Capitolo 13

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Non seppe dire quanto tempo passò incollata alla macchina per scrivere. Le parole si diluivano in un gorgo di pensieri torbidi e immagini screziate, frammenti scintillanti che cadevano nel buio per formare qualcosa.

Non sapeva nemmeno cosa stesse plasmando, ma c'era. Lo sentiva palpitare nella pagina sporca di parole. Era come gettare vernice colorata su una creatura invisibile per rivelarne le fattezze.

Quando si svegliò il sole era già sorto. Lame di luce pallida e stanca entravano dalle persiane, tagliando il buio della stanza.

Allungò la mano verso la tazza di tè. Non era la stessa tazza della notte precedente. Almeno, la ricordava diversa. Quella che le aveva portato D. aveva una fragola disegnata su un lato, mentre quella tazza era... Diavolo, era tutta crepata. Forse le era caduta? No, e poi non c'era traccia della fragola.

Quante cose ti sei sognata questa notte? Si chiese stropicciandosi gli occhi.

La risposta che arrivò di lì a pochi secondi non fu per niente confortevole.

Non solo la tazza, ma l'intera camera da letto era mutata. Era come se invece di poche ore fossero trascorsi decenni: tutto era fatiscente e cadeva a pezzi. La carta da parati verde vomito era scrostata, il letto scoperchiato in un cimitero di molle arrugginite, gli scaffali pieni solo di polvere, i quadri spariti... Era stata drogata? O forse il suo crollo nervoso aveva deciso di spingersi più in là di quanto non avesse fatto prima? Un'allucinazione. Una grottesca allucinazione. Aveva solo sognato di incontrare D? Un ragazzo bello e biondo, per di più italiano, nel mezzo di New York che, guarda caso, l'aveva trovata proprio appena dopo la lite con Jack?

Jack.

Aveva spento il cellulare. Chissà quante chiamate persi, quanti sms ignorati... Perché proprio a lei?

Si strinse nelle spalle nude cercando i vestiti. Tese l'orecchio per sentire se nelle altre stanze c'era qualcuno: niente. Solo i rumori della strada sottostante e lo scarico di un water qualche piano più su.

Si vestì in fretta e furia con un roditore dagli occhi iniettati di sangue che la scorticava da dentro.Doveva essere impazzita. Non c'erano altre spiegazioni. Doveva tornare al Gipsy e chiedere con chi era uscita la notte prima. Se era uscita con qualcosa di diverso dalla sua immaginazione. Stava per infilare la porta quando qualcosa la bloccò.

La macchina per scrivere.

Si voltò e guardò la pila di fogli che D. aveva lasciato lì per lei. Quelli erano reali. Aveva davvero scritto qualcosa, solo che non ricordava cosa. Era stato come un lungo sogno delirante di cui, al risveglio, non rimanevano che briciole.

Prese i fogli e li scorse in fretta. Aveva scritto tre poesie. Molti versi erano pieni di errori di battitura. Dopo le poesie era passata a una sottospecie di diario in cui ricapitolava passo per passo quel che aveva fatto la notte prima. Ecco dove aveva immaginato D. Lo aveva inventato di sana pianta e ora realtà e finzione si mischiavano in una brodaglia acida e pericolosa.

Com'era arrivata in quel buco? Come aveva trovato la macchina per scrivere?

Dopo le circa dieci pagine di "diario" era passata a qualcosa di simile a un racconto. Non aveva segnato il titolo e aveva battuto a stento il primo paragrafo prima di crollare addormentata. Il foglio era ancora inserito nella macchina per scrivere, in attesa.

Quasi provò l'impulso di sedersi e continuare e dimenticare per un po' quell'accozzaglia di assurdità che la assediavano da ogni lato, ma non poteva. Aveva sognato abbastanza per oggi.Strappò il foglio dalla macchina per scrivere, lo aggiunse agli altri senza nemmeno finire di leggerlo e buttò tutto nella borsa.

Quando uscì dalla camera da letto sentì il cuore accartocciarsi come carta bagnata. Si voltò per guardare ancora la vecchia macchina per scrivere abbandonata. Il sole la illuminava come un'antica reliquia, un gioiello che lotta per sopravvivere tra le rovine di un mondo dimenticato.

L'avrebbe portata con sé se avesse potuto. Forse sarebbe potuta tornare dopo... Quell'appartamento in ogni caso sembrava abbandonato.

E allora come hai fatto a entrare? Ti sei infilata in un palazzo a caso e hai salito le scale finché non hai trovato una porta aperta?

Percorse con cautela il corridoio. Sbirciò nel bagno e una zaffata che sapeva di fogna la investì in pieno. Si ritrasse con la testa che le girava e le gambe molli. Se quello non era l'inferno, ci andava molto vicino.

Vide l'inferno solo quando mise piede in cucina.


NOTE:

Volevo ringraziare Wattpad per aver tolto (non so in che modo) la suddivisione automatica in paragrafi. Fino a pochi giorni fa mi bastava incollare da Word il testo già bello in ordine coi paragrafi al loro posto perché, una volta pubblicato, la suddivisione fosse rispettata.
Ora non più.
Il testo una volta incollato qui diventa un wallpost illeggibile con i paragrafi tutti attaccati. Dato che non riesco a scrivere su programmi diversi da Word, mi toccherà dividere i paragrafi manualmente una volta incollato il testo su questa "splendida" piattaforma. Ciò cosa implica? Niente di tragico, ma potreste incorrere in frasi "attaccate" quando in realtà farebbero parte di paragrafi differenti.  Cercherò di sistemare sempre tutti i paragrafi prima di pubblicare in modo da rendere la lettura il più scorrevole possibile, ma già so che me ne scapperanno qua e là. Siate comprensivi.
Rinnovo i ringraziamenti a chi gestisce gli aggiornamenti di Wattpad, non so chi voi siate, ma siete dei geni del male ragazzi. Un giorno scriverò una storia su di voi e, credetemi, non vi piacerà.

Ah, prima di andare, se vi piace la storia sentitevi liberi di commentare e di mettere una stellina. È gratis e fa bene alla salute. E voi volete vivere a lungo, vero? Eh? Eh...

Lui mi troveràDove le storie prendono vita. Scoprilo ora