Morgana VII

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Il cuore di Winifred ebbe, appena gli occhi poterono vedere la torre di Seneca, paura di scoppiarle in petto prima che raggiungesse la Meta. Per più di tre anni, passati come decenni, era stata un miraggio e per un istante, solo per un attimo, ringrazio' in cuor suo Faucher per la sua immeritata fiducia. Seneca! Arkhanos! Sua madre, la fortezza del cielo! Beato chi le aveva fatto porre quel piede sull'erba di nuovo verde e non più polvere! Appena l'aria, come da fanciulla, le aveva accarezzato il viso, s'era precipitata alle mura di corsa per mettervi sopra le mani che riscoprivano i loro lividi e calli di gioventu' d'una arrampicatrice. Pazza! le volle quasi riabbracciare. Si stese sull'erba, colse un fiore, guardo' il cielo. Rise.

Morgana crollava.

L'euforia con la quale aveva salutato le mura venne repressa, di buon grado, dallo sguardo indefinito della cameriera che l'aveva si pazientemente attesa stringendosi negli abiti smeraldo d'ottima fattura. La fanciulla s'era talmente preoccupata del suo primo viaggio, e suo padre tanto onorato, che aveva fatto modo d'avere i migliori abiti che avesse mai visto, tanto da parer lei la signora e l'altra la servitrice. Una volta alzata la matta dal prato col viso rosso, si erano preparate all'ingresso. La giovane donna presentò alla guardia, facendogli inclinare il pennacchio dell'elmo, la pregiata pergamena conferitale da Faucher.

<< Siamo sotto la grazia del Comandante.>>

Quello le squadro' con un poco di dubbio:<<Nomi?>>

Lei esito' un secondo; guardo' Ellen negli occhi, come a volerle comunicare qualche sotterfugio, poi si rassegno':<<Winifred di Seneca.>>

Lo vide battere le ciglia ripetutamente, squadrandola neanche avesse dovuto ritrarla a memoria:<< Come? Potete ripetere? Nome, identita'.>>

<<Winifred di Seneca, moglie di Tristan. Sono qui sotto grazia del Comandante.>> Ripete', guardandolo dritto negli occhi ed assicurando che avesse recepito la sua identita'. Ancora, lo vide attonito chiamare un collega per un parere, forse un superiore, che gli fece cenno di seguirlo.

<<Manda un piccione. Per essere sicuri. Non voglio che quel vecchio mi tagli le gambe per aver fatto entrare due donnette.>> Fu quello che Ellen, abituata com'era ad origliare le porte della corte, era riuscita a carpire dai sussurri riservati tra i due uomini in armatura. La mancata rimpatriata senti' la tensione precedentemente accumulata fare improvvisamente effetto. Ancora, dovette rimediare nel trovare un posto riservato e sfogare la sua malattia.

<<Ma insomma... che avete? Intendevo... che hai?>> Le domando' l'accompagnatrice, non riuscendo a trattenere la domanda che albergava nella sua mente da qualche tempo:<<L'erborista non mi ha voluto dir nulla...>>

<<Perche' così gli ho comandato.>> Si fece asciugare la bocca e si raccomodò i capelli muovendo il capo il minor possibile:<<Sembra che ci tratterremo qui piu' del previsto.>> Tento' di cambiare discorso, aspettandosi che la dama da compagnia la assecondasse, mentre quella diede sfogo alla su curiosita'.

<<E perche' glielo hai comandato?>> La guardò preoccupata, mentre i raggi di sole ne illuminavano i capelli dorati e i grandi occhi color smeraldo, facendola apparire come una sorta di premuroso angelo custode:<<E' cosa assai grave?>>

Tento' altri piani di fuga dalle sue domande, ma gli occhi da cerbiatto la fecero infine desistere. Le ordino' di avvicinarsi e fare silenzio, sussurrandole un paio di parole che la fecero arrossire notevolmente:<<E il signor Tristan lo sa...?>>

<<No.>> Fu sorpresa che fosse quella la prima domanda a venirle in mente:<<E non lo deve sapere.>>

L'altra parve scossa, quasi il fatto fosse suo:<<Ma come! Non puoi tacere! E perche' hai domandato il viaggio a Seneca, allora?>> Squillo', mentre l'altra le fece segno di abbassare la voce.

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