Capitolo 1

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🔞⚠️ATTENZIONE
Questa storia contiene scene di sesso Esplicite.
Se non gradite, NON LEGGETE.

Ps Chiedo scusa in anticipo per gli errori.

...

Mio padre è un famoso psicologo di mezza età

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Mio padre è un famoso psicologo di mezza età. Sto andando da lui per la prima volta nel posto in cui lavora.
Non ci sono mai andata in ventitré anni della mia vita.
Io e lui non siamo mai andati molto d'accordo, questo è il motivo.
Ma stavolta, ce n'è un'altro.
Il divorzio con mia madre.

Lei si rifiuta di vederlo, quindi, sono costretta io ad andare nel suo studio a prendere le carte del divorzio firmate.

Parcheggio la macchina poco distante dallo studio, in una zona piuttosto residenziale di New York.
Per quanto ne so', il suo studio è in edificio di sei piani.
Guardo il citofono, e sulla targhetta c'è scritto chiaramente il suo cognome, che poi è anche il mio:
Connors.

Il portone è aperto, lo studio si trova al sesto piano, dunque prendo l'ascensore.
Al momento è occupato.
Aspetto che scenda, e finalmente, le portine si aprono.
Ci sono solo un paio di uomini in giacca e cravatta con il caffè in mano.
Gli lascio uscire per primi. Mi guardano dal basso verso l'alto compiaciuti mentre escono dell'ascensore, poi entro io, e con la coda dell'occhio vedo i loro sguardi ancora su di me che mi fissano le gambe.

Amo mettere tacchi a spillo e minigonne. Un fisico snello e anche un bel seno,
credo sia questo il motivo per cui non passo inosservata.

Raggiungo l'ultimo piano e c'è un corridoio pieno di uffici, poi una hall con tre divani e un tavolino.
Ci sono due porte, entrambe senza targhetta, il ché mi confonde.
Quale delle due dovrei bussare?

Decido di bussare alla prima porta, ma non mi risponde nessuno.
Sfacciata come sono, la apro ed entro comunque.
Non c'è nessuno.

C'è una scrivania subito appena entro, e a fianco il 'lettino strizza cervelli'.
Ridacchio, e mi ci sdraio sopra, in attesa che arrivi mio padre.

Mi appisolo un pò.
L'attesa è davvero estenuante.
Oltre che noiosa.
Sento una voce che mi chiama e mi fa' trasalire.
Apro gl'occhi e mi trovo davanti il volto di un uomo sconosciuto che mi fissa mentre sorride.
Ha due splendidi occhi grigi, un pò di barba incolta, e direi che ha un età tra i trenta e i quarant'anni.
È piuttosto affascinante, un bel fisico, e regge un bicchiere di caffè bollente in mano.
-Mi perdoni. Avevamo appuntamento per oggi?-
Mi domanda gentilmente con la sua voce calda e confortante.
Mi alzo subito dal lettino e mi sistemo la gonna.
-A dire il vero... credo di essere entrata nello studio sbagliato-
Replico, sforzandomi di sorridere.
-Oh! Ora capisco. Cerca Connors. Dello studio affianco. Ha tolto la targhetta perché fra qualche giorno si trasferisce al piano di sotto. Io invece sono nuovo, dunque dovrebbero consegnarmi la targhetta con il mio nome domani mattina-
Arriccio le labbra e dico:
-Oh! Bene. Capisco-
Mi porge la sua mano.
-Norman Tucker-
Allungo la mia e gliela stringo.
-Eva Connors-
Ce la stringiamo per parecchi secondi, mentre ci guardiamo negl'occhi.
-Una bella stretta sicura-
Mi dice.
Va' a poggiare il caffè nella scrivania ed io mi avvicino alla porta per andarmene.
-È stato un piacere-
Dico.
-Tuo padre non c'è. Forse tornerà nel pomeriggio-
Mi dice.
Bene. Ha già capito che sono la figlia.
Avrei dovuto evitare di dire il mio cognome, forse.
Annuisco, poi esco dal suo studio e mi metto a sedere nel divano di fronte alla sua porta.
Aspetto mio padre seduta lì, sperando che magari torni prima.
Mia madre è impaziente di avere quei documenti firmati.
Non posso tornare da lei senza.
Dunque, decido di aspettare mio padre ancora un pò.

Norman è seduto alla sua scrivania, proprio davanti a me mentre lavora.
Ogni tanto alza il suo sguardo, mi dà un'occhiata, e sorseggia il suo caffè.

Ho le gambe incrociate davanti a lui.
Sono sicura che quando sono distratta, mi guarda anche quelle.

Giunge un suo collega, e naturalmente mi nota e mi saluta.
Penso abbiano più o meno la stessa età.
Ma mentre Norman è moro, il collega è biondo scuro e ha gl'occhi castani.
Sento che Norman gli dice che sono la figlia di Connors e lo sto aspettando.
Il collega annuisce, poi continuano a parlare, ma di lavoro.

Inizio a stancarmi di aspettare mio padre e cerco il suo numero in rubrica per chiamarlo, per sapere quanto tempo ci metterà ad arrivare al suo studio.
Mi risponde dopo quasi sei squilli solo per dirmi che oggi è molto impegnato e non verrà.
Mi alzo dal divano e gli parlo in modo rude e sgarbato.
-Voglio quei fottuti documenti. Dimmi che sono qui nel tuo studio-
-Accidenti Eva! Non sono lì. Puoi passare a casa mia stasera, o di nuovo domani allo studio. Te li lascio dal collega nel caso io ci sono-
Replica mio padre dall'altra parte del telefono.
Mi calmo e faccio un lungo respiro.
-Va' bene... ripasso qui domani-
Chiudo la chiamata e mi sforzo di sorridere.
-Io vado. Torno domani-
-Allora, a domani-
Norman sembra gradire la cosa, e anche il suo collega di cui non so' il nome.
-Io sono Oliver Dickens, comunque-
Sembra mi abbia letto nel pensiero.
-Eva Connors-
-Allora, a domani-
Dice Norman.
-A domani-
Replico io.

...

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