16. Quando amare era semplice.

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D A M O N

Porca troia sento già che questa giornata sarà una merda, più del solito.

Questa camicia è fottutamente stretta, bianca, troppo bianca, poi per quale cazzo di motivo devo tenere obbligatoriamente questa giacca del cazzo e la camicia così abbottonata.

Stressato mi siedo sul letto a fumare come ogni giorno della mia inutile vita, aspiro quel veleno che spero mi faccia morire prima dei 60 anni, magari anche prima dei 40. Poi sento la finestra aprirsi, mi giro. E chi poteva essere se non Lilith Williams? Bellissima come sempre, poteva avere anche un misero straccio addosso ma che la odiassi o meno, ora mai mi ero arreso, è bella da far mancare il fiato, con quei capelli neri, la carnagione bianca in totale contrasto e gli occhi così spenti da farti desiderare di capirla, il desiderio di rimettere insieme il puzzle della sua vita complicata, contorta, per quanto non siano occhi verdi, azzurri o qualsiasi altro colore particolare, i suoi mi incantavano ogni volta, gli occhi bisogna saperli usare, e lei lo sa fare fin troppo bene.

<<Cosa ci fai qui?>> Le chiedo spegnendo la sigaretta nel posacenere sul comodino.
Non risponde alla mia domanda, la vedo mettersi a cavalcioni e poi mi bacia, con passione.
<<Ti basta come risposta?>> Mi chiede.
Anch'io non le rispondo, le tolgo la felpa e i pantaloncini godendomi l'immagine di lei seminuda, con solo un reggiseno in pizzo nero e delle mutande sgambate abbinate. Mi slaccia la cintura e mi abbassa pantaloni e boxer insieme, io prendo un preservativo dal comodino e strappo la bustina argentata.
<<Abbiamo 10 minuti, poi devo andare.>>La avviso fra un bacio e l'altro. Lei annuisce.
Le infilo una mano nelle mutande trovandola già bagnata, lei geme leggermente quando il medio e l'anulare fanno su e giù per tutta la lunghezza del suo clitoride bagnato e pulsante. Le abbasso le mutande e senza indugiare mi spingo dentro di lei, zittisco i suoi gemiti con baci profondi. Mi spingo ancora dentro lei, pompando sempre più velocemente fin quando contemporaneamente veniamo scossi da spasmi e veniamo.

E M I L Y

Apro gli occhi, sono in una stanza al buio, non so dove mi trovi, sento puzza di sporco, marijuana, nicotina e birra, come se accanto a me ci fosse qualcuno con una bottiglia di birra in mano. La stanza è leggermente illuminata da una torcia in un angolo, sono legata a una sedia, e ho la bocca coperta da uno straccio che sa di sporco, direi di sangue o qualcosa simile, che schifo.

La luce viene accesa e sono costretta a sbattere le palpebre un paio di volte per abituarmi nuovamente alla troppa luce, i giro intorno e effettivamente capisco il motivo della puzza di marijuana, oltre ad esserci una graziosa piantina di marijuana vicino a me, una donna poco distante da me fuma tranquillamente, ha l'aspetto trasandato, capelli biondi, biondissimi, quasi bianchi, come i miei, sono legati in una treccia scombinata, è molto bassa, direi anche più di me, ha solo una felpa verde molto larga senza logo e delle ciabattine del medesimo colore, forse per non calpestare i numerosi cocci di vetro per terra.
La vedo avvicinarsi a me mentre continua a fumare lo spinello con disinvoltura, si abbassa alla mia altezza e mi sbuffa il fumo in faccia facendomi chiudere gli occhi, mi abbassa la benda che mi copriva la bocca.
<<Perché sono qua?>> Chiedo, la donna sorride, noto i suoi occhi verdi, verde smeraldo.
<<Oh tesoro, da quanto tempo.>> Mi sussurra con la voce rauca di una persona che fuma troppo, più del dovuto.
<<Non so chi tu sia.>>
Poi la porta si apre e un uomo alto, con un po' di pancia, capelli biondo scuro, si avvicina a noi con una bottiglia di birra in mano, anche lui ha l'aspetto trasandato, un jeans sporco e strappato, una canottiera bianca sporca e una giacca di pelle rovinata dal tempo.
<<Ecco le mie donne insieme.>> Le mie donne? Non capisco.
Poi guardo i suoi occhi e capisco tutto.
Pezzi di merda.

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