8 febbraio 2024 - Pomeriggio

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POV Massimiliano

Apro Instagram e la prima cosa che noto è la sua icona in alto con un cerchio rosso intorno, sintomo che ha pubblicato una storia nuova. Cosa avrà postato? Da quanto l'avrà messa? Sono indeciso se aprirla subito o aspettare ancora un attimo.
Con Instagram sono sempre stato un po' un disastro. Non amo molto utilizzare i social ma sono consapevole che siano un mezzo utile per mantenere il contatto con i fan e che possono essere un canale di comunicazione efficace.
Mi piace ogni tanto condividere qualche post.
Il mio profilo è disordinato, mi rappresenta.
La cosa che più mi piace è mettere le foto un po' casuali che scatto nell'ultimo periodo.
Mi aiutano e fermare i ricordi e fanno capire a chi mi segue che sono esattamente come loro, che non faccio nulla di diverso da qualsiasi altra persona che vive una vita comune, con l'unica differenza che oltre a stare seduto sul divano a guardare un bel film mi ci si può trovare anche dall'altra parte dello schermo, dietro una macchina da presa. Il mio però è un lavoro esattamente come gli altri e per il resto del mio tempo vivo una vita fatta di piccole cose come tutti.
Mi piace andare a correre. Ho scoperto che mi piace allenarmi, sentire i muscoli dolenti a fine allenamento, l'energia che scaturisce dalle mie braccia, dalle gambe, sudare sapendo di avere una metà da raggiungere o un obiettivo da perseguire.
Mi diverto a dipingere anche se non ho chissà quale talento artistico.
Amo leggere e scrivere come raccontavo a Maria... chissà se mai riuscirò a farle leggere qualcosa scritto da me.
Riempio quaderni su quaderni di pensieri, di trame, di lettere. Ho scritto spettacoli teatrali, monologhi o anche solo miei riflessioni. Ho riempito carta a righe, a quadretti, fogli bianchi.
Per me una lettera è per chi ha quell'emozione forte che ha bisogno di essere espressa ma gli manca un po' di quel coraggio impavido e quindi sceglie un foglio bianco come mezzo.
Un foglio di carta non azzanna nè ti risponde o ti giudica, ma anzi è un necessario punto di partenza concreto e metaforico, come quando mi trovo a dover creare da zero un personaggio per interpretarlo.
Scrivere è lo strumento che preferisco per guardarmi dentro.

Clicco sulla sua icona e guardo la storia.
È una foto del tramonto dell'altra sera, quello che si vedeva dalla finestra delle nostre camere d'albergo. Deve averlo fotografato quando sono tornato nella mia stanza dopo che abbiamo fatto l'amore. Chissà se ha pensato a quel momento quando ha pubblicato la foto o semplicemente le piacevano i colori. Chissà se quel cuore azzurro che ha messo piccolino lì nel centro ha un significato. Azzurro come il cielo, azzurro come il mare. Azzurro come l'anello che porto al dito di cui le ho raccontato la prima notte. Mentre le spiegavo il significato di quella pietra per me, me lo aveva sfilato dal dito e se lo rigirava tra le mani.
In mano sua sembrava un anello enorme. Se l'era provato e le cadeva da ogni dito. Poi con dolcezza mentre mi ascoltava parlare mi aveva ripreso la mano e me lo aveva infilato al suo posto, sul medio. "Ti dona, è proprio tuo" mi aveva detto.

Il viaggio di ritorno è stato tranquillo, in aereo mi sono addormentato e ho ripreso un po' di energie. Il traffico di Roma però non mi mancava affatto. Anche il tempo oggi non aiuta e fa sembrare la giornata ancora più grigia. Non so cosa mi aspetta. Sono nervoso. Ho pensato e ripensato a cosa dire ad Elena. Ho pensato e ripensato a cosa fare con Maria, se chiamarla, scriverle un messaggio. Chiederle di vederci questa sera, supplicarla di darmi un'altra possibilità.
Entro in casa e lascio il borsone nel soggiorno.
Mi guardo intorno e per la prima volta forse da mesi mi rendo conto di quanto sono ridicolo.
Vivo in una casa che sembra un magazzino.
Sono circondato da scatole, alcune chiuse altre mezze aperte. C'è roba sua ovunque e probabilmente finora ho finto di non vedere o semplicemente non mi rendevo conto. Ora vorrei soltanto vedere sparire tutto.
Scrivo ad Elena un messaggio per avvisarla che sono tornato. Passano pochi minuti e arriva la sua risposta. "Dammi 5 minuti e sono da te amó".
Questo nomignolo mi da fastidio. Non mi da fastidio di per sé, mi dà fastidio perché lei pensa ancora di potermi chiamare così. La cosa peggiore è che è colpa mia se lei pensa di poterlo fare. Sono io che continuo a farle credere cose, che non sono mai chiaro, che ci ricasco, che cedo, che sembro voler tornare sui miei passi ogni volta.
Stavolta no. Questa volta mettiamo lo scotch definitivo su tutti questi scatoloni e capiamo come organizzarci per farli portare via. Voglio rendere questa casa di nuovo mia, di nuovo libera, pulita come un foglio bianco. Voglio poterci riscrivere storie nuove, i protagonisti li ho già in mente.

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