ragazzo al suo fianco non smetteva di scuoterlo per una spalla e cercare di attirare la sua attenzione. «Sebastian?»
Il Serpeverde in questione si voltò a guardarlo, senza comunque riuscire a vederlo davvero. Era con la testa da un'altra parte in quel momento, non era nemmeno sicuro di avere abbastanza fame da riuscire a finire quello che aveva nel piatto. Con un sospiro sfinito, finalmente rispose: «Sì, 'Faust, ti sto ascoltando».
«Non prendermi in giro» bofonchiò Infaustus, prima di tornare anche lui con la testa rivolta al suo piatto. «C'è qualcosa che non va?»
C'è tutto che non va, pensò Sebastian. Tuttavia lo tenne per sé e, invece, rivolse un sorriso tirato al suo migliore amico. «No, sono solo stanco.»
Era la classica frase di quando qualcuno stava male, ma non voleva parlarne, ne era consapevole. C'era, però, anche una piccola parte di verità in quello che aveva appena detto e, infatti, dopo aver poggiato la forchetta nel piatto ancora pieno, si alzò in piedi.
«Penso che andrò a dormire» disse a Infaustus, senza aspettare che gli rispondesse, né che gli dicesse che sapeva che non sarebbe andato dritto dritto in dormitorio come aveva detto.
Sebastian era un libro aperto per il discendente di Serpeverde, a volte aveva la sensazione di conoscerlo ancor meglio di quanto lui conosceva se stesso. Si limitò ad annuire e a dire: «Buonanotte, Sebastian».
«Buonanotte, 'Faust.»
Si aggirò per i corridoi come un'anima in pena, nascosto dall'incantesimo di disillusione in modo che nessuno potesse guardarlo e chiedergli se andasse tutto bene. Non aveva voglia di fare altro, riusciva solo a rigirarsi tra le dita la lettera che aveva ricevuto poche ore prima.
La appallottolava e poi, con il cuore pesante di sensi di colpa, la riportava alla sua forma originale. Ne piegava gli angoli, la arrotolava a forma di cilindro e la rileggeva... e ogni volta che lo faceva si sentiva peggio.
L'orologio della torre scoccò la mezzanotte, ciò significava che il coprifuoco era scattato già da un'ora e, se scoperto, non avrebbe potuto evitare in alcun modo una punizione. Fare affidamento su un ritardo era fuori discussione: era troppo tardi per essere credibile.
Alle sue spalle sentì avvicinarsi qualcuno. Sebastian si appiattì contro il muro, nel tentativo di rimanere il più fermo possibile e non essere smascherato nonostante l'incantesimo. I passi si avvicinavano e più lo facevano, più la persona che stava facendo tutto quel fracasso sembrava andare di fretta.
Qualcuno girò giusto nel corridoio in cui era lui. Pensò per un attimo che sarebbe stata una buona idea infilarsi nella prima aula vuota che sarebbe riuscito a trovare e aspettare lì, fino a quando non furono a pochi passi di distanza.
Sophie stava correndo nel bel mezzo della notte, i suoi capelli scuri quasi non si notavano nel buio e, a causa della carnagione pallida, Sebastian rischiò di scambiarla per un fantasma... tuttavia era lei, non c'erano dubbi.
Il Serpeverde si costrinse a serrare la bocca che dalla sorpresa aveva involontariamente schiuso e allungò una mano in mezzo al corridoio. Appena gli fu di fronte, le afferrò il gomito e la attirò a sé, subito coprendole la bocca con una mano per evitare che urlasse e attirasse ancor di più l'attenzione su quella specifica parte del castello.
«Calma» le sussurrò all'orecchio quando le spalle della ragazza si fecero tese contro il suo petto e portò le mani nel vuoto nel tentativo di liberarsi. «Calma, Rogers, sono io... posso abbassare la mano?»
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𝓣𝓻𝓾𝓵𝔂, 𝓜𝓪𝓭𝓵𝔂, 𝓓𝓮𝓮𝓹𝓵𝔂
FanfictionSi dice che la felicità la si possa trovare anche negli attimi più tenebrosi, se solo ci si ricorda di accendere la luce. Sebastian ricorda di averlo letto da qualche parte, forse in uno degli ultimi libri che ha "preso in prestito" dalla biblioteca...