Il buio della notte era caduto già da qualche ora, mentre il manto brillante delle stelle aveva avvolto il cielo donando alla terra una fioca luce cinerea. La ragazza dormiva indisturbata, poggiando la testa sul cuscino morbido e spostando inconsciamente le ciocche dei lunghi capelli che le incorniciavano il viso. Non pareva avere un sonno tranquillo, mentre continuava a girarsi su sé stessa e mormorare parole sconnesse. "Seneca", "Faucher", "Fuoco" erano le uniche propriamente comprensibili.
Si sentì scuotere energicamente e sussultò alzando di scatto la schiena e dirigendo lo sguardo verso l'interlocutore.
<<Vestiti, forza.>> Riconobbe il sussurro della voce di Tristan.
<<Che… che succede…? N… non è neanche l'alba…>> Lo guardò confusa, stropicciandosi gli occhi mentre lui le passava un mantello.
<<Mettitelo e fai silenzio.>> La zittì tirando via le coperte del letto e facendola alzare. Attese che indossasse il mantello e la prese per un braccio tirandola via dalla camera. Percorsero in silenzio il corridoio e poi le scale, vigilando che nessun membro della servitù fosse sveglio. Al posto di dirigersi verso la porta, uscirono da una finestra al piano terreno.
<<Dove stiamo andando?>> Gli domandò di nuovo, senza ricevere alcuna risposta. Imboccarono una via stretta e buia per ritrovarsi in quella che sembrava una capanna. Non vide con chiarezza dove si trovavano, ma riconobbe il luogo dall'odore che li aveva accolti e dal rumore degli zoccoli dei cavalli ancora svegli. Era la stalla del palazzo.
<<Vieni.>> Tristan montò agilmente su uno dei cavalli e le porse la mano aiutandola a salire:<<Ti consiglio di reggerti. Abbiamo poco tempo.>>
<<Poco tempo per fare cosa?>> Ebbe un attimo di esitazione prima di avvolgere le braccia intorno al suo torso, sempre con una confusione evidente.
<<Per andare a vedere Seneca.>>
Si sporse leggermente tentando di guardarlo in faccia, con gli occhi spalancati e l'espressione stupita, volendo verificare se stesse dicendo vero. Era effettivamente disposto a portarla fino là? A trasgredire gli ordini di Faucher solo per farle rivedere Seneca?
<<Se partiamo adesso riusciremo a salire sul colle e scendere in tempo.>> Prese in mano le briglie del cavallo, mentre la ragazza sorrideva a trentadue denti nel buio. Dopo essersi seduta sulle mura per giorni sperando di vedere anche solo una torre oltre la collina, avrebbe di nuovo posto i suoi occhi sulla sua casa, seppur da lontano? E lui si era preso la briga di organizzare tutto questo? Sentì un'onda di emozioni travolgerla e si strinse a lui con tutta la forza possibile.
<<Così mi fai male.>>
<<Oh, scusami.>>
Uscirono dalle mura della città e attraversarono i campi, galoppando verso il colle che aveva più volte immaginato di superare. Sentiva il cuore che le batteva sempre di più a ogni passo e il sorriso allargarsi sempre di più. Non si voltò indietro neanche per un secondo, gli occhi fissi sul colle che si faceva sempre più vicino. Non una parola, non un semplice movimento. Sembrava una statua di sale, trepidante nell'attesa di rivedere finalmente Arkhanos.
Dopo qualche ora, vide finalmente svettare la torre del castello al centro della fortezza. Si sporse dal cavallo tentando di alzare il capo e vedere meglio, quasi mettendosi in ginocchio sul dorso dell'animale.
<<Non fare movimenti troppo bruschi.>> La redarguì, prendendo finalmente parola durante tutto il viaggio:<<Perderai l'equilibrio. Sii paziente e aspetta di arrivare in cima.>>
Arrossì realizzando quanto fosse stata inappropriata e chinò il capo scusandosi per la seconda volta, senza comunque diminuire la sua eccitazione. Attese che il cavallo si fermasse per balzare a terra senza aspettare l'aiuto del giovane e corse qualche metro per avere una vista migliore nonostante il buio della notte. Aiutata dalla luce della luna, scorse la fortezza. Osservò con dispiacere come ancora alcune parti non sembrassero essere state ricostruite, come la torre del castello che pareva una brocca sbeccata. Non avendo una buona visuale, fu l'unica cosa che poté notare con attenzione. Per il resto, sembrava la stessa Seneca di sempre. Sorrise fino a che non iniziò a farle male la bocca e dovette costringersi a smettere. Si chiese cosa stessero facendo suo fratello e la ragazzina, se stessero bene. Vedere casa le dava un senso di sicurezza, come se ormai la salvezza dei due che aveva lasciato fosse certa, se non scontata. Si sedette sull'erba.