capitolo 11 -Sumire-

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Il giorno tanto temuto arrivò. Il momento in cui sarei tornata a casa, a lavorare di nuovo per Endeavor.
Non volevo andarmene via, stavo bene con Hawks, sia a livello lavorativo che personale, ma era inevitabile. Sia per me che per la missione.
Avevo accettato la proposta di Hawks di lavorare insieme a lui, e la parte iniziale prevedeva il mio ritorno nell'agenzia di Endeavor. Sarebbe stato un trampolino di lancio, un banco di prova per vedere se ero davvero pronta per quello che dovevo fare. Se non ce l'avrei fatta con Endeavor, allora avrei fallito la missione.
Hawks mi accompagnò alla stazione dei treni, cercando di consolarmi come poteva per il mio ritorno a casa. Nemmeno lui impazziva all'idea di separarsi da me, ma non poteva fare diversamente. E poi dovevamo abituarci a stare separati per lunghi periodi. La missione avrebbe richiesto dei periodi lunghi anche settimane in cui non ci saremo potuti vedere. Vista la mia nuova condizione mi sembrò insostenibile.
Mi accompagnò fino al terminale, restando insieme a me fino al momento in cui sarebbe arrivato il mio treno.
-Come ti senti?- mi chiese premuroso, accarezzandomi una guancia.
-Tesa- sussurai, abbassando lo sguardo. Se pensavo a quello che dovevo fare mi sentivo male...
Mi baciò sulla fronte -lo so, Passerotta. Non è mai facile, soprattutto all'inizio-
-Sei confortante...-
Hawks ridacchiò, scrutandomi con i suoi pozzi d'ambra-non ti indorero' la pillola, Sumire. Quello che dovrai fare sarà terribilmente dura e questo, in confronto, sarà una passeggiata. Sarai costretta a fare cose di cui non avresti mai il coraggio di fare e che non ti faranno dormire la notte. Se vuoi tirarti indietro puoi ancora farlo, lo capirò-
-Non ho nessuna intenzione di tirarmi indietro- esclamai decisa -farò quello che serve!-
Il sorriso sul volto di Hawks si allargò, brillando quasi di luce propria -ben detto, Sumi-
La voce nell'altoparlante annunciò l'arrivo del mio treno. Io e Hawks sussultammo, era arrivato il momento di dividerci.
Mi allungai verso di lui, baciandolo -mi mancherai-
-Allora sbrigati a tornare da me- mi rispose a fior di labbra, per niente intenzionato a lasciarmi andare. Ci abbracciammo e restammo così per pochi secondi, per poi salutarci.
Gli lanciai un'occhiata triste, ancora in parte scossa per come si era evoluto il rapporto fra di noi. Salii sul treno, pronta a tornare alla mia vecchia vita.
O perlomeno, a distruggerla.

Durante il viaggio non feci altro che pensare a cosa avrei detto a Endeavor, o perlomeno come dirglielo. Era una fase delicata e richiedeva tempo e pazienza.
Dovevo essere credibile per poter passare alla fase successiva.
Scesi dal treno col cuore pesante, convinta che Endeavor sarebbe venuto a prendermi, e invece trovai solo Kido ad aspettarmi.
-Hydrogirl!- mi salutò allegramente lui -bentornata-
Non dovetti sforzarmi per mostrarmi delusa. Guardai dietro di lui, chiedendo -ci sei solo tu?-
-E l'autista in macchina- annuì Kido -volevano venire anche Burnin e il capo, aspettavano in gloria il tuo ritorno, ma ci sono stati degli attacchi da parte dei Nomu e sono dovuti accorrere-
-Capisco...- sussurai con un filo di voce.
I Nomu, umani genericamente modificati divenuti mostri. L'arma di cui si serviva l'Unione dei Villain. Non era la prima volta che sguinzagliavano i Nomu per far casino, scatenando terrore e distruzione, e lo Stato aveva sguinzagliato i suoi uomini migliori per indagare.
Kido mi prese la borsa -dai, andiamo. E sappi che stasera ti attende una bella festa!-
-Che bello...- dissi sarcastica, mettendoci tutto il sarcasmo che potevo, rendendolo marcato. Kido se ne accorse, guardandomi di traverso.

