XXX-MY SIN, MY SOUL

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Vinnie

La villa Volkov non è mai stata così spettrale tanto come in queste ore: Emma, insieme ai suoi dipendenti, è corsa all'ospedale per farsi consegnare il corpo del marito; io sono rimasto da solo qui, in attesa del ritorno di Victor

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La villa Volkov non è mai stata così spettrale tanto come in queste ore: Emma, insieme ai suoi dipendenti, è corsa all'ospedale per farsi consegnare il corpo del marito; io sono rimasto da solo qui, in attesa del ritorno di Victor.

Non appena entrambi saranno giunti qui, partiremo alla volta di San Pietroburgo con il jet privato di famiglia per svolgere lì il funerale secondo il rito ortodosso.

Li ho trovati molto più preparati a questa evenienza di quanto mi sarei mai aspettato.
È come se già avessero saputo che sarebbe morto presto.

Rimugino su tutta questa situazione così surreale, partita da quando, ore dopo la mia confessione a Mary, Emma mi ha chiamato per avvisarmi sui recenti accaduti.

Picchietto l'indice sul bracciolo della poltrona, la stessa dove ho inondato Victor d'acqua dopo la sua festa di compleanno, ed aspetto impaziente.

Sembrava così furioso a telefono: chissà cosa è successo dopo il mio tentato suicidio.

Il portone d'ingresso viene all'improvviso aperto e chiuso con violenza. Non ho nemmeno il tempo di alzarmi, che Victor con le sue gambe chilometriche fa il suo ingresso nella stanza.

Resto fermo a guardare i suoi capelli, con un dolore sordo al petto.

"Victor...", sussurro, stringendo la pelle dei braccioli.

Lui, che è di spalle, sobbalza al suono della mia voce. Perdo tempo nel fissarlo: è pallido, dimagrito, spento. Del sangue incrostato gli ha sporcato il maglione grigio che indossa ed un livido violaceo ha cominciato a formarsi sotto l'occhio sinistro.

"Cosa ti è successo-", la mia domanda viene stroncata a metà quando lui corre nella mia direzione.

Mi stringe in un abbraccio talmente stretto da farmi male. Io sono allibito, non riesco nemmeno a ricambiarlo. Puzza di candeggina e di morte.

Si allontana con la stessa velocità e in un attimo è fuori dal mio campo visivo. Si è diretto in cucina; decido di seguirlo con uno forte senso di inquietudine addosso.

Spalanca le credenze alla ricerca di qualcosa e quando trova un bicchiere di vetro lo pone sul bancone.

Cerca nelle tasche dei pantaloni il portafogli e riversa il suo contenuto per terra. L'oggetto più pesante, ossia una bustina contenente delle pillole, cade per terra. Una foto scivola fuori e con dolcezza plana verso il basso, insieme ad un mucchio di banconote.

Prima di poterlo rimproverare, Victor agguanta le pasticche e le distrugge con il fondo del bicchiere; dopodiché apre la confezione e getta la polvere nel lavandino.

Io mi accovaccio e raccolgo con l'indice ed il medio il pezzo di carta. Lo dispiego e mi sorprendo al ricordo di quella afosa giornata d'estate passata a leggere sul petto dell'uomo che mi sta di fronte.

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