Il Cinema Teatro Vespasiano ora non c'è piu', al suo posto sorge un rudere nel mezzo del Paese, ora chiamato "cittadina", che e' stato casa mia per molto tempo, era un'opera incompiuta anche al massimo del suo splendore originario, broccati bordeaux, poltrone comode, palco sopraelevato, pareva uscito da un film di Fellini, era bello e malinconico allora e lo e' anche ora ridotto al fantasma di se stesso, incompleto anche nella fine.
Non so perche' abbiano lasciato che finisse in questo stato, ma so che ne hanno costruito uno nuovo, un obbrobrio asettico che chiamano "multisala", non so perche' ma so che e' emblematico di questa cittadina, decadenza patinata che tiene i ruderi del proprio passato in bella mostra mentre taglia il nastro rosso e inaugura un futuro che sa già di vecchio.
Forse è solo il ricordo di cio' che il Vespasiano custodiva a rendermi tanto cinica, forse ho paura che il suo abbandono spazzi via tutto, che con il suo abbandono sbiadiscano piano anche i fantasmi di noi, dei film che abbiamo guardato, dei baci che ci siamo scambiati, ho paura che un giorno non vedendolo piu' svettare tra gli altri edifici lui dimentichera', un pezzo alla volta.
Passando in auto, mi rendo conto di non riconoscere molte delle nuove vetrine e mi scopro a provare una certa nostalgia, nostalgia incredibilmente fuori luogo per una che e' andata via senza mai voltarsi indietro.
Nonostante sia passato molto tempo alcune volte sogno ancora questi posti, il cinema, la chiesa, la casa sul viale.
Eccola sbucare, bianca come una vergine, tra i pini e i cipressi, li in fondo al viale alberato.
Parcheggio l'auto davanti il cancello aperto senza trovare il coraggio per imboccare il vialetto, mi chiedo se sia in casa, una parte di me sente che lo saprei se fosse cosi' vicino, ma sono solo suggestioni, io non ho mai avuto la capacita' di percepire certe cose, lui si, o almeno così mi pareva.Non si sente nulla, non si vede nessuno e mi pare per un momento che siano tutti morti, macabro da pensare essendo tornata per un funerale, sto ancora cercando di decidere se entrare o meno, mi chiedo se avrei solo dovuto mandare dei fiori, ancora oggi non riesco a smettere di pensare a quei fiori che la Signora faceva mettere a mia madre nei vasi di cristallo, uno in ogni stanza, se chiudo gli occhi posso ancora sentire il loro profumo, probabilmente saranno gia' invasi dai fiori.
Non so davvero perche' sono qui, dubito che si aspetti di vedermi o che lo desideri, non sono neppure certa di voler entrare, forse volevo solo vedere la casa una volta ancora, come era conservata nei miei ricordi, ho come la sensazione che con la dipartita della Signora cadra' in pezzi, un altro mausoleo, un altro rudere fagocitato dal paese.
"Ho sentito Andrea e mi ha detto che eri in Paese, gli ho detto che e' pazzo, che sicuramente non eri tu"
Mi giro di scatto in direzione della sua voce, non l'ho sentito arrivare, deve essere arrivato dal lago, Marco mi sorride con il suo sorriso un po' sghembo, ha gli occhi arrossati, un accenno di barba e i capelli lunghi, piu' di quanto ricordassi, in disordine, scompigliati dal vento.
Per un momento il tempo si ferma e lo guardo stagliato contro il cielo grigio e carico di pioggia mentre avanza verso di me e migliaia di immagini di lui che mi viene incontro si sovrappongono, Marco con i calzoncini che in chiesa mi sfila davanti senza un "ciao", Marco in prima Liceo con la sua camicia bianca che mi saluta svelto in corridoio, Marco nudo che esce dal mio bagno ricoperto di minuscole gocce d'acqua che gli sgocciolano dai capelli scuri, tutte si sovrappongono nello spazio di momento fino ad arrivare a Marco in completo nero che mi viene incontro, è invecchiato noto, è ancora bello.
Mio malgrado mi rendo conto, sanguina ancora, dentro di me, il punto in cui tenevo custodito il ricordo di lui, mio malgrado i suoi occhi sono ancora spilli nel mio cervello, li posa su di me e mi sorride ancora, nonostante tutto.
"Ciao" mormoro.
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LA CASA SUL VIALE
RomanceMarco e Isabella sono cresciuti insieme, si sono osservati prima con diffidenza, successivamente con morbosa curiosità per anni, vicinissimi ma separati da un confine invisibile che pare permeare tutta la cittadina in cui le loro esistenze sono conf...