Rietrarono tutti verso sera, e come previsto da Kido, avevano preparato una megafesta per il mio ritorno, manco avessi fatto chissà cosa o fossi mancata per anni. I miei colleghi erano felici di vedermi, soprattutto Burnin che mi chiedeva ogni singolo dettaglio su com'era lavorare con Hawks. Le mie guance si fecero scarlatte dopo un po' mentre le raccontavo di Hawks, ripensando al suo fisico atletico e a quelle mani che sapevano darmi piacere.
Burnin sghignazzo' -per me ti sei presa una cotta per lui-
-Non dire cazzate!- sbottai, cercando di nascondere ogni tipo di attrazione che covavo per lui.
-Chi ha una cotta per chi?- tuono' una voce dietro di noi.
Mi bloccai, sentendo un brivido freddo lungo la schiena, e mi voltai lentamente col cuore in gola.
Endeavor mi studiò con la sua aria arcigna, ispezionando ogni angolo del mio corpo per assicurarsi che non ci fosse niente che non andasse. Ero pronta a scommettere che stava cercando la minima traccia di un succhiotto.
Assunsi un'aria infastidita -nessuno ha una cotta, vecchio. E fatti i cazzi tuoi!-
Sollevò il mento, guardandomi dall'alto in basso, mormorando -ha tenuto le mani a posto?-
-Oh Gesù!- esclamai scazzata, cercando di non arrossire -Hawks è stato al suo posto! Non sfiorerebbe mai la sua migliore amica-
Se solo Endeavor sapesse di quello che io e Hawks avevamo fatto... come minimo lo avrebbe trasformato in un pollo arrosto. Era molto più geloso di mio padre.
Endeavor mi guardò un secondo, abbracciandomi subito dopo. Fui talmente presa di sorpresa che restai di sasso. Non era il tipo per certe smancerie, era un uomo tutto d'un pezzo.
Ed era veramente molto alto, oltre a essere un colosso. Gli arrivavo a malapena ai pettorali pompati, facendomi sentire una bambolina di cristallo.
-Bentornata, Sumire- sussurrò con fare paterno -queste due settimane sono state davvero lunghe-
Non risposi, cercando di trattenere l'impulso di ricambiare l'abbraccio. Nonostante l'incazzatura verso di lui, ero arrivata al punto da considerarlo un secondo padre.
Ma con quello che dovevo fare, non potevo abbracciarlo.
Sarebbe stato un controsenso.
Mi limitai a discostarmi da lui, ricambiando -per me sono state troppo brevi invece-
Vidi un piccolo lampo di dolore nei suoi occhi plumbei, facendomi sentire in colpa, ma proseguii -se non vi dispiace, io me ne andrei a letto. Sono stanca e domani devo ricominciare-
-Certo- concordò Endeavor con un leggero colpo di tosse, mentre Burnin protestava -buonanotte Sumire-
-Notte- dissi con sgarbo, allontanandomi da loro e tornando in camera.
Chiusi la porta, dando un giro di chiave. Volevo starmene tranquilla.
Osservai la stanza, avevo passato la mattina a sistemare la borsa, rimettendo tutto a posto.
Con un sospiro mi buttai sul letto, odiando quella ritrovata solitudine.
Mi mancava Hawks e la sua compagnia.
E non parlavo solo del sesso, ma anche dei momenti fra di noi. Ero talmente abituata a stare con lui che non riuscivo più a stare da sola.
Il telefono vibro', segnalando l'arrivo di un messaggio.
Per un piccolo, breve momento sperai che fosse Toya. Che mi avesse scritto per chiedermi scusa.
E invece era Hawks.
"Sei da sola?"
Osservai stranita il messaggio. Perché voleva saperlo? Comunque gli risposi "si, e non sento affatto la tua mancanza". Sorrisi fra me a quell'affermazione, conscia che non mi avrebbe preso sul serio.
Sentii dei colpi alla finestra, come se qualcuno stesse bussando. Andai a controllare, restando a bocca aperta quando individuai la fonte del rumore.
Hawks stava volando davanti alla finestra col suo solito sorriso, entrando appena aprii la finestra.
-Sai, sei davvero cattiva Sumi- esclamò con quel ghigno stampato in faccia -perché tu invece mi sei mancata parecchio-
Ero sbigottita e senza fiato. Che ci faceva qui Hawks?
Cercai di respirare, e prima ancora che aprissi bocca lui disse -volevo stare un po' con te-
Mi avvicinai lentamente a lui, aprendomi in un sorriso -ma come? Non riesci a resistere nemmeno ventiquattro ore senza di me?-
Hawks mi abbracciò, guardandomi con aria di sfida -se è per questo nemmeno tu-
-E da cosa lo deduci?-
-Perche' ti conosco-
-Non è una risposta- sbuffai.
Hawks affondò il viso nel mio collo, assaporandosi il profumo della mia pelle. Andai in iperventilazione mentre avvertii quel calore familiare fra le gambe.
-Davvero non ti sono mancato?- mi chiese titubante.
-Certo che mi sei mancato- sospirai rassegnata, stringendomi a lui -ormai sono abituata ad averti sempre intorno- e allungai una mano per accarezzargli l'angolo d'incurvatura delle ali. Le sue piume erano setose al tocco.
Hawks ansimò. Sapevo che le ali erano uno dei suoi punti deboli, e ci tenevo a fargli sapere quanto mi fosse mancato.
Hawks mi guardò con occhi di fuoco -non stuzzicarmi, Passerotta. Potresti farti male-
- Che paroloni per un pettirosso- lo provocai.
Con un ringhio, Hawks mi agguantò e mi buttò sul letto, intrappolandomi col suo corpo.
-Come mi hai chiamato?-
-Pettirosso-
-Questa la paghi- sghignazzo' Hawks, facendomi il solletico.
Scoppiai a ridere, felice che Hawks fosse venuto per me, rendendo la prima parte della missione più sopportabile.

Blu come le tue fiamme e rosse come le sue piumeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora