II - 𝓛𝓮𝓿𝓲𝓸𝓼𝓸

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Il suono delle suole dei mocassini che urtavano il pavimento in marmo gli riempiva le orecchie, così come il battito del cuore continuava a rimbombargli nel petto, nella gola, nella testa. Sentiva l'adrenalina scorrere nelle vene e pizzicare le punte delle dita e, mentre la luce che entrava dalle bifore del corridoio a intervalli regolari gli illuminava il viso, non riusciva a smettere di sorridere.

Erano stati distribuiti gli orari quella mattina a colazione, facendo riempire la Sala Grande di grida di esultanza, sbuffi indispettiti e tante, tantissime chiacchiere e Sebastian non era stato da meno. Quando aveva scritto il proprio nome sulla pergamena, infatti, la sorpresa di constatare che avrebbero avuto come prima lezione dell'anno Difesa Contro le Arti Oscure lo aveva fatto quasi saltare su dalla panca.

Infaustus non ne era stato molto contento, conosceva il suo migliore amico e sapeva che nulla gli avrebbe impedito di fare sfoggio delle proprie abilità nel duello; anzi, l'arrivo di quella nuova e strana ragazza gli avrebbe dato una ragione in più per farlo. Ciononostante si era limitato ad afferrare il ragazzo al suo fianco per una manica e costringerlo a sedersi di nuovo, senza fare troppe cerimonie.

«Ti metterai in ridicolo avanti a tutti» gli aveva detto, già ben consapevole che a Sebastian non interessasse l'opinione di altre persone al di fuori di una piccola cerchia di eletti. E, in effetti, non si stupì di sentirsi rispondere: «Al diavolo tutti, amico mio, questa è la nostra carta vincente!»

Aveva non pochi dubbi su quest'ultima frase, tuttavia decise di non esprimerne nemmeno uno ad alta voce fino a quando non sarebbe stato necessario farlo, e il biondo sperava sempre che non fosse quello il caso. Decise di seguirlo per i corridoi in direzione dell'aula della professoressa Hecat facendo finta di nulla.

«Pensi che già sia lì?» gli chiese raggiante, non provando a nascondere nemmeno un po' le emozioni che lo stavano pervadendo in quel momento.

Era raro in quell'ultimo periodo vederlo così spensierato. Le uniche cose che lo facevano sorridere erano diventate le sue ricerche e quei piccoli risultati che, ogni tanto, raggiungeva... prima di rendersi conto del loro essere l'ennesimo buco nell'acqua.

«La professoressa Hecat?»

«Non la Hecat, 'Faust, intendo lei,» sbuffò Sebastian contrariato dalla domanda idiota che gli aveva rivolto l'amico, «Sophie». Non se ne sarebbe stupito il moro a dirla tutta: dall'esterno quella ragazza sembrava tutto, tranne una che osava fare ritardo alle lezioni.

L'aveva inquadrata come una studentessa modello, nonostante non si conoscessero ancora di persona, ma lui si fidava abbastanza del suo intuito da seguire il flusso incessante di pensieri che lo stava travolgendo senza fare domande.

«Perché mai dovrei sapere se la nuova arrivata si trovi già in aula? Non la conosco nemmeno.» I segnali di ritorno della sua bacchetta gli fecero capire che avrebbero dovuto svoltare a destra a breve. Non vedeva l'ora di abbandonare i suoi libri sul banco e dedicarsi alla lezione, così da mettere da parte finalmente quel discorso.

Non ne poteva davvero più: Sebastian non faceva altro che parlarne, parlarne, parlarne e ancora parlarne... ma per lui non c'era poi molto da dire. Anzi, se avesse chiesto la sua opinione, Infaustus gli avrebbe volentieri risposto che, a differenza sua, lui preferiva analizzare la situazione sotto ogni punto di vista prima di agire.

«Era una domanda retorica, so che non sai se sia già lì o no» il moro lo superò in un attimo e si infilò nell'aula, venendo subito accolto da un brusio fastidioso e dal solito scheletro di Nero delle Ebridi appeso al soffitto. Non fu sorpreso di trovare i banchi accostati alla parete, né di notare un gruppetto di curiosi accalcati attorno a Sophie.

𝓣𝓻𝓾𝓵𝔂, 𝓜𝓪𝓭𝓵𝔂, 𝓓𝓮𝓮𝓹𝓵𝔂Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora