13. 𝒴𝑒𝒶𝒽, 𝓃𝑜 𝒻𝑒𝑒𝓁𝒾𝓃', 𝓎𝑒𝒶𝒽, 𝓃𝑜 𝒻𝑒𝑒𝓁𝒾𝓃'

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Ride delle cicatrici altrui
colui che non è mai stato ferito.

W. Shakespeare




Non potevamo rimanere lì

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Non potevamo rimanere lì.

Dovevamo andarcene da quella casa infernale il più in fretta possibile.

Ovviamente ho insistito per lasciare Esrik a piedi, ma Axel si è messo in mezzo minacciandomi che se non lo avessi fatto salire in auto, lui sarebbe rimasto a terra con il suo nuovo amico.

Mi sento irritata e furiosa, ma non potevo rischiare che venisse catturato di nuovo da quella banda di svitati, perciò alla fine ho accettato e adesso mi ritrovo in giro per strade che non conosco mentre sono al volante di una auto che non mi sarei mai sognata di poter guidare

In tutto ció peró c'è una cosa positiva: noi non siamo suoi ostaggi. Siamo liberi e ora che ci penso, Esrik se ne va dritto in centrale di polizia per essere arrestato.

Sulle labbra mi appare un sorriso di vittoria e attorno a noi sembra essere tornato tutto alla normalità. Davanti a me e anche dietro, ci sono altre macchine, un pullman che sta riportando i bambini a casa dopo essere stati a scuola e, capisco che sono circa le quattro del pomeriggio. Ragazzi che fanno skateboard sui marciapiedi e gruppetti di amiche che girano in bicicletta ridendo e scherzando.

Ogni cosa è tornata al suo posto.

Come se le persone attorno a noi non fossero mai scomparse.

«Che succede, Esrik. Gli abitanti di questa zona ti sei dimenticato di ucciderli?» infierisco con una frecciatina.

Subito Axel mi rimprovera alzando lo sguardo verso il maledetto. «Lascialo in pace. Non lo vedi com'è ridotto, poverino.»

Poverino? Sgrano gli occhi.

Ha davvero il coraggio di definirlo così? Dopo tutto quello che ci ha fatto passare? Sbotto. «Axel, Esrik ci ha aggrediti e rapiti. Per quanto ne sappiamo potrebbe anche averci consegnati lui a quella banda di matti.»

OMBRE D'EGITTO 1, il mistero del fiore di loto Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora