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Zaccarias POV:

"Muoviti, dai", grida Adam, strappandomi dai miei pensieri. È già in piedi accanto a me, pronto ad andare. Di nuovo ero perso nei miei pensieri. Sono passate quasi due settimane dall'ultima conversazione con Aziza, e mentirei se dicessi di non aver pensato spesso a lei. La questione riguardante lei mi tormenta in modo inquietante, e mi chiedo cosa mi stia facendo.

Quante volte sono passato davanti al suo appartamento, sperando almeno di poter darle un'occhiata, anche se so che è sbagliato. Ma ogni volta sono passato oltre senza mai vederla. È come un'attrazione invisibile che mi porta sempre da lei, anche se so che non posso averla. Dopo diversi tentativi falliti, alla fine ho rinunciato, perché so che è meglio per entrambi se la lascio fuori dalla mia cazzo di vita di merda.

Io mi alzo dalla sedia e seguo i miei amici fuori dal bar. Mentre attraversiamo i vicoli, il rumore del nostro gruppo attira l'attenzione. Mentre Karim discute con qualche residente sullo sfondo, il mio sguardo vaga intorno a me, fino a fermarsi su una persona che mi fa fermare il cuore. Davanti a un club vedo un volto familiare, che mi fa battere il cuore più velocemente. Sta appoggiata a un muro e sta fumando. Adam segue il mio sguardo e mi chiede di lato: "È lei?" Senza distogliere gli occhi da lei, rispondo: "Sì, è lei." Prima che possa pensarci oltre, mi avvicino a lei.

Lei mi guarda sorpresa mentre sono davanti a lei. Con leggera preoccupazione chiedo: "Cosa fai qui da sola?" Lo sguardo di Aziza sembra vitreo mentre mormora: "Lasciami in pace." La sua voce suona incerta, e vacilla incerta nel tentativo di scappare. I suoi passi incerti indicano che è ubriaca. Prima che io possa dire qualcosa, appare improvvisamente una ragazza e dice: "Eccoti finalmente, ti sto cercando da un'ora." La sua preoccupazione si trasforma in stupore quando mi nota accanto ad Aziza. "Va tutto bene? Ti ha molestato?" chiede nuovamente preoccupata, mentre sposta il suo sguardo tra Aziza e me. Aziza si rivolge alla ragazza e dice in modo indistinto: "No Fatima, lo conosco. Vai avanti tu, io ti raggiungo."

Quando Fatima scompare di nuovo, afferro il braccio di Aziza per fermarla. "Non puoi andare da nessuna parte così. Non riesci nemmeno a stare in piedi", dico tranquillamente e la tiro leggermente verso di me. Il suo sguardo passa dalla mia mano ai miei occhi. "Cosa stai facendo?" chiede a bassa voce, la sua voce appena udibile sopra il rumore della strada. Rispondo: "Ti sto portando a casa." Le passo il braccio intorno alle spalle e la conduco verso la mia auto.

Quando arriviamo a casa sua, apre la porta e mi fa entrare. La osservo mentre guarda intorno, come se avesse dimenticato dove si trova. Chiudo la porta alle nostre spalle e resto a una distanza rispettosa mentre si lascia cadere sul divano. Le porre un bicchiere d'acqua e poi mi siedo accanto a lei, mantenendo però di nuovo una certa distanza per non avvicinarmi troppo.

"Perché mi hai aiutata?" chiede con voce soffocata dai singhiozzi, mentre tiene il bicchiere d'acqua. I suoi occhi cercano i miei e sento il dolore nel suo sguardo. "Perché non posso lasciarti da sola in questo stato", rispondo piano e allo stesso tempo mi sento a disagio per la sua domanda. "Perché ti interessa come sto o cosa faccio?" continua a chiedere, la sua voce piena di confusione e vulnerabilità. La guardo negli occhi, senza sapere come risponderle senza ferirla ulteriormente.

"Sei tornato solo per poi andartene di nuovo, è così?", mi rimprovera ora con un filo di disperazione nella voce. Una lacrima ora scorre lungo la sua guancia, e vedo il dolore nei suoi occhi. Per la prima volta piange davanti a me, e mi sento impotente di fronte alla sua sofferenza. "Non piangere per colpa mia", dico, mentre asciugo delicatamente la sua lacrima e cerco di ordinare i miei stessi sentimenti.

Eseguo un momento di esitazione, prima di sfidare la mia prudenza e di tirarla delicatamente tra le mie braccia. Sembra che il mio cuore prevalga sulla mia ragione mentre la avvicino a me. "Per favore, questa volta non lasciarmi da sola", supplica con voce spezzata. La stringo ancora di più a me e le assicuro seriamente: "Ti prometto che non me ne andrò più."

In questo momento, mentre la tengo tra le braccia, i miei pensieri combattono una battaglia interna. So che in realtà non dovrei essere qui, ma e se lei mi fa sentire a casa? E se lei è stata la mia casa tutto il tempo e io semplicemente volevo tornare a casa? La mia mente mi dice che dovrei andarmene, che non dovrei farle del male, ma il mio cuore mi sussurra che è giusto restare qui. Nonostante tutti i dubbi, decido di seguire il mio cuore.

Insieme entriamo nella sua camera da letto, e la aiuto a indossare il suo pigiama. "Vuoi dormire qui? Si è fatto tardi", dice incerta. Io annuisco lentamente. "Posso restare qui. Ma dormirò sul divano", spiego, alzandomi per preparare il divano. Ma proprio mentre sto per lasciare la stanza, mi trattiene per il braccio. "Per favore, resta qui accanto a me", dice piano, guardandomi con uno sguardo implorante. Vacillo per un istante, ma sento il tono serio nella sua voce. Alla fine acconsento e mi siedo di nuovo sul bordo del letto.

Quando infine ci sdraiamo nel letto, la abbraccio delicatamente. Nel silenzio della stanza, sento le sue parole appena udibili: "Grazie." "Sono qui per te", sussurro, mentre godo della sua vicinanza e sento il calore che si appoggia a me.

Nonostante tutti i miei dubbi e le mie paure, essere qui con lei si sente giusto. Osservo mentre si rilassa lentamente e scivola nel sonno. "Buonanotte, Aziza," dico dolcemente, prima di lasciarmi anch'io addormentare, avvolto da un senso di sicurezza e vicinanza.

𝐒𝐨𝐥𝐨 𝐢𝐨 𝐞 𝐭𝐞 - Baby GangDove le storie prendono vita. Scoprilo ora