Rividi Marco sulla via del lago altre volte prima della partenza per il collegio, non fu un appuntamento prefissato, semplicemente, intorno alle sei del pomeriggio, quando mia madre tornava a casa dal lavoro e poteva prendersi cura di Tommy, io uscivo a fare una passeggiata fino al lago, come sempre. Mi piaceva camminare durante l'ora d'oro, quando la luce morbida del sole calante avvolgeva tutto, mi piaceva il silenzio, la solitudine, mi faceva sentire in contatto con me stessa e mi sembrava epurarmi da ogni malinconia, da ogni fatica della giornata trascorsa. C'era pace, quel genere di placida serenità che è possibile sperimentare solo immersi nella natura. Il silenzio rumoroso della vita che brulica e si agita appena percettibile nel fitto dei boschi.
Arrivata all'imboccatura del sentiero che portava al lago spesso lo trovavo già li, poggiato contro il tronco di un grosso albero che pareva un monolite, un libro in mano e l'aria di essere lì per caso, si affiancava a me senza giustificare la sua presenza, come fosse un fatto naturale, la prima volta che lo rividi portava con se "Cime tempestose" provai un moto di imbarazzo, mi sentii nuda, come se leggendolo potesse involontariamente prendere qualcosa che mi apparteneva, mi vergognati per la mia morbosa ossessione per quell'opera ma lui non ne fece parola e io non commentai.
La sua presenza in un rituale per me gia' consolidato mi rendeva nervosa, mi irritava, ma ben presto il tragitto che separava casa dal crocevia passò dall'essere fonte di irrequietezza a fonte di una spasmodica attesa, Marco sembrava terribilmente fuori posto nel paesaggio che abitualmente avevo sempre abitato da sola. Quando arrivavo al crocevia restavo per un attimo immobile, mi prendevo un momento per osservarlo prima che chiudesse il libro e posasse i suoi occhi su di me, come se io fossi una inaspettata distrazione dalla lettura e non il motivo per cui fosse li, in quei pochi secondi di solitudine che mi separavano dal peso del suo sguardo mi concedevo di studiarne la figura, aveva qualcosa di antico, pensavo, forse era il profilo così simile ai tanti busti in marmo che avevamo studiato, i riccioli larghi e scuri, il naso grande e con la piccola gobba che gettava un 'ombra sulle labbra piene che parevano cesellate nel marmo, o forse era la postura che mi faceva pensare al chiasmo che la maestra Barbara tanto decantava, qualcosa in lui mi attirava e al contempo mi respingeva, la sua bellezza rilassata, senza sforzo, mi infastidiva, mi faceva sentire insignificante.
Nonostante tutto, con il passare delle settimane mi abituai alla sua presenza, in quei brevi strascichi di pomeriggi estivi perlopiù stemmo seduti sulla riva del lago a leggere e mangiare le bacche che coglievamo lungo il percorso, stava imparando a riconoscerle. Gli insegnavo i loro nomi, in latino, in italiano e in dialetto.
Stentai a credere che si potesse vivere in luogo tanto isolato per tutta la vita senza conoscerne ogni anfratto, senza riconoscere ogni specie, senza sentire l'esigenza di esplorare quella florida desolazione, glielo dissi , mi ripose che solitamente passava le sue giornate in casa, che tale spreco, che stupida prigionia, ma in fondo era tipico di quelli come lui non guardare oltre il proprio naso, commentai laconica.
"Quelli come me?" chiese piccato, un sopracciglio alzato, interrogativo
"tutto è meglio fuori" mi limitati a rispondere
"Beh se vivi in una casa di due stanze si" rispose secco "allora e' meglio fuori"
Litigammo furiosamente, mi infuriai e lo lasciai li seduto, mi alzai di scatto in preda ad una rabbia cieca, l'umiliazione mi bruciava in petto rendendomi difficile parlare, avrei voluto saltargli alla gola, schiaffeggiarlo, perché faceva così male?
Mi incamminai verso casa senza mai voltarmi, Marco mi inseguì per tutto il tragitto di ritorno scusandosi senza troppa convinzione, perlopiu' recriminandomi le mie parole di poco prima, non avevo il diritto di parlargli in quel modo, disse, non lo conoscevo neppure sottolineò arrabbiato a sua volta, "Il diritto?!" pensai, che borioso bastardo.
Non gli rivolsi la parola e arrivata al crocevia puntai dritta verso casa, gli occhi mi bruciavano ma mi imposi di non piangere fino a che il suo sguardo poteva ancora seguirmi. Rimasta sola sentii lacrime calde e silenziose sgorgarmi dagli occhi, mescolandosi al muco mi giunsero alle labbra, ricordo ancora il sapore salato della rabbia.
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LA CASA SUL VIALE
RomanceMarco e Isabella sono cresciuti insieme, si sono osservati prima con diffidenza, successivamente con morbosa curiosità per anni, vicinissimi ma separati da un confine invisibile che pare permeare tutta la cittadina in cui le loro esistenze sono conf...